03 febbraio 2010

Mal di Morgan

di Massimo Gramellini
Pur non essendo né bello né intelligente come lui (lo scrivo senza ironia), vorrei dire che nella sua ultima intervista, solo parzialmente smentita, Morgan sostiene il falso. Non è vero che la cocaina sia il miglior antidepressivo. Non è vero che ci si possa fare di crack senza conseguenze per l’organismo. Non è vero che la droga migliori la qualità delle percezioni: sull’immediato, forse, ma alla lunga ti trasforma in un morto vivente. Mi rendo conto che le sue parole siano più originali e trasgressive delle mie. E che la fonte da cui provengono - una persona colta e sensibile - le renda più autorevoli che non se a pronunciarle fosse stato un Corona. Ma un personaggio televisivo non è solo un artista: ha responsabilità maggiori perché comunica direttamente con un pubblico spesso sprovvisto di filtri culturali.
È triste che Morgan faccia finta di non rendersene conto, trincerandosi dietro la maschera narcisista del maledetto. E sarebbe ancora più triste se pensasse sul serio ciò che ha detto. Davvero può credere che la cocaina lenisca il mal di vivere? A cosa gli è servito il suo talento, se non sa che il corpo è un tempio da rispettare e che per sfondare la corazza di dolore che ci impedisce di entrare in contatto con la nostra anima non servono le sostanze psicotrope, ma il desiderio innato in ogni uomo di trovare un punto di equilibrio interiore, senza scappare all’inseguimento di emozioni superficiali, amori distruttivi e gesti fintamente provocatori? In un mondo di cervelli addormentati - dalla droga, dalla paura, da certa tv - la vera provocazione, oggi, consiste nel «farsi» di vita.
«La Stampa» del 3 febbraio 2010

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