di Carlotta De Leo
Un tempo il sabato a scuola era la regola, alle medie e alle superiori. Anche alle elementari, se non si faceva il tempo pieno. Oggi, con l’autonomia scolastica, ogni consiglio di istituto può decidere – anche con una sorta di referendum tra le famiglie – se optare per la settimana corta. E così il sesto giorno di didattica è sempre più raro, anche per ragioni di budget : non è un caso che la provincia di Milano abbia invitato le 160 scuole del territorio a chiudere il sabato per risparmiare circa due milioni di euro.
Ma oltre l’economia, ci sono altri fattori da prendere in considerazione. oppure continuare con i sei giorni di didattica. «Non c’è una regola assoluta da seguire – spiega Giuseppe Bertagna, docente di Pedagogia dell’università di Bergamo – In linea generale è importante trovare l’equilibrio tra i tempi della scuola, quelli della famiglia e quelli delle relazioni tra pari (regolate dalla scelta autonoma del bambino o dell’adolescente)».
La ricetta migliore, quindi, si basa su autonomia e flessibilità.
«Ci sono diversi fattori da valutare ed è importante che la scelta sia fatta in pool: famiglie , scuole e istituzioni locali – spiega Bertagna – Se mancano i servizi come i trasporti e le mense, se l’edilizia scolastica è carente di spazi all’aperto, allora è impensabile pensare di concentrare l’orario didattico in cinque giorni. Non si può costringere i ragazzi a stare chiusi in aula per sei o sette ore consecutive».
«Quando si parla di organizzazione scolastica si tende a dimenticare cosa sono i ragazzi – aggiunge ggiunge Susanna Mantovani, docente di Pedagogia alla Bicocca di Milano - Sei ore consecutive in classe sono un eccesso di didattica. Tenere un adolescente in classe tutto quel tempo, concentrando la didattica magari e riducendo le ore a 50-55 minuti (con la ricreazione sempre più compressa) è davvero assurdo».
Meglio prolungare il tempo a scuola anche al pomeriggio «garantendo prima di tutto la mensa e poi tutti gli altri servizi. Noi dobbiamo far appassionare i ragazzi allo studio, accompagnarli nella scelta dell’università più giusta. Ma per farlo dobbiamo avere il tempo giusto per valorizzare i loro talenti».
Mantovani lancia una sfida al mondo della scuola: «Ripensiamo l’intera organizzazione partendo dalle reali esigenze dei ragazzi. Occorre ripartire dalle basi, ovvero dagli orari. Ora sono realizzati più in funzione dei professori che degli alunni: e così accade, per esempio, che il lunedì ci siano le materie più toste e il martedì sia un giorno molto leggero. Proviamo a realizzare invece orari equilibrati, con un’alternanza rispettosa degli studenti».
Ma oltre l’economia, ci sono altri fattori da prendere in considerazione. oppure continuare con i sei giorni di didattica. «Non c’è una regola assoluta da seguire – spiega Giuseppe Bertagna, docente di Pedagogia dell’università di Bergamo – In linea generale è importante trovare l’equilibrio tra i tempi della scuola, quelli della famiglia e quelli delle relazioni tra pari (regolate dalla scelta autonoma del bambino o dell’adolescente)».
La ricetta migliore, quindi, si basa su autonomia e flessibilità.
«Ci sono diversi fattori da valutare ed è importante che la scelta sia fatta in pool: famiglie , scuole e istituzioni locali – spiega Bertagna – Se mancano i servizi come i trasporti e le mense, se l’edilizia scolastica è carente di spazi all’aperto, allora è impensabile pensare di concentrare l’orario didattico in cinque giorni. Non si può costringere i ragazzi a stare chiusi in aula per sei o sette ore consecutive».
«Quando si parla di organizzazione scolastica si tende a dimenticare cosa sono i ragazzi – aggiunge ggiunge Susanna Mantovani, docente di Pedagogia alla Bicocca di Milano - Sei ore consecutive in classe sono un eccesso di didattica. Tenere un adolescente in classe tutto quel tempo, concentrando la didattica magari e riducendo le ore a 50-55 minuti (con la ricreazione sempre più compressa) è davvero assurdo».
Meglio prolungare il tempo a scuola anche al pomeriggio «garantendo prima di tutto la mensa e poi tutti gli altri servizi. Noi dobbiamo far appassionare i ragazzi allo studio, accompagnarli nella scelta dell’università più giusta. Ma per farlo dobbiamo avere il tempo giusto per valorizzare i loro talenti».
Mantovani lancia una sfida al mondo della scuola: «Ripensiamo l’intera organizzazione partendo dalle reali esigenze dei ragazzi. Occorre ripartire dalle basi, ovvero dagli orari. Ora sono realizzati più in funzione dei professori che degli alunni: e così accade, per esempio, che il lunedì ci siano le materie più toste e il martedì sia un giorno molto leggero. Proviamo a realizzare invece orari equilibrati, con un’alternanza rispettosa degli studenti».
«Corriere della Sera» del 22 febbraio 2014
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