26 luglio 2010

Se Vendola mette Giuliani tra gli eroi italiani

Il Pantheon del governatore e il ragazzo del G8
di Pierluigi Battista
Mettere Carlo Giuliani sullo stesso piedistallo eroico di Falcone e Borsellino non è stata una buona idea da parte di Nichi Vendola. Candidandosi a leader dell’intera sinistra, il presidente della Puglia, sempre immaginifico, con il suo eloquio dai toni iperemozionali, ha detto che la sua visione del mondo ha «bisogno di eroi come Falcone, Borsellino e Carlo Giuliani». Un’equiparazione sbagliata. Falcone e Borsellino sono stati massacrati assieme alle loro scorte perché combattevano l’Antistato mafioso. Carlo Giuliani è morto quando a Genova, nel 2001, un gruppo di manifestanti (un gruppo, non tutti i manifestanti) stava dando l’assalto a una jeep dei carabinieri con bastoni, spranghe, sassi, estintori, coperti da fazzoletti e passamontagna, in tenuta da guerriglia urbana. Falcone e Borsellino erano due veri eroi che hanno scoperchiato la cupola della mafia. Giuliani, no, non era un eroe. Era un ragazzo degno di rispetto, ma non un eroe. Falcone e Borsellino erano e restano due esempi di dedizione e di impegno contro il crimine organizzato. Il comportamento di Giuliani, al contrario, non può essere di esempio: fu solo l’antefatto di una tragedia, la vita di un giovane stroncata in circostanze drammatiche e che non si dovrebbero mai più ripetere. La comparazione di Vendola forse voleva essere il richiamo a un «antagonismo» politico e culturale oggi senza una rappresentanza politica e parlamentare e dunque afona e marginalizzata. È risultata invece una concessione a una retorica estremista pregiudizialmente convinta che la morte di Giuliani sia stato un «delitto di Stato» e non il frutto più amaro di una giornata di scontri e di violenza. Un richiamo alle vecchie identità. Una sottolineatura della propria natura di sinistra da contrapporre al moderatismo degli attuali vertici del Pd. Invece è stato un incidente di partenza, un eccesso che finisce per alterare il significato di ciò che accadde a Genova (in piazza, prima della scuola Diaz). E finisce anche per svilire l’eroismo, vero, autentico, di Falcone e Borsellino. Vero, e non riducibile a una battuta a effetto di un discorso elettorale.
«Corriere della Sera» del 19 luglio 2010

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