16 luglio 2007

Urss, la Shoah oscurata

Le terre sovietiche occupate furono quelle dove morì la metà degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Ma Stalin coprì tutto
di Antonio Giuliano
Solo oggi gli archivi rivelano la tragedia, nascosta in nome della «Grande guerra patriottica»: il regime non volle distinguere tra le tante vittime del nazismo. Parla la storica Salomoni
Un dirupo profondo sorgeva nei pressi di Kiev all'epoca del secondo conflitto mondiale. Il nome stesso era sinistro: Babij Jar ("gola di Babuška"). Qui, tra il 29 e il 30 settembre 1941, i nazisti condussero trentatremila ebrei. Spogliati di tutto, i prigionieri vennero disposti sull'orlo dello spaventoso precipizio: una fucilata nella schiena li avrebbe fatti rotolare giù. I lattanti e i feriti vennero invece buttati nel burrone e sotterrati vivi. Dopo la guerra, il dirupo fu ricoperto da tonnellate di terra. Negli anni sarebbero stati eretti monumenti celebrativi, ma l'identità delle vittime è ancor oggi taciuta: le iscrizioni parlano di generici patrioti, martiri del nazismo. Nella vicenda di Babij Jar c'è tutta la tragedia degli ebrei sterminati dai tedeschi nei territori sovietici. Una storia in cui, alla maniera della gola di Babuška, la verità è stata seppellita. Solo l'apertura degli archivi dell'ex Urss, quindici anni fa, ha riportato alla luce una pagina a lungo ignorata nella storiografia. Antonella Salomoni ha frugato tra queste carte e ha raccolto una mole di testimonianze oculari, diari, lettere, prima di dare alle stampe L'Unione Sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza, rimozione, appena giunto in libreria. L'autrice insegna Storia contemporanea nella facoltà di Scienze politiche dell'Università della Calabria.
Professoressa Salomoni, quali verità emergono dal suo lavoro?
«Innanzitutto il numero impressionante delle vittime. Durante il secondo conflitto mondiale gli ebrei uccisi dai nazisti, nei territori sovietici, furono quasi tre milioni: almeno la metà delle vittime della Shoah. E le modalità di sterminio sono state diverse rispetto a quelle di altre zone dell'Europa occupata. La grande differenza è la natura pubblica del genocidio. Quando parliamo della Shoah facciamo di solito riferimento all'internamento. In Unione Sovietica invece non ci fu un corrispettivo di Auschwitz».
In che senso?
«Quello che è successo a Babij Jar è esemplare: i nazisti sterminarono trentatremila ebrei immediatamente dopo aver occupato la capitale ucraina nel settembre 1941. Fu un omicidio brutale, tra le vittime c'erano donne, bambini, anziani, poiché gli uomini validi erano stati arruolati nell'Armata rossa. Ma non ci fu un campo di concentramento segreto. Ad Auschwitz la modalità di sterminio fu tenuta nascosta. A Babij Jar invece i cittadini di Kiev erano a conoscenza di quanto stava per avvenire, videro gli ebrei sul luogo del massacro... In altri casi, soprattutto ucraini e popolazioni dei Paesi baltici collaborarono, pensando a una rivalsa contro il regime di Stalin. Anche in nome di un antisemitismo alimentato dalla propaganda nazista, per cui i giudei erano il principale supporto dell'oppressione comunista».
Eppure malgrado le dimensioni, lo sterminio ebraico in Urss è stato ignorato rispetto all'annientamento degli ebrei in Europa…
«Ha pesato il divieto di accedere agli archivi sovietici fino a pochi anni fa. Ma anche il rifiuto dell'ideologia comunista di considerare le vittime ebree separatamente da quelle del nazismo. L'eccidio ebraico è stato compreso nel tributo complessivo di vite umane dell'Urss durante il conflitto: ventisette milioni di morti. Si parla genericamente degli ebrei come cittadini sovietici sterminati dai tedeschi. Nell'Urss gli ebrei erano una nazionalità specificata sul passaporto, pur non avendo un territorio. Ma le identità si dovevano annullare nel comune sforzo patriottico. Anche alla fine del conflitto, la "Grande guerra patriottica" non avrebbe avuto la stessa forza dirompente se lo sterminio degli ebrei fosse stato valutato separatamente. Solo dagli anni Novanta stanno venendo fuori maggiori informazioni sull'Olocausto»
La popolazione ebraica in Urss poteva contare su intellettuali di fama mondiale. Come mai non riuscirono a far sentire la loro voce?
«Bisogna tener presente che erano ebrei "assimilati", avevano annullato la propria identità. Solo durante il secondo conflitto, a lcuni di essi riscoprirono le proprie radici. Però il regime chiuse loro la bocca. Due grandi intellettuali ebrei russi, Vasilij Grossman e Il'ja Erenburg, scrissero in tempo reale Il libro nero. Il genocidio nazista nei territori sovietici 1941-1945. Nel volume venivano racchiuse le testimonianze raccolte dal Comitato ebraico antifascista. Alla fine degli anni Quaranta il comitato fu sciolto dalle autorità sovietiche e i responsabili vennero arrestati e giustiziati. Fu vietata la pubblicazione del Libro nero che uscirà in edizione integrale solo nel 1991. Poi negli ultimi anni di Stalin, la repressione antisemita si acuì, soprattutto verso l'intellighenzia. Furono mandate nei gulag alcune centinaia di ebrei. E solo la morte del dittatore bloccò un crimine di più vaste proporzioni. Ma è un fenomeno non comparabile con ciò che avvenne in guerra ad opera dei nazisti. Ci fu una guerra speciale contro gli ebrei condotta dai tedeschi nell'Urss. Per tanto tempo è stata rimossa. Troppo».
Antonella Salomoni, L'Unione Sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza, rimozione, Il Mulino. Pagine 356. Euro 24,00

«Avvenire» del 30 giugno 2007

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