23 ottobre 2010

Sognate ancora il posto pubblico? In Europa stanno cambiando idea

Il vento freddo dell’austerità
s. i. a.
Dai colpi di scure inglesi ai tagli francesi, spagnoli, tedeschi e lituani, le manovre anticrisi demoliscono un mito dorato
C’era una volta il posto pubblico: fisso, inamovibile, a volte fannullone, con lo stipendio indicizzato all’inflazione, ferie abbondanti, tredicesime e quattordicesime, pensioni più ricche e prepensionamenti più facili. Era il posto di lavoro sognato da tre generazioni di europei in nome della sicurezza, dello status e dei privilegi derivanti dall’essere “fonctionnaire”, “civil servant”, “regierungsbeamter” o “funcionario público”. Lo “statale”, a differenza del dipendente privato, non solo non era licenziabile: non correva nemmeno il rischio del fallimento del datore di lavoro. Ma da quando la crisi greca ha ricordato all’Europa che anche uno stato può fare bancarotta, il funzionario della Pubblica amministrazione è diventato un po’ più come gli altri. E il mito del posto pubblico non c’è più. Dai britannici liberisti ai francesi statalisti, per ridurre deficit stratosferici e rassicurare i mercati, tutti hanno iniziato a tagliare stipendi, bonus e dimensioni della burocrazia pubblica.

Il record va al britannico David Cameron con i 490 mila “civil servant” cancellati dalla Spending Review. In realtà potrebbero essere di più, dice il Chartered Institute of Personnel and Development: “750 mila entro il 2015/16 se la coalizione rispetterà i suoi piani di spesa di lungo periodo”. Quelli che andranno in pensione non saranno sostituiti, ma gran parte saranno semplicemente licenziati. In Francia Nicolas Sarkozy ha deciso di bloccare gli stipendi e non rimpiazzare la metà dei “functionnaire” che vanno in pensione: dal 2007 sono scomparsi 100 mila posti, nel 2011 ne spariranno altri 31.638. In Portogallo, dopo aver congelato i salari nel 2010, il socialista José Socrates sta per annunciare un’altra mannaia: stipendi ridotti del 5 per cento e stop a promozioni e assunzioni. A inizio mese, il premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero ha detto che ci vorranno almeno tre anni affinché i “funcionarios” recuperino il taglio del 5 per cento di stipendio deciso in primavera. In Irlanda, dove i salari sono stati ridotti del 14 per cento, l’accordo tra governo e sindacati per stringere ancora sui funzionari è in bilico.

In Grecia il governo di George Papandreou ha ridotto gli stipendi pubblici, bloccato le assunzioni, aumentato l’età pensionabile e amputato tredicesime e quattordicesime. A inizio mese i precari del ministero della Cultura hanno occupato l’Acropoli contro il mancato rinnovo del contratto, allungando la lista di controllori aerei, portuali e ferrovieri in sciopero da mesi. Il 21 settembre, la Repubblica ceca ha assistito alla più grande manifestazione dalla caduta del comunismo: 40 mila funzionari nelle strade di Praga contro il taglio salariale del 10 per cento. In Ungheria il premier Viktor Orban ha limitato gli acquisti di auto e telefoni di servizio. In Lettonia, gli statali hanno perso in media il 30 per cento di reddito. Nessuno è risparmiato, nemmeno la ricca Germania: Angela Merkel ha annunciato la scomparsa di 15 mila funzionari entro il 2014. L’austerità ha colpito perfino la nuova frontiera del posto pubblico: quella ricca, cosmopolita e ambita dei funzionari dell’Unione europea. Alle prese con ristrettezze di bilancio, la Commissione ricorre a lavoratori interinali e contratti temporanei, rinunciando a rimpolpare le file permanenti dell’Eurocrazia. Dopo aver dimezzato gli aumenti di quest’anno, ora vuole tagliare lo stipendio degli euroburocrati dello 0,4 per cento.

«Il Foglio» del 22 ottobre 2010

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