di Alessandro Zaccuri
Il precedente più vistoso è probabilmente rappresentato da Contro i poeti, spavaldo pamphlet del polacco Witold Gombrowicz che in Italia ebbe l’imprevedibile viatico di Edoardo Sanguineti. Ma quello era il libro di un prosatore, e il 'contro' del titolo andava inteso pressoché alla lettera. Il non meno perentorio Contro la letteratura di Davide Rondoni (il Saggiatore, pagine 136, euro 13,00) è invece il libro di un poeta e non si apprezza se non lo si intende per antiphrasim, avrebbe detto Petrarca. E cioè al contrario, per via di paradosso e con il beneficio dell’ironia, leggendo 'viva' dove sta scritto 'contro' e aggiungendo magari bel punto esclamativo sul finale. La proposta di Rondoni – anzi, «Gran Proposta», come la definisce lui – è stata anticipata nei mesi scorsi proprio dalle colonne di 'Avvenire' e non riguarda Dante, i poeti e tanto meno la poesia in sé, ma il modo in cui Dante, i poeti e la poesia stessa vengono insegnati nella scuola italiana. L’immagine di copertina non lascia scampo: una pistola puntata contro l’Alighieri e un sottotitolo da brivido, che allude a 'una strage quotidiana a scuola'. Manzoni crivellato dalle minuzie dello storicismo letterario, Leopardi massacrato dalle ascisse e ordinate della critica testuale, Alfieri che implora pietà davanti all’ennesima richiesta di riassunto, scheda o sinossi. Contro la letteratura è una requisitoria a tratti spassosa, specie quando Rondoni se ne esce con il ritratto del docente-tipo, la temibile professoressa dagli occhi di ghiaccio il cui vero obiettivo sembra quello di estirpare dal cuore degli studenti ogni residuo desiderio di bellezza. Ingeneroso?
Solo in apparenza, perché poi Rondoni elenca, con tanto di indirizzo, le scuole in cui la poesia viene trasmessa con tutto il fuoco che merita, gli istituti in cui la letteratura è offerta come sfida, rischio, ricerca. Da qualche parte si fa, quindi si potrebbe fare dappertutto. La Gran Proposta non è un’utopia, anche se da lontano un tantino le assomiglia.
Si tratta, semplicemente, di rendere facoltativo l’insegnamento della letteratura nelle scuole superiori. Qualche lezione di prova, in cui gli insegnanti danno il meglio di sé, e poi chi vuole va avanti, chi non vuole si accontenta delle sintetiche nozioni di storia letteraria diluite nel resto del programma. Sì, ma chi resta in classe che cosa fa? Ascolta, per cominciare, perché nel frattempo l’insegnante avrà accantonato le sperimentazioni metodologiche e avrà imparato a leggere ad alta voce i testi capaci di appassionare i ragazzi che ha davanti. In questo come in altri casi Rondoni è pronto a replicare alla possibile obiezione. Non tutti hanno l’estro di Benigni, certo. Ma tutti ci possono provare, replica il poeta, che pure può vantare una certa responsabilità nella strepitosa fortuna delle letture dantesche da parte dell’attore toscano.
Senza nulla togliere al carattere dirompente della Gran Proposta, bisognerà ammettere che la parte più coinvolgente di Contro la letteratura è quella in cui Rondoni dimostra, in positivo, che cosa è veramente la letteratura. Un albero che dà ombra e frutti, non una pianta da appartamento. Un organismo vivente, non un meccanismo. Un’avventura, non una procedura. O anche soltanto una parola ben assestata, come quel e’ mi galét, «il mio galletto», in cui il nonno di Rondoni condensava tutto l’amore per la moglie ormai anziana. Perché la poesia, in fondo, non si insegna. Se va bene, si impara. Altrimenti ci si accontenta di respirarla. Che non sarebbe poco, neppure a scuola.
Solo in apparenza, perché poi Rondoni elenca, con tanto di indirizzo, le scuole in cui la poesia viene trasmessa con tutto il fuoco che merita, gli istituti in cui la letteratura è offerta come sfida, rischio, ricerca. Da qualche parte si fa, quindi si potrebbe fare dappertutto. La Gran Proposta non è un’utopia, anche se da lontano un tantino le assomiglia.
Si tratta, semplicemente, di rendere facoltativo l’insegnamento della letteratura nelle scuole superiori. Qualche lezione di prova, in cui gli insegnanti danno il meglio di sé, e poi chi vuole va avanti, chi non vuole si accontenta delle sintetiche nozioni di storia letteraria diluite nel resto del programma. Sì, ma chi resta in classe che cosa fa? Ascolta, per cominciare, perché nel frattempo l’insegnante avrà accantonato le sperimentazioni metodologiche e avrà imparato a leggere ad alta voce i testi capaci di appassionare i ragazzi che ha davanti. In questo come in altri casi Rondoni è pronto a replicare alla possibile obiezione. Non tutti hanno l’estro di Benigni, certo. Ma tutti ci possono provare, replica il poeta, che pure può vantare una certa responsabilità nella strepitosa fortuna delle letture dantesche da parte dell’attore toscano.
Senza nulla togliere al carattere dirompente della Gran Proposta, bisognerà ammettere che la parte più coinvolgente di Contro la letteratura è quella in cui Rondoni dimostra, in positivo, che cosa è veramente la letteratura. Un albero che dà ombra e frutti, non una pianta da appartamento. Un organismo vivente, non un meccanismo. Un’avventura, non una procedura. O anche soltanto una parola ben assestata, come quel e’ mi galét, «il mio galletto», in cui il nonno di Rondoni condensava tutto l’amore per la moglie ormai anziana. Perché la poesia, in fondo, non si insegna. Se va bene, si impara. Altrimenti ci si accontenta di respirarla. Che non sarebbe poco, neppure a scuola.
In un libro paradossale il poeta spiega perché l’attuale studio della letteratura andrebbe «abolito» dalle scuole
«Avvenire» del 9 settembre 2010
Ho letto l'articolo e ho pure navigato sul sito della Feltrinelli per avere maggiori informazioni su questo libro dove si può trovare una piccola introduzione a grandi linee. Non posso esprimere un commento a 360° perchè dovrei leggerlo tuttavia la frase "Rendiamo facoltativo l'insegnamento della letteratura nella scuola italiana" mi ha gelato il sangue. Ma che proposta è questa? Leggere questo libro con ironia per me è un paradosso. Non credo che eleggere la letteratura una materia facoltativa cambi la situazione. Anzi. Credo che la peggiori notevolmente. Allontanerebbe nettamente i giovani alla poesia e alla letteratura. Piuttosto, credo invece che cambiare metodo di insegnamento e programma possa avvicinare i ragazzi ai vari scrittori.
RispondiElimina