02 maggio 2011

Analisi di Ungaretti, Commiato (Baldi)

Tratto dal volume Dal testo alla storia. Dalla storia al testo, Paravia, volume III, tomo 2/b, pp. 774 ss.

di Baldi-Giusso-Razetti-Zaccaria

Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l'umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento

Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso


Anche questa poesia contiene indicazioni essenziali di poetica, ricollegandosi per molti aspetti al Porto sepolto. La dedica all'amico, considerato da Ungaretti come una parte di sé, appare fusa nel contesto, quasi una testimonianza di gentilezza e d'affetto che si collega intimamente all'idea stessa di poesia. Nella definizione che segue, la «poesia» (v. 3) coincide con l'intera e più gioiosa dimensione dell'esistenza (dagli elementi naturali alla persona), che la «parola» può fare sbocciare e fiorire. Essa è «la limpida meraviglia» (il sintagma congiunge l'effetto di nitido chiarore allo stupore), che nasce tuttavia da «un delirante fermento», ossia da un magma confuso e incandescente. In quest'antitesi il primo termine sembra riferirsi al piano della pura forma e dell'idea, il secondo alla materia grezza e contingente da cui deriva l'ispirazione.
Dalla poesia in generale Ungaretti passa, nella seconda strofa, alla "sua" poesia: la «propria vita» diventa la «mia vita», con l'uso del possessivo sottolineato dalla marcata corrispondenza, al v. 10, di «mio silenzio» (rafforzato dal dimostrativo «questo»). Dai versi precedenti Ungaretti riprende anche il termine «parola», al quale attribuiva un significato del tutto particolare, opponendolo a «vocabolo»: «Ho sempre distinto tra vocabolo e parola e credo che la distinzione sia del Leopardi. Trovare una parola significa penetrare nel buio abissale di sé senza turbarne né riuscire a conoscerne il segreto».
Con l'articolo indeterminativo («una parola»), il termine occupa il verso centrale della strofa, isolato e quasi avvolto dal «silenzio» che lo precede, ritenuto condizione indispensabile per la nascita della stessa poesia, in un costante rapporto fra presenza e assenza. Ma tutti i termini con cui si chiudono questi versi hanno una particolare rilevanza semantica: il verbo «trovo» allude al significato di una miracolosa scoperta; il sostantivo «vita» si riferisce alle radici esistenziali profonde di questa esperienza, che è anche faticosa e sofferta esplorazione sotterranea (il participio «scavata» ricorda il «penetrata» di Veglia, v. 10); l'«abisso», infine, corrisponde al «porto sepolto», come sorgente di un mistero sconosciuto e insondato, che la poesia può sfiorare senza riuscire ad esaurirlo.

Postato il 2 maggio 2011

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