09 dicembre 2010

Ma c’è chi dice: è un «prodotto»

di Carlo Bellieni
L’embrione non è vita umana: pontificano i guru dell’informazione; e su questa base approvano che gli embrioni umani vengano congelati, gettati via, usati come medicine. Ma quando qualcuno prova a domandare quando secondo loro la «vita umana» inizia, parte anche un’arrampicata sugli specchi: si passa da risposte elusive all’attacco personale rinfacciando crociate e inquisizione; ma mai rispondendo.
Fin quando non si avevano strumenti per studiare la vita prenatale, l’ignoranza permetteva di fantasticare che nel pancione ci fosse qualcosa di informe e inerte (ma ogni mamma sapeva che non è così). Da quando è stato possibile studiare dna ed ecografie, la scienza si è alleata al buonsenso, ma è intervenuta a stroncare la pura evidenza, una certa filosofia, che più che dell’evidenza si fida dei preconcetti.
Allora si è iniziato a dire che la vita umana inizia alla nascita; ma se si domanda «Perché?», segue il silenzio, poi la spiegazione: «Perché il feto non ha autocoscienza».
Quando si fa notare che l’autocoscienza non arriva alla nascita, alcuni filosofi rispondono che effettivamente per essere «persone» si deve aspettare l’anno di vita. Domandiamo allora se fino a quel momento il lattante resti senza diritti, e ci sentiamo rispondere che il bambino – a differenza del feto – non può essere ucciso perché è stato «umanizzato» dal desiderio dei genitori. In realtà ci sono filosofi che spiegano che certo, se i genitori non accettano di dare quest’umanizzazione, anche il bambino può esser eliminato in particolare se ha caratteristiche genetiche non gradite. Ma pur non riconoscendo alcun diritto a chi non è stato «umanizzato», hanno creato una classifica «interna all’utero»: il feto non vale niente, ma vale più dell’embrione; e l’embrione (cui nel frattempo hanno visto che batte un piccolo cuore) vale più del «pre­embrione » perché… non ha ancora la prima cellula del sistema nervoso (sic!).
Cosa cambia magicamente con la comparsa di una cellula nervosa? Nulla se non che, spiegano imbarazzati, senza neuroni non esiste autocoscienza. Ma una cellulina cosa cambia?
E chi vi dice il momento «x» in cui appare?
Silenzio.
A un recente congresso, alcuni medici hanno chiesto di eliminare dal vocabolario scientifico la parola «embrione» perché quando si vuole usare il concepito per fare esperimenti, anche la stessa parola genera imbarazzo. E non parliamo poi delle acrobazie per far credere che il feto in utero non senta dolore; che arrivano sostenere una presunta insensibilità col fatto che il feto nel pancione dorme sempre. Non sappiamo più cosa dire per arginare la fantasia di chi pensa di aver ragione a negare contro tante evidenze l’umanità presente. Si accantona la scienza e si preferisce l’utilitarismo e il soggettivismo più esasperato, cercando di creare delle giustificazioni che non convincono nessuno. Vogliono negare che un uomo è uomo solo perché è così piccolo da non vedersi o solo perché non sa parlare: e saremmo noi quelli irrazionali?
Per alcuni filosofi per essere «persone» si deve aspettare l’anno di vita perché il feto non ha «autocoscienza». Forse per questo va bene che gli embrioni vengano congelati, usati, gettati via contromano
«Avvenire» del 9 dicembre 2010

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