10 giugno 2010

Ma nel Dna la mente non c’è

«I geni determinano solo le linee generali delle strutture cerebrali: ma poi cellule e collegamenti nervose si plasmano secondo gli impulsi ricevuti dall’ambiente Anche prima della nascita» Parla lo studioso Filippo Tempia
di Gabriella Sartori
«Noi siamo il nostro D­na». O anche: «Oggi l’uomo non può più considerarsi capace di libere deci­sioni». Sono affermazioni di uso cor­rente che qualcuno vorrebbe far passare per “scientifiche”. Invece so­no veri e propri “miti” secondo Fi­lippo Tempia, neuroscienziato, do­cente all’Università di Torino, mem­bro dell’istituto scientifico della fon­dazione Cavalieri-Ottolenghi e del­­l’Istituto nazionale di Neuroscienze in Italia che ne ha parlato di recen­te in una seguitissima lezione tenu­ta al Centro Studi biblici di Sacile (Pordenone), all’interno del ciclo “Scienza e Bibbia”.
Si sente spesso dire che noi siamo il nostro Dna, che il cervello è “co­struito” a partire dalle istruzioni contenute nel Dna e quindi non può essere un soggetto libero. Che cosa ci può essere di vero?
«Affermare che 'noi siamo il nostro Dna' equivale a identificare l’intero essere umano con le informazioni genetiche che sono alla base del suo sviluppo e del suo funzionamento. Dato che il cervello viene “costruito” a partire dalle istruzioni contenute nel Dna, si dice, esso sarebbe pre­determinato dalle informazioni ge­netiche e quindi non potrebbe es­sere considerato un soggetto libero. Non è così. Innanzitutto il genoma umano comprende circa veniquat­tromila geni. Questo numero sem­bra abbastanza grande, anche se è molto simile a quello del topo ed è poco più di quello del moscerino e del vermetto caenorhabditis elegans, che è stato il primo animale a cui è stato sequenziato tutto il Dna. In o­gni caso, per capire quante informazio­ni i geni posso­no contene­re, biso­gna co­me minimo paragonare il loro nu­mero con l’organismo che essi de­vono codificare. Il solo encefalo u­mano è costituito da circa ottanta­sei miliardi di cellule nervose, i neu­roni: è chiaro che con ventiquattro­mila geni è impossibile codificare le proprietà di ottantasei miliardi di neuroni: per ogni gene abbiamo tre milioni e mezzo di neuroni. Non ba­sta. La realtà del sistema nervoso u­mano è ancora più complessa, per­ché la vera unità funzionale è il con­tatto, detto sinapsi, che permette la trasmissione di segnali tra una cel­lula nervosa e l’altra. I neuroni rice­vono e trasmettono segnali da mol­ti contatti sinaptici. Ognuno dei neuroni principali della corteccia cerebrale riceve circa diecimila si­napsi. Quindi, l’intera rete di con­nessioni consta di un numero enor­me di sinapsi, stimato in poco me­no di un milione di miliardi. Di con­seguenza, i geni possono solamen­te specificare le linee generali che guidano lo sviluppo delle strutture nervose e delle loro connessioni. Lo stesso identico Dna non potrà per­mettere la costruzione due encefali perfettamente identici. Nello svi­luppo del sistema nervoso entrano in gioco molti altri fattori, come l’in­terazione di ogni cellula con il mi­croambiente in cui si trova e so­prattutto come i segnali elettrici e chimici ricevuti da altre cellule. I se­gnali nervosi importanti per la for­mazione delle strutture encefaliche provengono in gran parte dall’am­biente esterno. Quindi, si può con­siderare che la propria storia perso­nale, unica e irripetibile, inizi molto prima che il soggetto acquisti la co­scienza di esistere. Si potrebbe af­fermare che il nostro stesso corpo è plasmato dall’insieme delle espe­rienze sensoriali che agiscono sul si­stema nervoso da prima della na­scita ».
