10 luglio 2010

Una fede che riparta dall'uomo

di Ugo Amaldi
In occasione della festività di San Pietro e Paolo, Benedetto XVI ha annunciato l'istituzione del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione presieduto dall'arcivescovo Rino Fisichella. Le reazioni dei mezzi di comunicazione e del web sono state immediate e ampie. Sono stati discussi l'unicità dell'evento, le sue lontane radici - che risalgono all'incontro, tra fede biblica e pensiero filosofico greco che ha fondato l'Occidente - l'esigenza odierna di ri-evangelizzare l'Occidente, nel quale la fede è sempre più relegata a fatto privato, e molti altri aspetti ancora.
Su queste colonne monsignor Bruno Forte ha sottolineato che, mentre per la ragione adulta e illuminata della modernità «tutto aveva senso, per il pensiero debole della condizione post-moderna nulla sembra avere più senso». Si è anche molto parlato di diffusione del nichilismo e del relativismo etico, ma non di una terza causa della scristianizzazione dell'Occidente: il percolare nella società della visione del mondo secondo la quale tutto è Natura.
Naturalismo, nichilismo e relativismo sono tre facce di una stessa concezione; il naturalismo è però, a mio giudizio, quello che avrà sempre più peso in quanto facilmente percepibile anche da coloro che non sono interessati ai grandi interrogativi. Infatti gli annunci delle scoperte scientifiche si susseguono e le loro conseguenze sulla salute e sulla vita quotidiana sono sottolineate dai mezzi di comunicazione di massa, che ribadiscono l'idea che esiste un'unica realtà, la Natura, e che l'uomo riesce ad usarla a proprio vantaggio.
Per questo la ri-evangelizzazione non può prescindere dalla storia della progressiva presa di coscienza, da parte del pensiero occidentale, della "marginalità" dell'uomo nell'universo. L'astrofisica vi ha contribuito con il passaggio dalla visione geocentrica a quella eliocentrica e poi, nel corso del XX secolo, con la scoperta di miliardi di galassie e infine con la constatazione che la massenergia visibile con i telescopi è soltanto il 4% della massenergia totale dell'universo. In parallelo la paleontologia e la biologia molecolare hanno scoperto che, sulla nostra terra, la comparsa dell'homo sapiens è la conseguenza di un enorme numero di eventi casuali determinati, per lo più, dalle mutazioni del patrimonio genetico su cui agisce la selezione naturale.
Sigmund Freud scrisse nella Introduzione alla psicanalisi: «Nel corso del tempo l'umanità ha dovuto sopportare tre grandi mortificazioni che la scienza ha arrecato al suo ingenuo amore di sé. La prima, quando apprese che la Terra non è al centro dell'universo. La seconda mortificazione si è verificata quando la ricerca biologica annientò la pretesa posizione di privilegio dell'uomo nella creazione e gli dimostrò l'inestirpabilità della sua natura animale. La terza e più scottante mortificazione è stata inflitta nel XX secolo dall'indagine psicologica, che ha rivelato che l'Io dell'uomo non è nemmeno padrone in casa sua». La terza mortificazione è stata aggravata dai recenti risultati delle neuroscienze e dallo studio, anche fisico, dei processi cerebrali e cognitivi. Queste sono le ragioni per cui la maggioranza degli scienziati, e moltissimi non-scienziati, aderiscono oggi al naturalismo, che si può chiamare "marginalista" in quanto afferma non soltanto che tutto è Natura, ma anche che l'uomo ne è un prodotto casuale che si trova ai margini dell'universo.
Per parlare all'intelligenza e al cuore degli uomini del XXI secolo il cristianesimo, io penso, dovrebbe riproporre in modo nuovo la centralità dell'uomo, fulcro del messaggio cristiano, tenendo conto della marginalità indicata dal sapere scientifico. In altre parole, sarebbe necessario costruire una visione del mondo che accolga i risultati e gli sviluppi delle scienze, accettando le basi scientifiche del naturalismo, e - allo stesso tempo - abbracci l'idea della sostanziale dualità tra Dio e Natura, che Dio mantiene nell'essere. Questa visione è stata chiamata "naturalismo religioso" dal teologo olandese Willem Drees, editore della rivista internazionale di religione e scienza Zygon, ma il nome di "naturalismo duale" è forse più appropriato. Comunque lo si chiami, un tale naturalismo in seno alla Chiesa cattolica è ancora da costruire, anche se teologi e scienziati protestanti hanno aperto la strada.
Su questo argomento gli scienziati hanno qualcosa da dire. In particolare gli scienziati credenti potrebbero aiutare teologi e filosofi a impostare in modo nuovo il rapporto tra fede in Dio, visione scientifica del mondo e pensiero post-moderno. Ed è qui importante sottolineare che vi sono grandi scienziati credenti: Francis Collins - responsabile del progetto pubblico americano che ha decifrato il codice genetico dell'uomo e attualmente direttore dei National Institutes of Health - ha pubblicato un libro di successo Il linguaggio di Dio, ovviamente molto criticato dagli assertori del naturalismo.
In questo cantiere gli argomenti da affrontare sono numerosi. Basta citarne due per mostrare che non si tratta di un programma privo di contenuti. Innanzitutto, nel quadro del naturalismo duale vanno ripensati gli argomenti portati dalla teodicea cristiana sul rapporto tra giustizia di Dio e male fisico, e in particolare il dolore innocente, dato che sofferenza e morte sono conseguenze necessarie dell'evoluzione delle specie per selezione naturale.
In secondo luogo va rivisitata la relazione mente-anima. Anche questo secondo tema - considerato privo di senso dagli aderenti al naturalismo - si colloca al di fuori dei confini della scienza ma, per chi vuole approfondirlo, si intreccia inevitabilmente con il problema della relazione cervello-mente. È un tema molto dibattuto, sia come problema scientifico sia come questione filosofica, e richiederebbe quindi un'elaborazione collettiva che coinvolga scienziati, filosofi e teologi.
«Il Sole 24 Ore» del 10 luglio 2010

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