28 febbraio 2010

Caro Mario, la tua poesia è vita

Il ricordo dello scrittore scomparso cinque anni fa. «Non sposti un sasso, ma dai senso al mondo»
di Adonis
L'omaggio di Adonis all'amico fiorentino e una lirica inedita di Luzi
Ho incontrato Mario Luzi a Firenze circa dieci anni prima della sua morte. Ci avevano invitato insieme a una serata di poesia. Finita la lettura, che aveva avuto un discreto successo, ho visto raccogliersi attorno a Luzi un certo numero di donne di età diverse. S'erano trattenute con lui e ad alcune aveva firmato suoi libri. Era calmo, sereno e molto felice. Mi piacque vedere un poeta circondato da donne che lo ammiravano e stimavano, anche se i suoi versi non parlavano in modo specifico di loro. Mi dissi, pensando al rapporto delle donne arabe con la poesia: allora, la donna, qui a Firenze, ama la poesia per la poesia, non come una cosa che la riguarda in modo specifico. Da quell' incontro ho incominciato a leggere tutte le sue poesie che trovavo tradotte in francese. E oggi, ogni volta che lo leggo mi tornano alla mente le donne raccolte attorno a lui in quella serata. Al tempo stesso mi viene alla mente questo interrogativo: perché la poesia di Luzi è così influente su di loro? E questo porta a un' altra domanda: che cosa può fare la poesia? Specie quando i lettori di questo tempo hanno perso la facoltà di distinguere fra la buona e la cattiva poesia, anzi, gran parte di loro non ha più un alto e vitale interesse per la poesia. La poesia di Luzi viene dai luoghi intimi e profondi dell' uomo, luoghi di meditazione ed esplorazione dove si fondono sogno e realtà, sensoriale e immaginario, visibile e invisibile, poesia e scienza, religione e filosofia. Così possiamo descrivere la sua poesia come un viaggio in questo spazio intimo, attraverso lo spazio esterno, che penetra e supera - lo spazio del caos socio-politico, degli eventi e della tecnica. L'occhio del volto qui è l'occhio del cuore, l'uno fa da guida all' altro, si completano nel superare l'oscuro, per accogliere ciò che illumina, dove valori e rapporti tornano alla loro natura prima, dove la parola diviene corpo, come se la poesia, nel linguaggio e nell' esistenza, fosse un altro utero accanto a quello naturale femminile, per la nascita e per rinnovare la vita. Così il poeta non si serve di parole già preconfezionate, le usa ricollocandole in un contesto inconsueto. Il femminile del linguaggio è il luogo di questa riallocazione. Come la donna è il luogo della nascita, anche il linguaggio è luogo di nascita della poesia. Alla prima l' uomo deve la propria esistenza, alla seconda la propria identità. La particolarità della poesia è quella di nascere dall' utero del linguaggio-vita così come l' infanzia viene dall' utero della donna-femminilità. I rapporti d' amore sicuramente non sono facili e nemmeno il rapporto del poeta col linguaggio. Quando sembra che la lingua fuoriesca dal poeta come un profluvio, questo fa sorgere qualche sospetto sulla poesia in sé e sulla sua qualità artistica. La poesia è sempre contro: anzitutto contro il poeta, intendo contro la sua debolezza, sottomissione e arrendevolezza. Contro la macchina dello schiavismo nella società, che è una macchina infernale, contro la bassezza del mondo. Il rapporto col linguaggio, quindi, è un rapporto di respingimento, rifiuto, perdita, dolore e attesa. Che cosa può fare, allora, la poesia? La mia risposta viene dalla poesia stessa e da te, Mario Luzi, amico in poesia - la mia risposta a Mendrisio tra coloro che ti hanno conosciuto e ti stanno celebrando è che la poesia non può spostare un sasso ma nonostante ciò, come la religione, riesce a dare un senso al mondo: che possa essere sempre una nascita-inizio.
(Traduzione dall'arabo di Fawzi Al Delmi)
«Corriere della Sera» del 27 febbraio 2010

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