01 settembre 2009

Tiberio, l’imperatore romano che difese i cristiani

di Ilaria Ramelli
Quando si pensa ai primi cristiani ven­gono in mente le ca­tacombe, la clande­stinità, le persecuzioni. Nel­l’impero romano, fino a Co­stantino, il cristianesimo e­ra formalmente illecito. Ma da quando? Su quale base giuridica? Tertulliano nell’A­pologeticum (5,2) afferma che entro il 35 Tiberio ven­ne a sapere di Gesù e dei suoi seguaci e propose al Se­nato di dare legittimità al lo­ro credo. Infatti era il Sena­to che in età giulio-claudia decideva se ammettere nuove divinità. Ma – prose­gue Tertulliano – il Senato si oppose e il cristianesimo di­venne superstitio illicita, di­versamente dal giudaismo. I cristiani in quanto tali era­no passibili di morte. Tibe­rio allora pose il veto alle ac­cuse contro i cristiani, e so­lo Nerone lo revocò.
Tertulliano, che sosteneva che solo i cattivi imperatori perseguitassero i cristiani, non aveva interesse a in­ventare la condanna del Se­nato. Egli non teme smenti­te e invita i destinatari a con­trollare gli atti di età tiberia­na. Tiberio voleva ricono­scere la nuova setta giudai­ca, non antiromana, per sot­trarla alla giurisdizione del Sinedrio e pacificare la Pa­lestina. Al rifiuto del Sena­to, mandò in Oriente Lucio Vitellio, che nel 36-37 depo­se Caifa e destituì Pilato, co­me confermano Flavio Giu­seppe e fonti orientali.
Vitellio, noto a Tertulliano, era probabilmente la fonte della sua notizia sul senato­consulto, citato anche negli atti del martire Apollonio. I Romani che si erano recati a Gerusalemme nel 30 (At 2,10) udirono il discorso di Pietro sulla morte e re­surrezione di Gesù; probabil­mente lo ri­ferirono al ritorno. E Pilato inviò a Tiberio u­na relazione datata al 35 dal Chronicon Hieronymia­num e dal Paschale, accet­tata come probabile anche da Borgeaud e nota a Giu­stino e a Tertulliano; non è quella interpolata pervenu­taci.
La notizia di Tertulliano, ri­presa da altri cristiani, tra gli studiosi era accettata solo da Marta Sordi e Car­sten Thiede. Ma nella ri­vista Aevum 78 (2004) e in Hugoye 9,1 (2006) [www.syrcom.cua.edu/Hugoye] ne ho confermato la storicità in base a importanti fonti o­rientali e a un frammento porfiriano, che non può es­sere sospettato di apologe­tica come Tertulliano. Cade quindi la ragione per cui molti non consideravano storico il senatoconsulto. Il polemista si riferisce all’età tiberiana, poco dopo la Re­surrezione, che avvenne nel 30, e afferma che Gesù, se fosse risorto, non sarebbe dovuto apparire a persone oscure (critica già presente in Celso), ma a personaggi autorevoli contemporanei all’evento, a Pilato, o Erode, al sommo sacerdote, «o a molti uomini contempora­nei e degni di fede, e so­prattutto al Senato e al po­polo di Roma, onde essi, stupiti dei suoi prodigi, non potessero, con un senato­consulto unanime, emette­re sentenza di morte, sotto accusa di empietà, contro quanti gli erano obbedien­ti?... Se infatti si fosse rivela­to a uomini ragguardevoli, tramite loro tutti avrebbero creduto e nessun giudice li avrebbe puniti come inven­tori di racconti infondati... molti sono esposti per col­pa sua a pene della peggio­re specie». Il senatoconsulto unanime che accusava di empietà e condannava a morte i cri­stiani poco dopo il 30 è di certo quello tertullianeo. Quanto all’empietà, è il de­litto di chi aderisce a una su­perstitio illicita; la base giu­ridica per il processo di empietà era il senatoconsulto del 35. I cristiani sono accu­sati di empietà anche nel neroniano Editto di Naza­reth: avrebbero subìto «un processo per empietà per il culto reso a esseri umani». L’editto formalmente con­dannava i trafugatori di ca­daveri, quali i cristiani erano accusati di essere (Mt 28,2), e Caritone e Petronio, contemporanei ad esso, riecheggiano tale accusa.
La legislazione anticristiana fu dovuta al Senato, ma il potere imperiale non diede corso alle accuse fino a Nerone: fino al 62, i cristiani non furono condannati da alcuna autorità romana co­me tali. Solo con la svolta neroniana ebbe inizio la persecuzione.
Comincia da oggi la sua rubrica settimanale Ilaria Ramelli, (vedi anche l'articolo sulla storicità dei Vangeli)ricercatrice in Filolo­gia del mondo classico, di­scepola della storica Marta Sordi e tra le massime spe­cialiste italiane in storia del cristianesimo antico.
«Avvenire» del 1 settembre 2009

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