16 luglio 2007

La grande persecuzione dei cristiani nel mondo arabo

Uccisioni, fughe, conversioni forzate: la fine della tolleranza religiosa nei Paesi islamici
di Magdi Allam
Una manifestazione per i cristiani perseguitati in Oriente
Salviamo i cristiani del Medio Oriente. Stiamo assistendo in modo pavidamente e irresponsabilmente inaccettabile alla persecuzione e all’esodo massiccio di centinaia di migliaia di cristiani che sono i veri autoctoni della regione. Alla vigilia della conquista araba e islamica nel settimo secolo, i cristiani costituivano il 95% della popolazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo. Oggi, con 12 milioni di fedeli, sono precipitati a meno del 6% e si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora. Dalla prima guerra mondiale circa 10 milioni di cristiani sono stati costretti a emigrare. Una fuga simile alla cacciata degli ebrei sefarditi che, da un milione prima della nascita dello Stato di Israele, si sono assottigliati a 5 mila. Si tratta della prova più eloquente della tragedia umana e dell’imbarbarimento civile in cui è precipitato il mondo arabo-musulmano, in preda al fanatismo ideologico degli estremisti islamici e all’intolleranza religiosa delle dittature al potere. Il caso più grave è quello che colpisce i cristiani in Iraq. Da circa un milione e mezzo prima dell’inizio della guerra scatenata da Bush il 20 marzo 2003, si sono ridotti a circa 25 mila. Un «accorato appello» per la «preoccupante situazione in Iraq» e per le «critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane», era stato lanciato dal papa Benedetto XVI nel corso del suo incontro con Bush sabato scorso. Proprio ieri, in una dichiarazione raccolta da Avvenire, il vescovo ausiliare di Bagdad, monsignor Shlemon Warduni, ha alzato il tiro denunciando che anche «i cristiani non stanno facendo nulla mentre qui si muore, si viene rapiti, costretti a convertirsi all’islam o a pagare per ottenere protezione, a cedere le proprie figlie a dei delinquenti per evitare ritorsioni o a fuggire lasciando tutto il lavoro di una vita. Dagli Usa e dall’Europa solo silenzio». Dal canto suo il nunzio apostolico in Iraq e Giordania fino al 2006, monsignor Fernando Filoni da poco nominato sostituto Segretario di Stato del Vaticano, in un’intervista a Tracce si era detto pessimista: «Fin quando durano la guerriglia e gli attentati c’è poco da fare. Solo la pace potrà riportare la speranza». Lo scorso maggio sul sito http://iraqichristians.ne/petitionir.php era stato lanciato un vibrante appello alla comunità internazionale per porre fine alla «più feroce campagna di assassinii, sequestri, esproprio di beni e case, cacciata e dispersione, liquidazione dei diritti religiosi e civili da parte di gruppi estremisti religiosi per il semplice fatto che non siamo musulmani». Insieme all’Iraq l’altra grande tragedia dei cristiani orientali è nei territori palestinesi. All’inizio dello scorso secolo i cristiani rappresentavano un quarto della popolazione araba; nel 1948 erano il 20%; con l’avvento al potere dell’Autorità nazionale palestinese di Yasser Arafat nel 1994 si registra la fuga di tre quarti dei cristiani, vittime di persecuzioni e del drastico calo del tenore di vita. Ed è così che i cristiani, perfino nelle città sante cristiane, sono diventati minoranza. A Betlemme erano l’85% della popolazione nel 1948, oggi sono solo il 12%. A Gerusalemme dal 53% della popolazione nel 1922, sono precipitati al 2%. Quanto al Sudan si tratta di un vero e proprio genocidio, con una sanguinosa guerra civile - scatenata dai regimi islamici di Khartum - che ha provocato l’eccidio di circa un milione e mezzo di cristiani e animisti, colpevoli di non sottomettersi alla sharia, la legge coranica. Così come fu genocidio il massacro di 1,5 milioni di cristiani armeni in Turchia, dove oggi non rimangono che circa 100 mila cristiani. Il Libano, che dal 1840 ha registrato quattro guerre intestine a sfondo confessionale, ha visto il numero dei cristiani crollare dal 55% della popolazione dall’indipendenza nel 1932, a circa il 27% odierni. Con il risultato che rispetto al milione e mezzo di cristiani residenti in Libano, ci sono circa 6 milioni di cristiani profughi dispersi nel mondo. La situazione è molto pesante anche in Egitto, dove i copti - che rappresentavano il 15-20 % della popolazione all’inizio dello scorso secolo, oggi sono soltanto circa il 6%. La repressione e le violenze contro i copti sono esplose nel decennio di Sadat quando, alleandosi con i Fratelli Musulmani, lasciò loro mano libera nel promuovere un nefasto processo di islamizzazione forzata della società. In Siria le comunità cristiane che rappresentavano circa un quarto della popolazione all’inizio dello scorso secolo, oggi sono calate a circa il 7%. Più in generale, in quasi tutti i paesi musulmani, dall’Algeria al Pakistan, dall’Indonesia alla Nigeria, dall’Arabia Saudita alla Somalia, i cristiani sono vittime di vessazioni e discriminazioni. E si tratta di una catastrofe per tutti: certamente per le vittime cristiane, ma anche per i musulmani che si ritrovano a essere sottomessi all’arbitrio di spietati carnefici e di tiranni che si fanno beffe della libertà religiosa. Ebbene non possiamo più continuare ad assistere inermi a queste barbarie. Ecco perché propongo di indire una manifestazione nazionale a difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e altrove nel mondo, da svolgersi a Roma e che potrebbe coincidere con il 30 giugno, la festa liturgica dei protomartiri romani. Una grande manifestazione per la vita, la dignità e la libertà dei cristiani e per il riscatto dell’insieme della nostra civiltà umana.
«Corriere della sera» del 13 giugno 2007

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