06 luglio 2010

Teen, il primo viaggio cambia così

A scuole chiuse, migliaia di ragazzi partono. Per molti è l'esordio senza genitori. Tra biglietti low cost, internet e tecnologia, ecco i nuovi backpacker
di Maria Novella De Luca
È il primo "strappo", quello vero. Diciassette anni, poco più, poco meno, la grande voglia vedere tutto, subito, e di essere altrove. "Ciao, noi partiamo", all´aeroporto l´emozione è tanta, le facce sono allegre, la confusione è alta, i genitori cercano senza successo di nascondere la propria ansia.
Loro, i viaggiatori-ragazzini, hanno l´aria esperta e lo zaino sulle spalle, simbolo sempreverde del viaggio numero uno, della prima fuga da soli, antico e nuovo rito di passaggio. Oggi però gli zaini sono tecnologici, ergonomici, ultraleggeri, accessoriati, proprio come questi turisti quasi adolescenti, che con il loro biglietto low cost in tasca, quattro amici fidati e un cellulare a ricarica piena, provano a volare vero il mondo adulto. Parliamo dei più giovani, di quella generazione "backpackers" che rappresenta il 20% del turismo di tutto il globo, e in queste settimane, chiuse le scuole e finiti gli esami si mette in cammino per andare ovunque, 168 milioni di passeggeri che si muovono tra stazioni, aeroporti, incroci di pullman e trasferte a piedi. Con il desiderio collettivo di vivere nuovi luoghi, nuove avventure, nuovi amori.
Crisi o non crisi i giovanissimi partono, dagli anni Sessanta ad oggi il rito del "primo viaggio" non conosce flessioni, si va a Praga per salire al Castello, a Barcellona per i colori di Gaudì e le Ramblas, in Grecia per le isole, ma anche a Berlino per immaginare, con gli amici tedeschi conosciuti su Facebook, cosa c´era lì, oltre il muro appena caduto, quando nessuno di loro erano ancora nato. Non importa, perché il video di quei giorni invece l'hanno visto e rivisto su YouTube, ammirando i loro coetanei di allora prendere a picconate il simbolo della dittatura... Vicini o lontani il 49% per cento dei giovani fa un viaggio ogni anno, oltre il 60% in Europa, ma anche in Africa e in India.
Radiografia di un mito, fenomenologia di un´esperienza collettiva, i cui ricordi poi restano nitidi dentro la scatola della memoria. «Il desiderio del primo viaggio resiste, anzi si estende, ma i viaggiatori cambiano», spiega Andrea Gorini del Cts, il Centro Turistico Studentesco, organizzazione nata in Italia a metà degli anni Settanta, e "passaporto" vero l´estero per migliaia di giovanissimi alla scoperta degli interrail e delle tariffe aeree scontate, ben prima della valanga low-cost. «Oggi i ragazzi si muovono presto, per poter vivere l´esperienza della totale libertà non devono aspettare la maggiore età, e rispetto alle generazioni precedenti sono assai più esperti e cosmopoliti. La grande differenza - dice Gorini - è che parlano meglio l´inglese, hanno già viaggiato con i genitori, con i soggiorni di studio. Sono insomma più esperti, ma non per questo meno emozionati. Partono con un bagaglio di informazioni raccolte su Internet e sui social network, impensabili fino a qualche anno fa, e riescono così a crearsi percorsi di visita ma anche reti di ospitalità spesso gratuite, e del tutto alternative ai circuiti tradizionali».
Infatti in un recente studio del Cts sull´identikit del giovane viaggiatore (2008) uno dei dati più chiari è "l´allergia" di questi inediti globetrotter verso strutture alberghiere e simili (troppo care), a favore di ostelli, bed and breakfast, appartamenti in affitto, e sempre di più scambio di ospitalità con amici conosciuti via web. Sì, ma se questo è il ritratto dei viaggiatori-ragazzini cosa c´è dietro il fascino intramontabile del primo viaggio da soli? La possibilità di trasgredire, il sesso, l´amore, o semplicemente il poter vivere in modo autonomo, almeno per un po´?
La pura e semplice voglia di esagerare sembra entrarci ben poco, visto che si tratta di ragazzi con le chiavi di casa, dotati di una buona dose di libertà, e in viaggio con il permesso (e i soldi) di mamma e papà. Per Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello Sviluppo all´università "La Sapienza" di Roma, «la grande spinta è quella di sentirsi adulti, è quasi un bisogno fisiologico di staccarsi dalla famiglia, un rito di passaggio molto simile a quello vissuto dalle generazioni precedenti». È vero, oggi lo "strappo" avviene presto, già a 17 anni si carica lo zaino e via, ma perché tutto ciò avvenga in sicurezza, è necessario che i ragazzi «siano preparati».
«È fondamentale - dice Oliverio Ferraris - aver fatto già delle esperienze lontani dai genitori, campi scuola, campeggi, viaggi di studio, altrimenti una volta soli la voglia di trasgredire, di rompere le regole diventa forte e pericolosa. In condizioni di sicurezza però queste prime vacanze senza adulti sono positive, portano i giovani a sapersi gestire... Oggi come ieri la vera spinta è quella di sentire adulti, provare a farcela da soli. È vero, adesso è possibile essere in contatto costante con i propri figli adeguatamente muniti di cellulare: ma qui devono fare un sforzo i genitori, e non chiamarli 10 volte al giorno. Altrimenti - conclude Oliverio Ferraris - è come se non fossero mai usciti di casa..."
«La Repubblica» del 6 luglio 2010

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