03 luglio 2010

Donne Pensanti 2.0: è 'resistenza attiva'

Il femminismo ai tempi della Rete. Online il progetto che dà spazio a dibattiti, proposte e azioni concrete per combattere gli stereotipi femminili. Dai reality alla pubblicità svilente
di Gaia Scorza Barcellona
Pensano, quindi sono. Il femminile plurale è d'obbligo per capire cos'è "Donne Pensanti". Si tratta di una community nata in Rete, quindi per definizione aperta a tutti, nonostante si presenti da subito con un obiettivo per nulla qualunquista: "Siamo persone che non accettano più in silenzio quello che sta succedendo nel nostro Paese nei confronti delle donne". Benvenuti su www.donnepensanti.net 1, progetto che vede le donne (e non solo) ritagliarsi un nuovo spazio per riflettere, discutere e soprattutto agire. A metà tra il blog e il social network - con grafica essenziale e post frequenti - il sito invita a postare per proporre, insomma a intervenire per reagire alla "degenerazione antropologica" che vede la donna soccombere in silenzio ai modelli di una società dalle Pari Opportunità spesso solo apparenti.
Smontare e ricostruire. E' questa la vera sfida del social network con base a Bologna, che conta quasi 800 iscritti (4200 su Facebook) e prevede la nascita di circoli territoriali in tutta Italia. L'idea è nata per "proporre alternative al modello univoco di femminile che ha la meglio oggi in Italia, ragionare, smontare e sviluppare anticorpi circa gli stereotipi umani che condizionano le nostre scelte personali e collettive". A spiegarlo è Francesca Sanzo (nickname Panzallaria), che ha dato vita al progetto insieme al suo compagno, programmatore esperto, Stefano Caselli e alla ricercatrice universitaria Silvia Cavalieri.
"DP è nato a maggio 2009 - racconta Francesca - in concomitanza con il gossip politico (D'Addario, candidature delle veline, eccetera) che riguardava il premier, come reazione al silenzio assordante circa lo svilimento delle donne da parte di politica, media e donne stesse (a volte), come se l'unica scelta possibile, l'unico modello proposto fosse quello della donna che usa il proprio corpo, la propria bellezza, per arrivare al successo".
Non solo chiacchiere. Gli obiettivi, spiegati punto per punto sul sito, sono chiari: per contrastare l'omologazione femminile servono anche azioni concrete. E il caso di Massa Carrara 2 ne è l'esempio lampante. La discutibile pubblicità scelta recentemente dall'Apt per promuovere le bellezze "turistiche" del luogo con un fondoschiena femminile non è sfuggito alle 'donne pensanti' che, armate di buona volontà, hanno denunciato il fatto inviando una lettera al Comune responsabile della campagna. Tutti i mezzi di comunicazione, a cominciare dal "mail bombing", sono utili per chiedere anche alle istituzioni di intervenire.
La comunicazione è spesso il nemico, ma anche lo strumento di lotta. Lo dimostra uno degli interventi più recenti che ha visto scendere in campo le 'donne pensanti' contro la penna di Massimo Fini, giornalista accusato di avere firmato per il Il fatto quotidiano una serie di articoli "che semplificano enormemente la questione di genere e alimentano una visione stereotipata – e misogina – della donna". Una lettera aperta pubblicata on line chiede al direttore del giornale, Antonio Padellaro, e a Marco Travaglio di riflettere e ritrovare la coerenza di un'impostazion 'libera' che aggiusti il tiro, perché "riportare le donne al centro del dibattito politico è una questione determinante per la costruzione di una società democratica aperta ed equilibrata".
Una causa sposata soprattutto dalle donne. E' quella combattuta dal sito che vede però anche una discreta partecipazione maschile. L’utente medio è donna, tra i 30 e 40 anni, laureata e con esperienze professionali e personali varie, ma la community combatte anche contro gli stereotipi maschili.
Mass media e pubblicità al setaccio. Il network delle donne pensanti invita a guardare al di là delle apparenze e della superficie, perché spesso dietro un messaggio scontato e apparentemente innocuo ce n'è uno subdolo ma assai più nocivo. Per convincersi basta cliccare alla voce "Uso del corpo": lì la cartellonistica stradale si racconta da sola.
«La Repubblica» del 29 giugno 2010

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