31 luglio 2010

"A Cuba facevamo gli aborti per vendere le cellule dei feti"

s. i. a.
Per assicurare al governo preziosa valuta estera, una dottoressa cubana sarebbe stata costretta a eseguire trapianti di tessuto cerebrale di feto, ottenuto da aborti appena fatti, su ricchi pazienti stranieri affetti dal morbo di Parkinson. Lo ha scritto ieri il quotidiano britannico Independent in una corrispondenza dall'America latina basata sulle confessioni della dottoressa Hilda Molina, la quale ha personalmente eseguito i trapianti che fruttavano al governo fino a 20.000 dollari ciascuno. Neurochirurgo ed esperta di fama mondiale nella ricerca sul morbo di Parkinson, la Molina, 52 anni, si è dimessa dalla clinica di neurochirurgia (da lei diretta all'Avana per un salario mensile equivalente a 16 dollari) e da membro del partito comunista a causa di questa politica dei trapianti. La Molina, che vorrebbe lasciare Cuba ma non riesce a ottenere il visto, racconta di aborti eseguiti nelle cliniche dell'Avana e destinati, a insaputa delle donne interessate, a fornire tessuto cerebrale fetale per i trapianti su facoltosi pazienti provenienti da Usa, Canada e da paesi dell'America latina. Stando a medici cubani riparati a Miami, il governo dell' Avana avrebbe addirittura fatto abortire diverse donne con il solo scopo di procurare i tessuti per i trapianti. L'uso del tessuto cerebrale di feti appena abortiti per il trapianto su pazienti affetti dal morbo di Parkinson è una pratica già sperimentata in passato. La malattia provoca tremori, contrazioni muscolari involontarie e paralisi causate da una precoce perdita di neuroni. Una volta ' morti' , i neuroni di un organismo formato non possono più riprodursi mentre quelli del feto fino a 12 settimane di vita hanno ancora la capacità di farlo.
«La Repubblica» del 13 agosto 1995

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