29 gennaio 2007

La tv è cattiva maestra solo di chi non la sa usare

di Stefano Zecchi
Chi è la cattiva maestra? Risposta in coro: la televisione. Anche il Pontefice ha usato questa ormai celebre espressione durante un appello ai responsabili di comunicazione televisiva affinché correggano la qualità delle trasmissioni e dei loro messaggi. L’appello è assolutamente condivisibile, mentre il modo di chiamare la televisione cattiva maestra è fuorviante. Incominciamo dalla semplice constatazione che i programmi televisivi poco si preoccupano della qualità e molto invece dell’ascolto. Gli alti ascolti si raggiungono nel modo più facile attraverso risse, insinuazioni pruriginose o aperte volgarità. Questa ormai è diventata una realtà fisiologica, non patologica della televisione: quando dal teleschermo arrivano nelle nostre case modi d’essere e di fare che comunemente non appartengono a persone educate, scatta l’attenzione del pubblico. Fenomeno ormai ampiamente verificato, su cui adesso è inutile soffermarsi per comprendere i motivi.
Ma un’altra semplice constatazione è che in televisione ci sono programmi discreti che distraggono piacevolmente dopo una giornata faticosa, ce ne sono altri in grado di insegnare qualcosa di interessante e alcuni, non poco, deficienti. Generalmente si parla di quelli deficienti perché fanno più clamore e suscitano scandalo. E generalmente sono proprio queste trasmissioni che hanno metodicamente costruito la fama di cattiva maestra della televisione.
Dunque, accodandoci all’appello del Pontefice, si aboliscano queste trasmissioni. Tuttavia è meglio non illudersi ed essere consapevoli che quelle trasmissioni appartengono alla fisiologia televisiva e che, quindi, è praticamente impossibile eliminarle. Allora arriviamo al punto. Sono così diseducative? Certamente costituiscono delle forme di comunicazione di modelli comportamentali che non sono positivi. Recentemente alcuni minorenni hanno abusato sessualmente di una loro coetanea e, interrogati sul motivo che li ha spinti a compiere tali azioni, hanno candidamente risposto che le hanno viste in televisione e che perciò le potevano fare anche loro.
Televisione cattiva maestra? Non dimentichiamo che gli stupri non li ha inventati la televisione, che sono vecchi come il mondo e che, per esempio, proprio il mondo della natura è prodigo di esempi di brutalità e di violenza. Basta pensare a cosa succedeva, e forse succede ancora, nelle campagne lontane dalla civilizzazione, in cui i comportamenti degli animali sono esempi per i comportamenti degli uomini.
Il problema non è allora l’esempio che si riceve da ciò che si vede, ma il modo in cui si forma e si costruisce una persona. Non è la cosa in sé decisiva, ma è decisivo il punto di vista da cui si osserva la cosa. Se la televisione mi trasmette immagini di stupro, o se mi capita di essere un casuale osservatore di uno stupro in qualche sperduta campagna, sarà fondamentale il modo in cui guardo quegli atti, cioè le categorie culturali della mia formazione, i miei valori, i miei riferimenti educativi, perché sono proprio questi che mi consentono di comprendere il senso di ciò che vedo.
Se alcune trasmissioni televisive ci danno l’idea che siamo di fronte ad esempi da imitare, dipende dal fatto che purtroppo nella vita non abbiamo avuto buoni maestri dove ci sarebbero dovuti essere: in famiglia, nella scuola. Se non riusciamo a capire che certi programmi, certe immagini televisive sono di cattivo gusto e volgari, la responsabilità è del nostro punto di osservazione assolutamente ineducato e privo di una formazione idonea ad esercitare un giudizio di valore.
Oggi la brutalità che si può vedere in televisione appartiene alla realtà metropolitana, così come ieri la brutalità della natura era quella che apparteneva alla vita in campagna. Ieri come oggi è fondamentale la correzione educativa della visione, cioè la cultura. Allora anche immagini poco edificanti possono diventare doppiamente educative: sono esempi di ciò che io so non si deve fare, e sono testimonianza dell’idiozia e del cattivo gusto di chi ha deciso di trasmettermi quelle immagini. E in questo caso la televisione diventa un’ottima maestra di ciò che si deve evitare.
«Il Giornale» del 28 gennaio 2007

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