02 settembre 2009

Il nichilismo, nemico di ogni poesia

di Roberto Mussapi
« Nichilismo» è una di quelle parole che ogni tanto affiorano, in questi anni, in genere in un contesto moderatamente negativo nei confronti della prospettiva che il termine esprime. Ma si tratta di apparizioni effimere, di citazioni che dileguano in se stesse, senza affrontare di petto la questione. La sensazione è di questo tipo: «Non esageriamo col nichilismo: Non c’è solo quello». Che è la conferma di un reale dominio di fatto della cultura nichilista nel secolo appena trascorso, e che in quello che si accinge al primo decennio cerca una sistemazione museale, non archeologica, ma con aspirazioni a una classicità perdurante, quasi un archetipo.
Anche un articolo di ieri sul «Corriere della Sera», a firma di Alessandro Piperno, accennava alla questione, e a quella contrapposta, in un certo senso, della Bellezza, ma in modo fuggevole, sia perché altro era il tema dell’articolo, sia perché così suggeriscono, di fatto, i tempi. La questione del nichilismo è invece, a mio parere, fondamentale, e un uomo l’ha recentemente affrontata in tutta la sua gravità e importanza: il pontefice Benedetto XVI, in forma straordinariamente efficace e urgente: il nichilismo come male assoluto, vocazione al male. Per la poesia del Novecento e quella che segue l’affermazione del pontefice è una forte boccata d’ossigeno, anche se non era questo il suo proposito. Ma si dà il caso che la poesia, da sempre, costituisca una sorta di quintessenza dello status culturale in forma concentrata perché visionaria, un’astrazione percettibile e pulsante. La poesia non è un’ancella del secolo, ma ne è l’alchemica essenza. Poesia deriva dal termine greco «poiein» che vuol dire fare: chi 'fa', nega di fatto ogni nichilismo. Il nichilismo è la fede nella distruzione del senso e di ogni illusione. È legato alla sfera diabolica: «diaboleuo», divido, è origine della parola diavolo. Il diavolo vuole dividere, come da «simboleuo», unisco, deriva il termine simbolo: il simbolo vuole unire. Il poeta è simbolico, lo xenofobo e chi vuole buttare in mare gli stranieri è diabolico. Il nichilismo è un atteggiamento superbo, infastidito, dell’uomo che vuole ridurre tutto a non senso. Da qui a fare priva di senso la vita di chiunque, l’opera, la parola, la lingua, il vagito di chiunque, il passo è breve. Il teologo Ratzinger, non avvezzo come il suo predecessore poeta e drammaturgo alla messa in pagina dell’opera letteraria, ne ha però lucidamente, quanto implicitamente, definito i confini e i termini: ed è ovvio che ben conosce e comprende, il Papa, l’angoscia, il tormento del nichilismo tragico, spesso coabitante con la fede, spesso costretto a sancire una solitudine assoluta dell’uomo. È evidente che non si parla del nichilismo alto di Beckett e di chi cerca indietro, guarda all’infanzia lontana dell’uomo, aspetta Godot, che non si parla di chi vive l’angoscia del nulla come nemico potente e temuto vincente. Si parla di chi gioca col nulla, ride dei sogni dei poeti che parlano alla luna, all’allodola, al vento d’occidente, dei santi che parlano alle rondini, al lupo, dei cosiddetti nichilisti che si rivolgono piangendo all’infinito stesso, in prima persona. Il nichilismo delle avanguardie 'nichiliste' per l’appunto (quelle cioè senza tragedia e propulsione che mossero invece ad esempio, l’espressionismo tedesco o la pittura futurista), e della letteratura di consumo assoluto, che con le avanguardie nichiliste coincide, chiudendo il cerchio del nulla. C’è bisogno di uomini che credono e uomini che non credono, cercando, non di altri che li prendono in giro, giocando con le passioni umane come bambini sciocchi, viziati e cattivi.
«Avvenire» del 2 settembre 2009

3 commenti:

  1. Bellissimo il tuo articolo. Mi sono permesso di postarlo sulla mia pagina di facebook. Se vuoi che cancelli il riferimento non hai che da chiedermelo. Buona giornata,
    Melillo Marco.

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  2. Memorabilia Press02 aprile, 2010

    A proposito di nichilismo... Visto l'interesse per l'argomento consiglio la lettura de "Il circolo dei nichilisti", romanzo di Marco Apolloni edito Giraldi.

    Un curioso road trippin’ attraverso i festosi anni universitari. Così suona questo romanzo di formazione, per dichiarata intenzione dell’autore: “holdeniano” e scolpito su un giovanilistico “carpe diem”, fatto di immancabili flirt, magari spacciati per conquiste esistenziali, e baldorie varie. Avventure libertine, turbamenti sessuali e crisi filosofiche: questo è il cocktail servitoci dall’autore. Tra scherzose baruffe, incalzanti battute, giochi di citazioni erudite, chiacchiere e marachelle. Lo spirito del romanzo di Apolloni è post-ideologico, culturalmente eclettico, il tutto condito dal melting-pot dialettale che anima le sedi universitarie nostrane, con il loro misto di siciliano, napoletano, pugliese, veneziano e marchigiano. Perché allora Il circolo dei nichilisti? «Perché i nostri professori pensano che non crediamo in niente». La seconda delle tre parti del romanzo – la prima e la terza sono ambientate ad Urbino – si svolge nella terra di Albione fra paesaggi arcadici, inevitabile pioggerellina e richiami a saghe new-age. Una guida turistica alternativa per il protagonista Gabriele, in bilico tra dilemmi intellettuali e atteggiamenti bohémien. Dietro al decadentismo di facciata si cela tuttavia una reale passione di vita, più epicurea che nichilista a dire il vero. Una scrittura fresca e briosa, per una storia altrettanto godereccia.

    http://www.ibs.it/code/9788861553637/apolloni-marco/circolo-dei-nichilisti.html

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