05 febbraio 2010

«La politica trascura la cultura»

Bilancio di dieci mesi alla presidenza dell' Enciclopedia tra polemiche e progetti
di Paolo Conti
Giuliano Amato rilancia Internet: è il futuro della Treccani Mi vengono spesso in mente Benigni che divulga Dante e suo padre analfabeta che lo insegnava a lui. Una cultura di pochi, legata all' identità, che diventa cultura di tutti
«Non l'ho certo scoperto ora, ma ai tempi in cui ero al governo... La politica italiana si genuflette la domenica davanti alle icone della cultura, ma si guarda bene dall' impegnare se stessa e le risorse per qualcosa che, ai suoi occhi, elettoralmente non significa granché perché non influenza i grandi numeri come facevano il sindacato e i partiti organizzati. La cultura, insomma, agli occhi del potere è meritevole di salamelecchi a non finire. Ma, tutto sommato, è ritenuta marginale». Giuliano Amato è da dieci mesi alla presidenza dell'Enciclopedia italiana e traccia, nel suo meraviglioso studio nel cinquecentesco palazzo Mattei Paganica, un primo bilancio di un' esperienza che «è una via di mezzo tra una favola e una storia piena di ansie». Vedremo perché. Ma intanto, presidente, cosa dovrebbe fare la politica per la cultura italiana? «La cultura certo non dev' essere "assistita", ma deve zampillare autonomamente, soprattutto nelle realtà locali. Per la mia generazione il Minculpop è sigla che ha tuttora un brutto significato... Ma lo Stato dovrebbe assicurare una quota essenziale di denaro pubblico per mantenere dignitosamente il patrimonio culturale di cui è costituzionalmente titolare: biblioteche pubbliche e universitarie, musei, quei teatri rimasti di sua proprietà». Infine, circa il capitolo politica, Amato chiude un conto personale: «Quando si polemizzò sul Dizionario biografico gli interventi della politica furono sgraziati, maldestri, disinformati, perciò caduti nel dimenticatoio senza conseguenze. Ricordo un' interrogazione parlamentare fondata sul principio che la cultura non tollera le ragioni del profitto. Trovai l' argomento particolarmente pertinente». Ed eccoci alla Treccani, a quel «miracolo laico» compiuto tra il 1925 e il 1938, quando l' incontro tra l' imprenditore Giovanni Treccani e il filosofo Giovanni Gentile permise la pubblicazione della prima Enciclopedia italiana, garantendole un prestigioso avvenire. Ora Amato parla della favola e delle ansie: «La favola è il prestigio consolidato che va al di là dei contenuti che pubblichiamo. L' ansia riguarda il domani». Qual è la paura principale? «Come organizzarci per l' immediato futuro che non può non guardare alla Rete, a Internet, allo sviluppo del nostro portale. Ora dobbiamo ben capire come ottenere le risorse per poi investire in ciò che inevitabilmente rende poco, cioè la Rete». Prima notizia. La grande enciclopedia in 54 volumi (costo sui 9.500 euro) resta, anche perché continua a vendere molto bene, ma non sarà più il core business dell' Istituto. Spiega Amato: «La grande enciclopedia è, e rimane, il nostro monumento. Ma io non intendo star qui a fare l' austero custode di un simbolo, per quanto sia prestigiosissimo. Non è il mio lavoro. Il filo rosso che parte dalla fondazione e arriva a noi impone, invece, il dovere vivissimo e attuale di consegnare al grande pubblico un sapere specialistico, autorevole, documentato. Ecco perché si arriva alla Rete. Mi viene spesso in mente Roberto Benigni che divulga Dante e suo padre analfabeta che lo insegnava a lui. Ovvero una cultura di pochi, strettamente legata all' identità nazionale, che diventa cultura di tutti. Cultura sicura: ho imparato dal mio amico Umberto Eco a combattere le fonti incontrollate della Rete. E anche le bugie. Quanti ragazzi hanno letto assurdità online sull' aereo che l' 11 settembre non avrebbe mai colpito il Pentagono? La stessa Wikipedia ha compreso i grossi rischi dell' immissione incontrollata di paragrafi e voci, e ora presta più attenzione». Dunque la catena editorial-culturale che Amato ha in mente parte dai 54 volumi e approda al portale www.treccani.it: «Dobbiamo passare ovviamente per le librerie e una vendita più diretta al pubblico, anche se la nostra rete di venditori funziona meravigliosamente bene». Un esempio tra tutti della nuova dimensione Treccani: «Abbiamo chiesto a Salvatore Settis di riordinare il settore dell' arte e di dar vita a una Storia dell' arte contemporanea, che ci manca. Ma sarà un prodotto pensato immediatamente per il portale: il perno saranno le immagini, i testi le sosterranno». Ma continuiamo sul futuro, presidente Amato. Quali saranno i nuovi prodotti editoriali «tradizionali»? «Opere che abbiano un numero di volumi più ridotto e che siano aggiornabili in Rete. La Treccani è una spugna che assorbe l' evoluzione della cultura e ora può comunicarla in tempo reale. Dunque opere non universali che possano riguardare specializzazioni: lingua, medicina, storia, arte, grande letteratura, religioni, scienza. Molte nuove iniziative sono legate al centocinquantesimo anniversario dell' Unità d' Italia. Penso alla fotografia dell' Italia com' era nel 1861, curata da Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto o a Cristiani d' Italia. Chiese, società e Stato 1861-2011 affidata ad Alberto Melloni e alla bella squadra che ha organizzato alla Fondazione per le scienze religiose di Bologna». Molte iniziative per il 2011 verranno svolte in parallelo tra la Treccani e l' Accademia dei Lincei: «Un' intesa nata grazie alla mia antica amicizia col presidente Lamberto Maffei. Organizzeremo una grande mostra nella loro bella sede, la Villa della Farnesina. Insomma, sarà un 2010 pieno di novità per la Treccani». Come dice lo slogan pubblicitario di un noto amaro: ma cosa vuole di più dalla vita, presidente Amato? Un sorriso: «Mi piacerebbe che proprio il mondo culturale ci prendesse più sul serio come prodotti attuali. Prendiamo il XXI Secolo di Tullio Gregory, arrivato al terzo volume. Possibile che non sia mai uscita una recensione, un saggio, una contestazione? Lo ripeto e insisto: non stiamo qui a custodire un monumento. Ma a produrre cultura viva per i nostri giorni, per il domani».

Ex premier Nato a Torino nel 1938, Giuliano Amato è da febbraio presidente dell' Istituto dell' enciclopedia italiana. Docente di Diritto costituzionale e uomo politico di area socialista, è stato due volte presidente del Consiglio (1992-93 e 2000-01) e ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di ministro del Tesoro e dell' Interno. Inoltre è stato vicepresidente della commissione chiamata a preparare il nuovo trattato dell' Unione europea. Tra i suoi libri: «Una Repubblica da riformare» (Il Mulino); «Il gusto della libertà» (Laterza); «Noi in bilico» (Laterza); «Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?» (scritto con Mauro Marè, Il Mulino)
«Corriere della Sera» del 30 dicembre 2009

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