26 ottobre 2011

Supercittà, energia, povertà ecco le sfide per il pianeta

È già partito il conto alla rovescia per il neonato numero sette miliardi
di Gianni Riotta
L'Europa che invecchia e la Cina senza donne saranno le nuove emergenze
Nelle locandine degli spettacoli, temendo gelosie, si elencano le star «in ordine di apparizione». Per calcolare il vostro ordine di apparizione sul pianeta Terra, nel cast di 7 miliardi di esseri umani che le Nazioni Unite prevedono in arrivo per il 31 ottobre 2011, cliccate sul sito bit.ly nbwTkb, inserite la data di nascita e saprete il vostro posto nello show umano. Un nato l’1 gennaio 1920 ha il numero 1.859.068.335, una nata l’1 gennaio 1960 il 3.036.562.402 e due gemellini venuti alla luce nel Capodanno 2000 rispettivamente il 6.087.198.811 e 812.
Per secoli l’homo sapiens è cresciuto pochissimo, la curva della popolazione da Gesù alla fine del mondo narrata dal monaco Rodolfo il Glabro nell’anno 1000, è stabile. Per arrivare a un miliardo, nel 1800, abbiamo impiegato 250 mila anni. La vera crescita comincia con la rivoluzione industriale, nel 1913 l’Europa aveva più abitanti della Cina e, con gli Stati Uniti, ospitava un umano su tre. Il cittadino “6 miliardi” si chiama Adnan Nevic, ha 12 anni, nato il 12 ottobre 1999 a Sarajevo, nella Bosnia insanguinata: e vedremo che scelta simbolica sarà fatta stavolta dall’Onu. Per rispettare la realtà, Sorella 7 miliardi (nascono più donne che uomini) dovrebbe atterrare con la cicogna in una grande città dell’Africa, Lagos, il Cairo: là il mondo continua a crescere.
Vi annunceranno nei prossimi giorni l’Apocalisse sovraffollamento. Non fate attenzione, la crescita rallenta e il problema non è «Siamo troppi», né la subdola affermazione che questa fobia nasconde, cioè «Sono troppi questi poveri!». Il pianeta ha risorse e spazio, i guai non vengono dalla popolazione ma dalla sua distribuzione ed età. Fosco, il filosofo Malthus calcolava che dalla fine del 700 non avremmo avuto più di che sfamarci. Ha sbagliato per pessimismo, come il Club di Roma di Aurelio Peccei nel 1972 e l’economista Paul Ehrlich con il libro-allarme «The Population Bomb», 1980. Aumento della produttività nei campi, nuove tecniche sanitarie e sociali ci hanno permesso, secondo l’auspicio biblico, di «crescere e moltiplicarci» e ora nel mondo si fanno meno figli, forse troppo pochi.
Nel 2050 Europa, Usa e Canada non avranno che 12 abitanti su cento, la metà del 1800. Ma chi pensa alla Cina come alla Grande Fabbrica Esseri Umani, sbaglia. La tragica politica «un figlio per famiglia» fa sì che la popolazione cinese declini senza rimedi. Nel 2025 ci saranno 96,5 milioni di cinesi maschi tra 20 e 30 anni, con solo 80,3 milioni di donne della stessa età: troppe famiglie hanno abortito bambine sognando l’erede maschio. Nel 2050 l’America, cui gli ispanici garantiscono buona natalità, avrà più lavoratori della Cina: la corsa di Pechino è «Arricchiamoci prima di invecchiare». Dati, purtroppo, su cui pochi meditano. La fertilità del mondo scende.
Saremo 8 miliardi nel 2025 e ci saranno voluti 14 anni per arrivarci. È la prima volta nella storia che l’intervallo tra un miliardo e l’altro di umani aumenta, non diminuisce. Nel 1970 la fertilità media delle donne era 4,45 bambini a testa, oggi è dimezzata a 2,45. Nel 2050 - ha calcolato il demografo Jack Goldstone per la Fondazione Nardini - saremo 9 miliardi e 150 milioni, cifra che non crescerà. Fanno meno figli le donne occidentali, lievi aumenti in Francia e Svezia per ottime politiche familiari che però costeranno troppo nella crisi.
A ridurre le nascite non è tanto la pianificazione, i cui risultati non sono sempre coerenti con le intenzioni. Sono scuola, sanità, benessere: donne che sanno leggere, lavorano e fanno una vita decente, come è capitato a miliardi tra Cina, India e America Latina dal 1980, scelgono meno gravidanze. I problemi della Generazione 7 miliardi non sono quindi di numero. Sono sociali, energetici, militari. Saranno i poveri a fare più bambini, l’intera crescita dell’umanità da qui al 2050 sarà nei 24 Paesi più arretrati (fonte World Bank). Nel Sud del Sahara c’è una fertilità «antica», 4,64 bambini a donna. Nei prossimi 40 anni cresceremo di «soli» 2.300 milioni, la metà in Africa.
A Capodanno 2050, stima Fondazione Nardini, per 720 milioni di europei ci saranno 2 miliardi di africani. In certe aree dell’Italia del Nord ospiteremo un emigrante ogni tre persone. Il Giappone sarà il paese più vecchio della storia, l’Italia seguirà da vicino, l’Europa diventerà un continente di capelli bianchi con pochi lavoratori, e pagare le spese mediche della generazione baby-boom (1946-1964) preoccuperà i prossimi quattro presidenti Usa. Come nutrire, istruire e far lavorare i poveri resta il dilemma. Ma anche qui non seguite gli slogan. Il mondo che inquina non fa figli, e i 24 Paesi non sviluppati che affollano le culle producono solo il 7% di gas serra. Il caos possibile viene dal luogo in cui gli umani si stabiliranno. Per la prima volta dai tempi delle «Bucoliche» di Virgilio viviamo più in città che in campagna.
Le periferie delle megalopoli, tetti di lamiera ondulata, poche fognature, scuole, servizi, raccoglieranno le nascite. Tre miliardi di persone emigreranno verso i ghetti urbani nei prossimi 40 anni, e già la Cina soffre nel controllare l’ondata. Terrorismo, criminalità, disagi saranno comuni nelle Supercittà, Mumbai, Mexico City, New Delhi, Shangai, Calcutta, Karachi, Cairo, Manila, Lagos, Giacarta. Se rilanciamo la ricerca in agricoltura (il Center for Food and Nutrition creato da Guido Barilla sta lavorando in questo senso), se non smettiamo di lavorare a nuove fonti energetiche, se regoliamo le emissioni con raziocinio, se Cina, India e Usa evitano la guerra, se l’Europa non si lascia andare all’inerzia e la crisi economica si attenua, non ci sarà la tragedia nascite. I pericoli, avrebbe detto la saggia Agatha Christie «vengono dalla natura umana», non dalla sua diffusione. E per ora, quindi, che Dio benedica anche te, bebé 7.000.000.000.
«La Stampa del 26 ottobre 2011

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