07 febbraio 2011

Pascoli: analisi del testo di X Agosto

di Baldi-Giusso-Razetti-Zaccaria, Dal testo alla storia. Dalla storia al testo, vol. 3/1. D’Annunzio e Pascoli
La costruzione della poesia. La poesia appare molto diversa dalle altre di Myricae in precedenza riportate: non è un quadro di natura, reso con rapide notazioni impressionistiche, che si carichi di sensi simbolici, ma un discorso ideologicamente strutturato, in cui il poeta, prendendo le mosse della propria tragedia familiare, affronta i grandi temi metafisici del male e del dolore, del rapporto tra la dimensione terrena e il trascendente.
Un discorso ideologicamente costruito Il risultato dà l’impressione di qualcosa di troppo costruito, di scopertamente patetico, enfatico e predicatorio. La poesia è molto famosa, consacrata da una lunga tradizione scolastica, ma oggi il Pascoli più autentico e valido non ci appare più questo: più vicino al nostro gusto è invece il Pascoli "simbolista", che sa rendere con tocchi suggestivi e con un linguaggio di rivoluzionaria forza innovativa il senso del mistero, creando atmosfere magiche e incantate, oppure quello che esprime la sua visione del reale tormentata, angosciata, funebre, in forme visionarie, oniriche, torbide e sconvolte; il Pascoli che, per usare la famosa definizione di Luciano Anceschi, va decisamente «verso il Novecento».
Le studiate simmetrie La costruzione tutta predicatoria e retorica della poesia è rivelata dalle sue geometriche, studiate simmetrie: la prima strofa corrisponde all’ultima, proponendo il motivo del pianto del cielo che guarda da un’infinita lontananza il male della terra, e a sua volta il gruppo delle strofe 2 e 3 risponde esattamente al gruppo della 4 e della 5. Evidenti e insistite sono anche le rispondenze a livello microstrutturale:
str. 1. il vocativo «San Lorenzo» str. 6 il vocativo «E tu, Cielo»
1. «aria tranquilla» " 6 «mondi sereni»
1. «pianto» " 6. «pianto»
2. «Ritornava una rondine» " 4. «Anche un uomo tornava»
2. «al tetto» " 4. «al suo nido»
2. «l’uccisero» " 4. «l’uccisero»
2. «ella aveva nel becco un insetto» " 4. «portava due bambole in dono»
3. «Ora è là» " 5. «Ora là»
3. «tende quel verme» " 5. «addita le bambole»
3. «a quel cielo lontano» " 5. «al cielo lontano»
3. «che attende, che pigola sempre più piano» " 5. «lo aspettano, aspettano in vano»

Le allusioni cristologiche Si possono poi ravvisare rispondenze meno scoperte: gli «spini» tra cui cade la rondine ricordano la corona di spine della passione di Cristo, e la conferma viene subito dopo dall’immagine della croce («Ora è là come in croce») : la rondine uccisa diviene il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati dalla malvagità degli uomini e allude alla figura della vittima per eccellenza, Cristo; ma anche il padre che, morendo, perdona i suoi uccisori, ricorda Cristo in croce che perdona i suoi persecutori. Non è però questa la segreta trama di rispondenze simboliche, affidata ad immagini suggestive e dissimulata sotto il discorso di superficie, che connota la poesia del Pascoli "simbolista", ma è una trama costruita tutta dall’esterno e cerebralmente, esibita con insistenza a scopi predicatori, di ammonimento, di edificazione, di persuasione.

I temi centrali: il problema del male In obbedienza al vago spiritualismo proprio dell’anima decadente, delusa e respinta dal fallimento della scienza positivistica, che è incapace di risolvere i problemi dell’esistenza, Pascoli imposta il problema del male in chiave metafisica e religiosa: ogni vittima innocente che soffre è immagine di Cristo, e il cielo piange sull’«atomo opaco del Male». Ma, appunto come è proprio della religiosità decadente, il poeta non approda a una religione positiva: come ha osservato Angelo Marchese, il sacrificio delle vittime innocenti non ha il significato del sacrificio di Cristo, che annuncia la salvezza. Così il pianto del cielo non sembra implicare una prospettiva di riscatto, di purificazione: il cielo appare impotente a riscattare tanto male, e si limita ad uno sterile compianto. Il cielo è remoto, come inaccessibile: tra la dimensione terrena e quella trascendente non vi è comunicazione.

Il «nido» Il testo è significativo anche perché vi compare in piena luce uno dei miti centrali della poesia pascoliana, quello del «nido». L’analogia tra rondine e uomo non è solo nel loro sacrificio, ma anche nel fatto che essi vengono violentemente esclusi dal «nido». Come ha indicato Bàrberi Squarotti, il «nido» compendia perfettamente l’idea pascoliana della famiglia, dei suoi legami oscuri e viscerali, che inglobano l’individuo e lo proteggono dal mondo esterno pieno di insidie, escludendolo dalla vita sociale e vincolandolo solo ad una fedeltà ossessiva ai morti. Come nota sempre Marchese, nel componimento vi è una significativa opposizione interno vs esterno, che è una polarità positivo-negativo. La rondine e il padre vengono uccisi nello spazio esterno, lontano dal «nido», e la loro morte lascia il «nido» indifeso ed esposto a tutte le minacce che vengono dal di fuori.
Postato il 7 febbraio 2011

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