16 luglio 2007

Alla ricerca del surrealismo italiano

di Annalisa Gimmi
Esiste un surrealismo italiano? È quello che si chiede Beatrice Sica nel suo volume Poesia surrealista italiana (San Marco dei Giustiniani, 300 pagg., euro 22). È una bella domanda visto che un filone magico e surreale attraversa la produzione letteraria del Novecento e non solo, se è possibile (come suggeriva già nel 1946 Gianfranco Contini in Italie magique) trovarne esempi nella poesia di Quattro e Cinquecento. Una rivendicazione di autonomia della nostra letteratura, quella di Contini. E un’aperta adesione al movimento francese non si è mai realizzata.
Nonostante questo, certe tensioni verso l’irrazionale sembrano portare a periodiche tangenze.
Quando Breton pubblicava il Premier manifeste du surréalisme, nel 1924, i futuristi predicavano già azzardati accostamenti semantici. Ma gli autori italiani non hanno mai voluto riconoscere tangenze, per salvaguardare così la loro originalità.
La storia. È lei, con la sua potenza, ad aver tracciato vie divergenti, per la letteratura italiana e per quella francese.
Lo stesso fenomeno, infatti, si è verificato anche anni più tardi, quando l’Ermetismo predicava una discesa nell’intimo per portare a galla la parte più sconosciuta dell’essere. Dunque, di nuovo un’operazione molto vicina a quanto perseguito dai surrealisti. Ma è ancora la dimensione storica a essere diversa. In Italia la presenza del Fascismo inibiva ogni cenno al sociale e la scelta ermetica corrispondeva a un astensionismo politico. Breton invece amalgamava all’analisi dell’inconscio una lezione di attivismo nella parola di Marx.
Dovranno passare altri vent’anni perché le istanze surrealiste riprendano vita con la Neoavanguardia. Ma, in questo caso, la contestazione si concentrava solo sul linguaggio.
Tutto, dunque, sembra parlare di un incontro mancato. Di un appuntamento sempre rimandato. Beatrice Sica, con la sua antologia, dimostra di credere il contrario. Forse più che di Surrealismo si dovrebbe parlare di surreale, ma certo i testi del volume individuano un «fil rouge» che attraversa il secolo appena concluso. Il Novecento, secolo del magico? Perché no? In fondo il sogno è stato davvero l’unico modo per sfuggire a una realtà che chiedeva solo di essere dimenticata.
«Il Giornale» del 2 luglio 2007

Nessun commento:

Posta un commento