15 luglio 2014

Giovani, trasversali, ribelli: evviva i nuovi pensatori

A partire dal gruppo riunito attorno al sito L'intellettuale dissidente, nella Rete si fanno largo ragazzi che riscoprono la battaglia delle idee
di Marcello Veneziani

Il trionfo del single sulla famiglia non riguarda solo la vita intima e domestica. Riguarda anche il pensiero, l'arte e la letteratura, per non dire la vita civile. Oggi è impensabile rintracciare una famiglia di pensiero, una corrente filosofica e artistica o addirittura una scuola o un circolo.
Ci sono vaghe etichette, provvisorie aggregazioni, soprattutto mediatiche, o al più si stringono patti più o meno mafiosi per entrare o escludere dal giro. Ma l'idea di un movimento percorso da una tensione ideale comune, espresso in una rivista o in un manifesto, è finita. Pensate a cosa fu il '900 tutto attraversato da correnti e riviste che volevano cambiare il mondo, l'arte, il pensiero. Poi negli ultimi due decenni del secolo scorso si esaurirono le ultime confraternite e sorse il celibato intellettuale. L'intellettuale appare da allora una tenia solium, un verme solitario, molesto al corpo sociale, senza famiglia, nocivo dentro e inutile fuori.
Poi un giorno ti capita di imbatterti in un gruppo di ragazzi. Età media 22 anni, un sito, una pagina facebook, un circolo e alcune pubblicazioni spartane. Uniti da una testata, L'intellettuale dissidente, che sembra riportarti a quarant'anni fa e che vent'anni fa sarebbe apparsa tardivo deja vu. E invece oggi appare qualcosa tra il vintage e il rivoluzionario. Dissenso era la parola d'ordine negli anni settanta, perfino Fini dirigeva un foglio giovanile chiamato Dissenso (che ribattezzammo Dissenteria). Fa impressione soprattutto vedere oggi ragazzi di vent'anni affibbiarsi senza ritrosie l'epiteto di intellettuale... Da cosa dissentono questi intellettuali ragazzi? Dal dominio della tecnocrazia e della finanza, dalla perdita del pensiero nel nome della tecnica e del denaro, dall'utopia dei consumi illimitati, dagli egoismi e gli utilitarismi. E cosa propongono? La comunità, la decrescita, un rapporto equilibrato con le risorse naturali, e addirittura l'uomo nuovo che fu la speranza delle tre rivoluzioni novecentesche: il fascismo, il comunismo e l'americanismo. Una loro affiliazione denominata Sorte, acrostico di Solidarietà romana sul territorio, raccoglie aiuti a chi ha bisogno. E il loro Circolo è intitolato a Proudhon, come i circoli Proudhon di cent'anni fa che furono il laboratorio in cui si incontrarono idee radicali di destra e di sinistra, fino a partorire il socialismo nazionale (da non confondere col nazismo). Difatti, mi dicono, la loro provenienza è mista e i libri citati pure. Da de Benoist a Preve, da Evola a Marx, da Giacinto Auriti a Serge Latouche. Marxisti evoliani, gramsciani-gentiliani, e via con gli ossimori. Insomma soreliani. Li sintetizza bene Diego Fusaro che avendo superato i trent'anni è il decano: per lui Marx è un idealista, Gentile è un marxista, Gramsci è un gentiliano, tutti hegeliani. Semplifico l'intreccio, peraltro ben argomentato. Invocano a gran voce il ritorno alla prassi e alla storia. Per riassumere il loro messaggio: rifacciamo il Novecento, ma stavolta facciamolo meglio. E non opponiamo gli estremi ma lasciamoli convergere, considerando che il vero antagonista è il Centro tecnocratico globale, la cinica Macchina che produce deserti. Non manca, è vero, un vago sapore complottista nelle loro analisi, la convinzione che ci siano centrali più o meno occulte che dispongono gli eventi e i flussi e sono sempre le stesse, ormai ricorrenti, quasi proverbiali. Hanno pubblicato due libri a più voci, Pensiero in rivolta (Barney ed.) e La storia non dorme mai. Elogio dei vinti (Historica) con ritratti doppi di personaggi agli antipodi, tipo Pound-Pasolini, Maiakowskij-D'Annunzio, Chavez-De Gaulle. Tra i giovani autori Sebastiano Caputo, Lorenzo Vitelli, Martina Turano, lo stesso Fusaro.
Il folto gruppo dell'Intellettuale dissidente non è isolato. Se navighi su internet trovi un arcipelago di Isole Ribelli. Ne cito alcune che conosco. Arianna, innanzitutto, che oltre al sito ha anche una feconda casa editrice. Poi siti variamente dissidenti, da Barbadillo a l'Intraprendente, ai siti ispirati a Massimo Fini (la voce del ribelle), Maurizio Blondet (Effedieffe), Ida Magli (Italianiliberi). O siti più classici, come Totalità o Storia in rete, revisionista. Per non aprire l'universo dei siti catto-tradizionalisti, o in difesa della vita, da ProVita in giù. Certamente ne ho saltati alcuni, anche significativi, per non dire di altri siti, blog e pagine facebook raccolti intorno a un autore; ma questo non è un censimento, è un percorso soggettivo. Costellazioni diverse e non sovrapponibili, ma percorse da un comune disagio e un comune veicolo. Il comune disagio è l'Europa che catalizza i dissensi e dietro l'Europa il Potere Globale, tecno-finanziario e la riduzione di ogni differenza a un Pensiero unico, dove la parola di troppo è pensiero. E il comune veicolo è la Rete, considerando che l'editoria cartacea non offre loro spazi e opportunità; così vivono di rapina, in senso buono s'intende, perché trascinano i testi di carta compatibili nei loro siti. Da vecchi barbogi che ne han viste tante e hanno collezionato delusioni, diciamo pure che sono cose già viste, già dette, già fatte e disfatte, e velleitarie. Sarebbe facile sottolineare alcune letture acerbe e altre ormai marce. Ma ciascuna generazione sbaglia a suo modo e non può imporre l'esempio dei propri errori per scoraggiare quelli altrui. Nessuno può vivere al posto d'altri o pretendere che chi viene dopo di noi parta dal punto in cui siamo arrivati noi.
Il lato positivo è che questi «intellettuali dissidenti» et similia sono ragazzi pensanti e critici, non sono rassegnati e non vivono di automatismi, anche se non mancano riflessi condizionati e allergie giovanili. Riaprono la dimensione comunitaria, riscoprono la dignità della politica e la forza delle idee, vogliono decidere l'avvenire e non subirlo, rimettono in discussione i dogmi acritici del presente e l'irreversibilità della macchina che corre e non si può arrestare; riscoprono - loro, in gran parte antiliberali - il fascino della libertà nel dissenso. Insomma, esprimono una vitalità da incoraggiare. Poi magari si dirà che è la disoccupazione intellettuale a incentivare il dissenso, come area di parcheggio e di protesta, sfogatoi in attesa di collocazione. Vediamo in faccia la realtà: è schiacciante la prevalenza del cretino nella rete, la sua egemonia è contesa solo dal volgare (ma spesso le due cose si fondono, per empatia). Pensate ai siti turpi o alle sette fanatiche che gremiscono la rete. Una ragione in più per apprezzare questi ragazzi che dissentono, riflettono, paragonano e non insultano. E in piena era digitale coltivano l'oscena pretesa di dirsi intellettuali.
«Il Giornale» del 14 luglio 2014

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