20 maggio 2011

Letteratura latina: dai Severi al Tardo antico

di Francesco Toscano





1. QUADRO STORICO

• alla morte di Commodo (192) il titolo imperiale fu messo all’asta e, solo grazie alla pressione delle legioni della Pannonia Superiore, si afferma Settimio Severo (193-211), che instaura una monarchia militare. Per le sue origine africane favorì la diffusione di culti orientali.
• Caracalla (211-218) è ricordato per la Constitutio Antoniniana, l’editto con cui si estendeva la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero, soprattutto per incrementare le entrate fiscali. Venne così ulteriormente minato il predominio politico e culturale di Roma, anche se va registrato l’ampio diffondersi del diritto romano in tutto il territorio dell’impero.
• dopo i brevi regni di Elagàbalo (218-222) e di Alessandro Severo (222-235) si apre un periodo di anarchia militare.
• solo Diocleziano (284-305) cercò di riformare l’impero disfatto da scorrerie barbariche, dalla crisi economica, dall’inflazione sempre crescente. Divide l’impero in due parti affidate a due «Augusti» e a due «Cesari» che sarebbe succeduti ai primi dopo 20 anni (c.d. Tetrarchia). Si stabiliscono quattro capitali (Nicomedia, Milano, Sirmio, Treviri) e Roma è fuori (ne deriva un concreto policentrismo culturale e linguistico). Cercavano di intervenire contro l’inflazione nel 301 con l’editto sui prezzi; la riforma fiscale e territoriale bloccò il dinamismo della società romana.
• nel 312 emerge la figura di Costantino che sconfigge Diocleziano e che nel 324 sconfigge Licinio in Oriente concentrando su di sé il potere. Costantino concede nel 313 la libertà di culto a tutti i cittadini e favorisce i cristiani, cercando anche di intervenire in questioni dottrinali (convoca il concilio di Nicea nel 325 contro Ario). Nel 330 proclama Bisanzio nuova capitale.
• dopo la parentesi “pagana” di Giuliano (361-363), Teodosio (379-395) ripristina la politica costantiniana. Nel 380 con l’editto di Tessalonica rende la religione cristiana l’unica consentita, definendo perseguibile il paganesimo. Nel 395 divide l’impero in due sancendo la superiorità dell’Oriente.
• già dalla fine del IV sec. d.C. si sente forte la pressione di popolazioni germaniche contro il limes danubiano e renano. All’inizio furono accolti grazie alla stipula di foedera i Visigoti, poi i Vandali e gli Ostrogoti.
• nel 404 la capitale dell’impero d’Occidente diventa Ravenna. Dopo la morte di Stilicone Roma viene saccheggiata dai Visigoti nel 410 e dai Vandali nel 405. Nel 476 Odoacre, un generale barbarico, depone Romolo Augustolo e fa atto di sottomissione all’imperatore d’Oriente, mettendo fine all’impero Romano d’Occidente.

Leggere da soli:
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 130-131, sulle ipotesi relative alla fine del mondo antico
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, p. 154, sul rapporto fra gli imperatori del IV secolo e il Cristianesimo



