02 luglio 2008

Quel corpo a corpo di santa Caterina contro il «nemico comune»

di Antonio Giuliano
Forse sarà colpa di quei santini che li ritraggono in pose arrendevoli, quasi colti da 'depressione'. Spesso però non riesci a pensare ai santi come uomini e donne 'battaglieri', con una vita 'infuocata' da Dio. Ecco perché la biografia di Caterina da Siena può invece 'bruciare' ogni pregiudizio. Soprattutto se la storia di questa intrepida senese viene tradotta in romanzo da un maestro del genere: Louis de Wohl (1903-1961). Lo scrittore tedesco fa vibrare in questo testo l’esperienza di santa Caterina, patrona d’Italia, così come aveva fatto con san Tommaso d’Aquino ne La liberazione del gigante e sant’Elena ne L’albero della vita. E vi riesce con un racconto ancora una volta molto fedele alle fonti agiografiche e una narrazione che appassiona il lettore fino all’ultima riga. Ci si ritrova così proiettati nel XIV secolo, un tempo di grandi conflitti politici e religiosi, per seguire le vicende di quella piccola donna capace di farsi ascoltare da papi, sovrani e cardinali. Sorprendente se consideriamo che Caterina era semianalfabeta: aveva chiesto e ottenuto da Dio di riuscire a comprendere le Scritture ma non sapeva leggere. E i numerosi scritti che ci ha lasciato (ben 381 solo le famose Lettere) sono stati in larga parte dettati. Caterina Benincasa cominciò a stupire sin dall’infanzia: a sei anni aveva avuto già la prima visione. Contro la volontà dei suoi genitori di maritarla, si tagliò i capelli e iniziò in tenera età un percorso di mortificazioni. A soli sedici anni entrò nell’ordine delle domenicane 'Mantellate'. Santa in terra o strega: da subito il giudizio su di lei si divise. Per il suo furore e i suoi 'strani comportamenti' venne messa sotto accusa persino da alcune consorelle. Ma la sua fiducia nella Provvidenza era incrollabile: Caterina fu un’orante ostinata, dava del tu a Dio. Per questo rivendicò con fierezza: La mia natura è il fuoco, come recita il titolo del libro. Non era presunzione, ma solo consapevolezza di una fiamma interiore alimentata da un Altro. E anche le astinenze forzate a cui si costringeva erano la via per quella gioia sovrumana che le si leggeva in viso. Soffrì molto, ebbe le stimmate (visibili solo dopo il suo trapasso) e ammalata si spense a soli 33 anni, proprio come il suo modello: Gesù. Così dissero alla sua morte: «Simone di Cirene portò la croce di Cristo a nostro Signore per un breve tratto; Caterina da Siena ha provato a portarla per tutta la vita». Fu una donna mistica, ascetica, andava spesso in estasi dopo aver ricevuto la comunione. Ma fu anche molto attiva nel volontariato ospedaliero e in politica: per il grande amore verso la Chiesa riuscì a riportare il papato da Avignone a Roma. Fu però altrettanto sferzante nel chiedere al clero e ai potenti di non dividere gli animi per la brama di potere. Una credente che non rinunciava ad esprimere pubblicamente la sua fede. Uno spirito guerriero. «Nostro Signore – disse – è il più grande capitano di tutti. Il suo destriero è la croce. Ha versato il proprio sangue per i suoi soldati, e la cosa più importante è continuare a combattere al suo fianco contro il nemico comune di Dio e dell’uomo».

Louis de Wohl, La mia natura è il fuoco. Vita di Caterina da Siena, Bur./Rizzoli, pp. 398, € 11,00
«Avvenire» dell’8 marzo 2008

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