Piero Ottone già nel 1964 metteva in guardia sulla legalizzazione del divorzio: avrebbe avuto l'effetto di indebilire inesorabilmente il matrimonio
di Piero Ottone
Se fossi vissuto sempre in Italia probabilmente sarei un divorzista. Ho invece trascorso una quindicina di anni in paesi nei quali vige il divorzio. Sulla base di quel che ho visto e sentito, ho acquistato alcune convinzioni che cercherò di riassumere, e che sono, comunque, contrarie al divorzio… non perché contrasti con la morale cristiana, che rispetto, ma che non intendo prendere in considerazione . Bensì perché lo ritengo nocivo, nel complesso, alla società… Il divorzio ha il vantaggio di riparare l’errore di un matrimonio sbagliato e permette di ricominciare.
D’accordo. Ma presenta anche uno svantaggio che è, a mio avviso, ancora maggiore. Esso uccide, o riduce fortemente, la volontà dei coniugi di compiere ogni possibile sforzo per salvare un matrimonio pericolante.
Dobbiamo ricordare che ogni matrimonio, prima o dopo, corre qualche serio pericolo. Uomini e donne sono troppo diversi gli uni dagli altri per andare costantemente d’accordo…
Che cosa succede in questo momento pressoché inevitabile in qualsiasi unione matrimoniale, se esiste la possibilità del divorzio?
Quel che succede l’ho visto in Inghilterra, in Germania, in Scandinavia. La possibilità di uscire da una stanza in cui si sta scomodi genera un potente, quasi irresistibile desiderio di uscire, senza tentare di rendere quella stanza, quanto più possibile, comoda e abitabile. E ogni indebolimento della volontà dei coniugi è gravissimo, anzi fatale, perché, nei matrimoni davvero pericolanti, solo un grande sforzo da parte di entrambi, senza indecisioni e incertezze, può salvarli.
Ne consegue che l’istituto del divorzio, anche se ha il vantaggio di sanare di tanto in tanto le situazioni insostenibili, ha il gravissimo difetto di indebolire la fibra morale dei cittadini. Esso fa di loro, uomini e donne, persone che fuggono davanti alle difficoltà, e non persone che le affrontano con coraggio. Il danno si ripercuote su tutta la vita sociale.
L’indebolimento, inoltre si ripete a ogni successivo matrimonio di chi si sia già divorziato. L’esperienza dei paesi col divorzio conferma quanto sa benissimo ogni studioso di psicologia. Le difficoltà del primo matrimonio risorgono quasi immutate nel secondo, perché la loro causa fondamentale non risiede nel partner, cioè nell’altro coniuge, bensì in noi stessi… Là dove vige il divorzio, come in Scandinavia, la gente passa di matrimonio in divorzio tutta la vita.
Vi risparmio la descrizione delle conseguenze per i figli, perché furono descritte già migliaia di volte… Sono convinto che l’assenza di divorzio non può salvare tutti i matrimoni, ma ne salva molti che altrimenti finirebbero male. Lo Stato, per la salvezza della famiglia, che è un istituto di importanza ovvia, e per la felicità della maggioranza dei cittadini, fa quindi bene a mio avviso a non permettere il divorzio, anche se questo sacrifica l’esistenza di una minoranza verso i quali tutti sentiamo, si capisce, una profonda comprensione.
D’accordo. Ma presenta anche uno svantaggio che è, a mio avviso, ancora maggiore. Esso uccide, o riduce fortemente, la volontà dei coniugi di compiere ogni possibile sforzo per salvare un matrimonio pericolante.
Dobbiamo ricordare che ogni matrimonio, prima o dopo, corre qualche serio pericolo. Uomini e donne sono troppo diversi gli uni dagli altri per andare costantemente d’accordo…
Che cosa succede in questo momento pressoché inevitabile in qualsiasi unione matrimoniale, se esiste la possibilità del divorzio?
Quel che succede l’ho visto in Inghilterra, in Germania, in Scandinavia. La possibilità di uscire da una stanza in cui si sta scomodi genera un potente, quasi irresistibile desiderio di uscire, senza tentare di rendere quella stanza, quanto più possibile, comoda e abitabile. E ogni indebolimento della volontà dei coniugi è gravissimo, anzi fatale, perché, nei matrimoni davvero pericolanti, solo un grande sforzo da parte di entrambi, senza indecisioni e incertezze, può salvarli.
Ne consegue che l’istituto del divorzio, anche se ha il vantaggio di sanare di tanto in tanto le situazioni insostenibili, ha il gravissimo difetto di indebolire la fibra morale dei cittadini. Esso fa di loro, uomini e donne, persone che fuggono davanti alle difficoltà, e non persone che le affrontano con coraggio. Il danno si ripercuote su tutta la vita sociale.
L’indebolimento, inoltre si ripete a ogni successivo matrimonio di chi si sia già divorziato. L’esperienza dei paesi col divorzio conferma quanto sa benissimo ogni studioso di psicologia. Le difficoltà del primo matrimonio risorgono quasi immutate nel secondo, perché la loro causa fondamentale non risiede nel partner, cioè nell’altro coniuge, bensì in noi stessi… Là dove vige il divorzio, come in Scandinavia, la gente passa di matrimonio in divorzio tutta la vita.
Vi risparmio la descrizione delle conseguenze per i figli, perché furono descritte già migliaia di volte… Sono convinto che l’assenza di divorzio non può salvare tutti i matrimoni, ma ne salva molti che altrimenti finirebbero male. Lo Stato, per la salvezza della famiglia, che è un istituto di importanza ovvia, e per la felicità della maggioranza dei cittadini, fa quindi bene a mio avviso a non permettere il divorzio, anche se questo sacrifica l’esistenza di una minoranza verso i quali tutti sentiamo, si capisce, una profonda comprensione.
Articolo del 1964 citato nell’articolo di Francesco Agnoli, “Il dogma divorzista del Corsera”, Il foglio 25.6.09
Grande post, concordo in pieno. Per me il divorzio è utile (anzi, NECESSARIO) se e solo se c'è violenza di qualsiasi natura da parte di uno dei due partner. Altrimenti è solo un modo per distruggere la famiglia. Secondo alcuni vescovi, c'è una speranza di rinascita su questo aspetto...
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