2. IL RAPPORTO FRA CULTURA E RELIGIONE

• difficile fu il rapporto fra lo stato e il Cristianesimo, anche a causa di leggi ambigue, passibili di interpretazione favorevoli o contrarie. I cristiani pur perseguendo una religio illicita, erano integrati nella vita pubblica: non si opponevano all’autorità costituita (il c.d. lealismo - cfr. Tacito), anzi rispettavano le leggi come fosse un obbligo di coscienza davanti a Dio. Ciò nonostante ci furono persecuzioni gravissime, come quella del 250 promossa da Decio, e quella del 301 da Diocleziano.
• spesso vennero criticati calunniando l’absurdum cristiano del Dio fattosi uomo e risorto per salvare ognuno, ma il contenuto intimo e vero del messaggio era la risposta cercata anche dalla cultura “alta” dei pagani.
• per quasi due secoli il Cristianesimo non produsse cultura (anzi, molti intellettuali convertiti smisero di essere intellettuali, come Tertulliano, Cipriano, Mario Vittorino), perché secondo alcuni la religione cancellava la sapienza pagana: si doveva rifiutare la filosofia e le sue manifestazioni artistico-letterarie
• ma ci fu anche un altro atteggiamento più conciliante nei confronti della cultura pagana. Soprattutto per gli scrittori cristiani di Alessandria, fra cui spicca Giustino (100-165), la cultura pagana è propedeutica alla fede. La verità greca, ad esempio tende al Vangelo, perché Dio si è rivelato profeticamente agli Ebrei, ma si è manifestato sotto forma di semi, di verità anche ai Greci. Non tutta la filosofia antica è accettata: vengono rigettati l’epicureismo e il cinismo (pensieri atei) e, al contrario, vengono amati gli stoici e i platonici
• nonostante l’emarginazione e la persecuzione del III secolo, prevalse la linea dell’integrazione fra cultura classica e cristiana ormai attuata nel IV secolo. Proficuo fu il dialogo con il neoplatonismo, anche per dare soluzioni a problematiche teologiche
• il regno di Giuliano l’Apostata segnò un momento di riscossa pagana e tradizionalista, guidato dai Simmachi e Nicomachi, altolocate famiglie romane
• ma l’osmosi fra le due culture fu la via perseguita da personaggi come Ambrogio (vescovo di Milano; 340-397), Lattanzio (250-325, «Cicerone cristiano», lo definì S. Girolamo), Girolamo (347-420) e soprattutto Agostino (354-430, vera summa del pensiero filosofico pagano).


3. IL QUADRO LETTERARIO

• già nel II secolo i generi poetici si erano progressivamente esauriti (la pensa diversamente il Di Sacco, vol. 5, p. 31), lasciando spazio solo ai poetae novelli; nel III secolo la situazione non cambia. La poesia resta un gioco colto e raffinato, un lusus utile solo per mettere in mostra versi “strani“ (ropalici, reciproci, ecoici) o memorabili (è l’epoca dei centoni). Comunque rimane fuori dal mondo.
• l’idea che la produzione letteraria dovesse porsi al servizio della fede cristiana finì per modificare sensibilmente lo scopo e le caratteristiche formali delle nuove opere. Cambia il destinatario che ora non è più un’élite, ma un gruppo di persone più ampio e più umile. Da tale assunto nasce una lingua e una letteratura nuova:
- si allarga il lessico per inglobare parole nuove, si adattano moduli sintattici propri del latino parlato (traduzione della Bibbia)
- la letteratura era chiamata a còmpiti nuovi, come difendere la fede dagli attacchi dei detrattori, istruire ed esortare i fedeli, interpretare e commentare la Scrittura, testimoniare la morte eroica dei martiri: solo in parte trovò modelli pagani
- le prime grandi manifestazioni sono legate all’apologìa (o apologetica), ma col passare del tempo la letteratura servirà per dare alla fede una sistemazione teologica e dottrinaria (nascerà la cosiddetta patrìstica). I filoni spesso si accavallarono, perché diffondere e difendere avevano bisogno di approfondimento filosofico e teologico. Fra gli apologèti (o apologìsti, da apologhìa, cioè «difesa») ricordiamo:
 Minucio Felice (100-170) con il suo Octavius, una disputa filosofico-religiosa in cui si scontrano due posizioni, cioè l’accusa di ignoranza rivolta ai cristiani e l’affermazione che ormai il dubbio prodotto dalla vecchia filosofia pagana ha prodotto solo contraddizioni e relativismo
 Tertulliano (155-220) con il suo Apologeticum, in cui risponde ad ogni accusa rivolta dai pagani ai cristiani, sottolineando il lealismo di questi ultimi verso lo stato. Tertulliano crea il latino cristiano come lingua letteraria, ricavandolo dalle tradizioni retoriche, giuridiche e filosofiche; inventa i nuovi termini per i nuovi concetti teologici, come Trinitas, libera arbitrii potestas e persona
- in indipendenza dal contenuto, ci fu una generica spinta verso il realismo, inteso come temi e circostanze legati all’esistenza comune, finora esclusi dalla letteratura ‘alta’. Rigettato il principio della retorica classica, secondo il quale a temi bassi convengono toni bassi, la variazione degli stili (alto, medio e basso) non dipende più dal soggetto trattato (che resta sempre alto, essendo, direttamente o indirettamente, Dio), ma dalla volontà dello scrittore di provocare determinati effetti sui suoi lettori
- visto il diffuso analfabetismo, si torna ad una cultura profondamente orale, essenzialmente basata sulle omelìe e sulle letture pubbliche degli Atti dei martiri
- infatti le prime opere composte direttamente in latino appartengono al genere degli Acta Martyrum, nato per commemorare le eroiche morti patite dai martiri cristiani. Nascono come trascrizione degli interrogatori degli imputati, che potevano così testimoniare (màrtyr in greco significa «testimone») la propria fede. Accanto ad essi troviamo le Passiones, descrizioni con andamento narrativo delle torture subite. Presto assumeranno un carattere spettacolare, a metà fra l’epica e il romanzo.

