Dopo Battista
di Piero Fassino
Caro Direttore, l'accorato appello lanciato ieri da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera ha il merito di sollecitare la rimozione delle omissioni e acquiescenze che spesso e da troppo tempo accompagnano le vicende di Cuba. È un dovere morale, oltre che politico, non assistere passivi e silenziosi di fronte alla tragedia del dissidente cubano Guillermo Fariñas, la cui vita è appesa a un filo dopo tre settimane di sciopero della fame. Rischia di ripetersi così il dramma di Orlando Zapata morto dopo 85 giorni di protesta contro la dura repressione a cui sono sottoposti i dissidenti a Cuba. Una forte iniziativa è tanto più necessaria perché in questi ultimi anni la comunità internazionale non è stata avara di aperture e di comprensione nei confronti del regime cubano. Guidata dalla Spagna - che, in ossequio a una comune cultura ispanica figlia del passato coloniale, ambisce a una sorta di padrinaggio sull'America Latina - l'Unione Europea ha sospeso le sanzioni adottate dopo l'ondata repressiva della «primavera nera» del 2003, riaprendo un dialogo con il regime cubano, cosciente che sanzioni ed embarghi colpiscono più le popolazioni che i potenti. Gran parte dei Paesi latino americani, asiatici e africani - in nome di una solidarietà terzomondista - ha sempre mantenuto rapporti amichevoli e di collaborazione con L'Avana. E gli stessi Stati Uniti, dopo la elezione del Presidente Obama, non hanno mancato di lanciare segnali di disponibilità a un negoziato che consenta il superamento dell' embargo unilaterale, peraltro strumentalmente usato dalle autorità cubane per invocare un perenne stato di emergenza nazionale, soffocare libertà e diritti fondamentali e reprimere chi ne invoca il rispetto. Ora è giunto il tempo che a L'Avana capiscano che a un atteggiamento amichevole del mondo devono corrispondere atti chiari e inequivoci delle Autorità cubane nella direzione di una evoluzione democratica dell'isola. Non basta aprire agli investimenti stranieri e al mercato perché un Paese sia libero. La libertà c'è quando ogni persona è libera di pensare, di scrivere, di dire, di riunirsi e di organizzarsi per affermare le proprie idee. E nessuna ragione di Stato o di partito può giustificare la violazione di fondamentali e irrinunciabili diritti umani e civili. Battersi perché sia così è responsabilità di tutti: delle istituzioni internazionali e dei governi nazionali che non possono chiudere gli occhi in nome del realismo politico e delle convenienze economiche. È responsabilità dei partiti politici che hanno il dovere di essere coerenti con i valori di libertà e di democrazia iscritti nei loro statuti e nei loro programmi. Ed è un dovere della società civile perché ogni libertà oppressa - anche molto lontano - riguarda ognuno di noi. Per questo anche dall'Italia deve levarsi immediato e forte l'appello alla liberazione dei prigionieri politici cubani e all'adozione di atti politici che muovano nella direzione del riconoscimento dei diritti democratici e di libertà. L'appello lanciato in Spagna da Pedro Almodovar, Fernando Savater, Mario Vargas Llosa e altri autorevoli esponenti della cultura europea non va lasciato solo. E per questo il Partito Democratico vi aderisce con convinzione. Mi auguro che altri lo facciano e che dalla società italiana, anche con l'attivo concorso del mondo della cultura, venga un contributo prezioso a questa battaglia di civiltà.
«Corriere della Sera» del 20 marzo 2010
Caro Fassino ora so che non ti daro mai il voto, sono un comunista ma prima di darlo a te lo do a silvio e lo farò contaci solo perchè odio i subdoli rinnegati almeno lui è coerente
RispondiEliminaIl segretario di un C.lo anaic
E pensare che eri negli '80 eri il punto i riferimento dell'associazione amicizia italia -Nicaragua che lottava contro la guerra di bassa intensità promossa dagli USA di Reagan vergognati.........e basta