09 febbraio 2010

Il romanzo di Apuleio e l’odio anticristiano

di Ilaria Ramelli
Come si diceva martedì scorso, nel romanzo di Apuleio, come pure in quello di Petronio, sono molto pro­babili allusioni parodiche al Cristianesimo.
La loro massima concentrazione sembra a­versi nel ritratto caricaturale della moglie di un mugnaio in IX 14.
Vari studiosi considerano questo ritratto la caricatura di una donna cristiana (Anarra­tone, Baldwin, Dowden, che ritiene il ro­manzo apuleiano composto a Roma intorno al 155, Ilušeckin, Tripp, Ruggiero, Rinal­di, io stessa). Tale ritratto, in tutti i suoi det­tagli, si rivela una lista di accuse anticristia­ne correnti al tempo di Apuleio, quali quelle di saevitia, ebrietas, pertinacia, impietas, impudicitia, magia, e che l’anziana donna presentata come intermediaria potrebbe essere una ministra cristiana. Tutte le carat­teristiche attribuite alla moglie del mugnaio corrispondono infatti ad accuse anticristia­ne del tempo: « Aveva in sorte la moglie peggiore possibile, di gran lunga più scellerata di tutte le altre donne. A quella donna depravata al massi­mo non mancava nemmeno un vizio, ma tutte le turpitudini si erano raccolte nel suo animo come in una immonda latrina: cru­dele, sinistra, prepotente, ubriacona, pervi­cace, ostinata, avida di turpi saccheggi, pro­diga in spese vergognose, nemica della fe­deltà, ostile alla pudicizia. Disprezzati e cal­pestati i numi divini, al posto della vera reli­gione aveva una falsa e sacrilega credenza in un Dio che professava unico; si inventa­va osservanze cultuali vuote, ingannando tutte le persone e prendendo in giro il suo povero marito, prostituiva il suo corpo con del vino al mattino presto e con continui a­dulteri » . Ho sottolineato le accuse più importanti, che analizzerò brevemente. Ciò che rende questa donna la peggiore del mondo (pessi­ma, deterrima e nequissima: tre superlativi sinonimi in due righe!) sono i suoi flagitia.
Ora, flagitia in generale erano attribuiti ai Cristiani già nel I secolo, come attesta Taci­to: quos per flagitia invisos vulgus Christia­nos appellabat (Ann. XV 44). Gli apologisti confutarono tali accuse, anzitutto Giustino, che insisté sulle virtù richieste da Cristo stesso ai cristiani e ritorse le accuse di flagi­tia contro i pagani. Anche Tertulliano ricu­sò le accuse di flagitia e scelera contro i cri­stiani, e cercò di separare il nomen christia­num dagli scelera che vi erano collegati, an­ch’egli ritorcendo le accuse contro i pagani.
Ora, la prima accusa specifica contro la mo­glie del mugnaio è quella di saevitia, molto diffusa all’epoca contro i Cristiani insieme a quella di odium generis humani, già usata contro i giudei, come è attestato da Tacito (Hist. 5.5: adversos omnes alios hostile o­dium).
In Ann. XV 44 Tacito associa questa stessa accusa ai molti cristiani condannati a Roma nel 64 dietro imputazione di incen­dio, ma in realtà perché accusati di odium generis humani (multitudo ingens haud proinde in crimine incendii, quam odio hu­mani generis convicti sunt). Saevitia è a­scritta ai cristiani anche in un graffito pom­peiano che li descrive come saevos Solones.
Questa accusa, che ho studiato su Invigilata Lucernis 2001, fu anch’essa confutata dagli apologisti, specialmente Giustino e Tertul­liano, che la ritorsero contro i pagani. Il pri­mo asseriva che erano i pagani e i giudei a odiare i cristiani, i quali hanno per regola di non odiare nessuno, nemmeno quanti li o­diano. Anche Tertulliano negò che i cristia­ni fossero hostes generis humani, crudeli e pieni di odio, richiamando l’attenzione sull’odio di cui erano vittime.
«Avvenire» del 9 febbraio 2010

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