Leggere da soli:
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 44 - 45 e p. 101 sulla formazione del latino cristiano
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, p. 107 dall’Octavius sulla superiorità morale del cristianesimo
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 120 - 121 sulla vita dei primi cristiani vista da Tertulliano



4. LA POESIA

• dopo una prima fase di disinteresse, la cultura cristiana sembra interessarsi della poesia, forse per la scarsa dimestichezza che ne hanno gli strati sociali che subito aderiscono al Cristianesimo. In realtà, sin dall’inizio si diede particolare attenzione al canto liturgico, che venne elaborato sia nell’aspetto musicale, che in quello letterario. Fu Ambrogio a conferire dignità letteraria all’innografia cristiana e bisognerà aspettare papa Gregorio I (590-604) per arrivare al cosiddetto canto gregoriano
• sin dalla metà del IV secolo assistiamo a tentativi di mediare tra la cultura pagana e quella cristiana in ambito poetico. La poesia cristiana, infatti, conciliati i contenuti della fede con la tradizione classica, può volgersi a magnificare le glorie della fede, riutilizzando il linguaggio e i modelli della classicità. Virgilio risulta il più amato fra i poeti pagani. Nascono così le opere di Prudènzio (morto nel 405) e di Paolino di Nola (morto nel 431).


5. LA PROSA STORIOGRAFICA

• le origini della storiografia cristiana si connettono agli Acta Martyrum e alle Passiones del II-III secolo. Dopo la fine delle persecuzioni spesso vengono presi come modelli di santità i vescovi e, dal IV secolo, i monaci. Nascono allora le biografie di questi santi uomini
• la biografia cristiana tende a recuperare i moduli della grande biografia greco-romana e infatti, S. Girolamo scrive il De viris illustribus (135 biografie di scrittori, composto nel 392), appropriandosi dei modelli svetoniani. Evidenti le differenze: nelle biografie degli imperatori prevale il gusto per l’aneddoto erudito e piccante; nelle biografie cristiane si mira allo scopo educativo, a consolidare la fede dei credenti
• agli inizi del IV secolo la storiografia riceve un grande impulso dall’opera di Eusebio di Cesarèa, autore di una Storia ecclesiastica, scritta in greco nel 312. La vicenda umana è rivisitata alla luce della Provvidenza divina che l’orienta e la guida in senso lineare e non più ciclico. Ha un carattere universale e non nazionale, con un’attenzione secondaria per i fatti politico-militari. Mancano del tutto la monografia politica e quella annalistica
• molti si occupano di storia ecclesiastica, scrivendo le biografie degli scrittori cristiani, la storia delle eresie e delle persecuzioni (Lattanzio, De mortibus persecutorum)
• la storiografia pagana del IV secolo ha come unici rappresentanti Eutropio, un epitomatore autore del Breviarium ad Urbe condita, e Ammiano Marcellino con i suoi Rerum gestarum libri XXXI, che narrano annalisticamente la storia di Roma da dove l’aveva lasciata Tacito (Nerva nel 96 d. C.) alla morte dell’imperatore Valente (378). Singolare la Historia Augusta, raccolta di biografie di imperatori del II-III secolo, attribuita a sei diversi scriptores, attivi sotto Diocleziano e Costantino, con Svetonio come unico modello.