Si dice anche che quando decidia­mo “liberamente” in realtà è il no­stro cervello che decide, la libertà non esiste ma è solo una illusione ...
«Chi sostiene questa posizione ne­ga qualunque efficacia all’attività mentale. La mente sarebbe un pro­dotto del cervello, come una secre­zione è il prodotto di una ghiando­la. L’assurdità di questa posizione è evidente se consideriamo che noi possiamo coscientemente dirigere non solo le nostre azioni, ma anche i nostri pensieri. Addirittura sogget­ti che erano diagnosticati come in stato vegetativo sono riusciti a diri­gere i propri pensieri secondo le ri­chieste del medico. Le diverse atti­vazioni cerebrali correlate con tali pensieri sono state registrate me­diante la risonanza magnetica nucleare funzionale, nono­stante l’impossibilità dei soggetti di comunicare in qualsiasi modo».
E come si comporta quando siamo chia­mati ad esprimerci su ciò che è bel­lo o brutto, buono o cattivo? È il cer­vello che, con la sua attività, formula i giudizi estetici e i giudizi morali?
«I giudizi estetici e morali sono con­siderati esclusivi dell’uomo. Anche in questo campo le neuroscienze stanno mostrando quali aree cerebrali si attivano in modo specifico per o­gni determinato tipo di giudizio. Una lettu­ra superficiale porta alla concezione che, ancora una volta, sia il cervello l’unico vero autore anche di questi pensieri e del­le conseguenti decisioni. Tuttavia, anche in questo caso si può dimo­strare che i giudizi estetici e morali necessitano della coscienza del sog­getto e che sono di natura intenzio­nale e non spontanea. L’attività mentale, che non è misurabile né vi­sualizzabile con strumenti anche so­fisticati, è sempre associata all’atti­vità cerebrale: ma non c’è alcuna di­mostrazione che il cervello da solo, sen­za l’attività mentale, possa eseguire gli stes­si compiti che sono re­si possibili dall’attività cosciente. Natural­mente, il cervello può svolgere molte funzio­ni in modo non-con­scio o non accessibile alla coscienza. Ma, quando que­st’ultima è presente, i pensieri, i sen­timenti, le decisioni sono chiara­mente diretti dall’insieme del cer­vello e dell’attività mentale coscien­te.
L’affermazione che quest’ultima non ha efficacia nel guidare i nostri pensieri, sentimenti e decisioni è un dogma del tutto arbitrario e scienti­ficamente infondato. Rimane quin­di aperta la questione della libertà dell’uomo nelle scelte estetiche e morali. Tuttavia, credo che qualco­sa in più si possa e si debba affer­mare, partendo dalla constatazione dell’esistenza dell’attività mentale in ogni decisione cosciente. Infatti, è innegabile che in ogni scelta co­sciente, la coscienza stessa sia uno degli attori in gioco, perché non è possibile negare un’efficacia dell’attività mentale cosciente nel dirige­re i pensieri e i ragionamenti. Dato che il soggetto può coscientemente dirigere il ragionamento e decidere il risultato finale, tale risultato non può essere una conseguenza obbli­gata dell’elaborazione delle infor­mazioni acquisite. Infine, assumen­do un ruolo attivo della mente, ci si può chiedere chi sia il soggetto che ragiona e formula i giudizi. Certa­mente non il solo cervello, perché è presente anche l’attività mentale. Ma ugualmente non la sola mente, perché ogni aspetto dell’attività mentale ha un correlato cerebrale. Il soggetto che ragiona e formula i giu­dizi estetici e morali non può quin­di essere altro che il cervello co­sciente, con aspetti fisici e men­tali inseparabili. Dato che l’a­spetto materiale dell’uomo non è limitato al solo cervello, ma comprende l’intero corpo, la de­finizione più appropriata del sog­getto degli atti liberi è l’ “io coscien­te”».
«Avvenire» del 9 giugno 2010

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