06 novembre 2009

Se le «nuove» droghe hanno ormai sedici anni

Analisi sempre pronte, risposte purtroppo in ritardo
di Pino Ciociola
Sembra che le stalle vengano chiuse sempre e soltanto dopo che i buoi sono scappati.
L’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Oedt) lo mette (e ammette) nero su bianco, a pagina 11 del suo Rapporto 2009: combattere stili e consumi segnati dalle droghe è come «colpire un bersaglio in movimento». Eppure negli ultimi dieci o quindici anni lo scenario è cambiato poco o niente: non esiste quasi più il 'buco' e spararsi in vena l’eroina è fuori moda, l’hashish fa sempre tendenza, cocaina ed ecstasy hanno raggiunto tutti i ceti sociali non fosse altro perché sono ormai alla portata d’ogni portafoglio. Prendete la definizione «nuove droghe» (con cui s’intendono gli stupefacenti sintetici e l’ecstasy), ma soprattutto tenete conto di quanto ancora venga largamente adoperata. Ebbene, si cominciò a sentirla nel 1993 alla Conferenza di Palermo: cioè la bellezza di sedici anni fa. Oppure si può pensare alla differenziazione dei consumi: sempre nel 1993, a giugno, il prefetto Piero Soggiu (allora direttore dei Servizi antidroga), spiegò chiaro e tondo che «il tossicodipendente si rivolge sempre più al consumo di stimolanti e amfetaminici. In questa scelta non è da sottovalutare il fatto che tali sostanze, sotto forma di pasticche, siano più facilmente occultabili». Sono trascorsi oltre tre lustri e l’Oedt ripete nel Rapporto 2009 – come fa da anni – che «le amfetamine e l’ecstasy figurano tra le sostanze illecite più frequentemente utilizzate in Europa».
Un altro emblematico ritorno al (lontano) passato? Dieci anni fa – nella Relazione governativa italiana al Parlamento sulle tossicodipendenze del 1999 – si leggeva ad esempio che fra gli utenti dei Sert «è confermata la tendenza degli anni passati», con «la flessione degli eroinomani» e «l’aumento, significativo ma contenuto, di chi fa uso di cannabinoidi e di cocaina».
Un’occhiata alla 'poliassunzione', poi? Cioè all’abitudine di assumere devastanti mix a base di droghe diverse, alcool e magari caffè (diffusa soprattutto fra i giovanissimi nei fine settimana)?
Si legge nella Relazione 2009 dell’Oedt che «oggi, in Europa, i modelli di poliassunzione costituiscono la norma» e che «il consumo combinato di diverse sostanze è responsabile della maggior parte dei problemi o li complica». Però già nella Relazione governativa italiana sulle tossicodipendenze del 2000 veniva sottolineato come «la diffusione di nuovi fenomeni nell’uso di droghe (crescita nell’uso della cocaina fra i giovanissimi, poliassunzione di alcool e droghe) interessa ormai un numero considerevole di giovani e giovanissimi troppo spesso inconsapevoli dei pericoli cui vanno incontro».
Morale? Fino agli anni Ottanta, lo scenario sostanziale offerto dalle tossicodipendenze appariva abbastanza nitido: da una parte l’eroina che era la 'roba' per emarginati e disadattati, dall’altra la coca che era la 'neve' riservata alle tasche e ai nasi dei vip. Poi, coi primi anni Novanta i signori del 'mercato' dettano i cambiamenti: i prezzi cominciano a crollare, esplode lo sballo nel weekend e contemporaneamente anche il vizietto di farsi le 'canne', si abbassa l’età degli assuntori e le siringhe vanno quasi in pensione. E mentre tutto questo veniva presto messo a fuoco dalle analisi sociologiche, mediche e psicologiche, le risposte offerte da servizi pubblici e privati restavano inesorabilmente inchiodate al vecchio scenario.
Ma se attaccare le droghe, è «colpire un bersaglio in movimento», bisognerà pur decidersi a inquadrarlo senza aggiustare la mira ogni quindici anni. Altrimenti continueremo a chiudere le stalle sempre dopo che i buoi ne saranno usciti.
Ovvero seguiteremo a contare i morti e, quando va bene, i cervelli bruciati.
«Avvenire» del 6 novembre 2009

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