Leggere da soli:
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 184 – 186 sulle fonti e il metodo di Ammiano Marcellino e il confronto con Tacito


6. LA POESIA PAGANA

• dopo secoli di produzione poetica all’insegna del lusus e dell’eleganza formale, ritorna il desiderio di una poesia grande ed impegnata, sul modello epico. Figura di gran rilievo è Claudiano (370-404), che vive e opera presso la corte imperiale d’Occidente tenuta da Onorio. Dal 395 scrive carmi per l’imperatore e per il grande generale Stilicone, ultimo difensore della romanità contro la barbarie. Sa proporre grandi ideali e ampie visioni, in un latino elegantissimo; ma sa anche piegare l’esametro verso il grottesco, quando deve colpire i nemici di Stilicone (in questo divenendo simile a Giovenale)
• ultima grande voce pagana è Rutìlio Namaziàno (vissuto a cavallo fra IV e V secolo), che interpreta i traumatici eventi contemporanei secondo le categorie della cultura pagana: gli dei sono adirati contro i cristiani e hanno perciò voluto punire Roma e il suo impero (nel 410 c’era stato il sacco di Roma). La sua opera si intitola De reditu, un poemetto in distici elegiaci, in cui racconta un viaggio di ritorno dalla natia Gallia compiuto via mare nell’autunno del 417.

Leggere da soli:
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 240-241 sulla visione di Roma che ha Rutìlio come patria di ogni virtù



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L’ETÀ DELLA PATRISTICA



• nella generale fioritura culturale e letteraria del tempo che va da Teodòsio (379-395) alla morte di Onòrio (423) la cultura cristiana compie un salto di qualità grazie all’opera di tre giganti, quali Ambrogio, Girolamo e Agostino, i cosiddetti Padri della Chiesa occidentale (leggi box a p. 164), che influenzarono non solo la storia della Chiesa, ma soprattutto definirono la civiltà europea
• con loro giunge a compimento la sintesi tra la cultura classica e la cultura cristiana, arrivando anche a definire con compiutezza l’identità culturale della Chiesa latina
• sono personaggi importanti anche dal punto di vista politico, in opposizione ai pagani, agli eretici e alle popolazioni barbariche ormai incombenti sui resti dell’impero
Ambrogio (340-397) attinge dall’elaborazione filosofica e teologica precedente e nel suo De officiis ministrorum (trattato in tre libri sui doveri dei sacerdoti) fonde l’etica stoica di Panezio e di Cicerone con il nuovo concetto cristiano di charitas. Sul piano politico afferma che il potere temporale è subordinato a quello spirituale nelle questioni relative alla fede e alla morale
• da una parte Girolamo (347-420), dall’altra Agostino (354-430) elaborano il problema culturale del delicato rapporto con i classici pagani. Entrambi giungono ad una giusta armonizzazione fra i contenuti delle opere degli antichi scrittori e l’humanitas rinnovata dal cristianesimo. Sotto questo aspetto resta emblematica la frase agostiniana credo ut intellegam, intellego ut credam, in cui viene recisa alla radice la supposta dicotomia fra fede e ragione, e si imposta un circolo virtuoso fra sapere umano e intelligenza di Dio.

Leggere da soli:
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 285 - 287 sul ruolo dell’intellettuale e su quello della traduzione che ha Girolamo
- Di Sacco - Serìo, Il mondo latino, vol. 5, pp. 295 - 296 sul pensiero filosofico-teologico di Agostino




Postato il 20 maggio 2011

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