01 luglio 2008

Alda Merini: «Mai firmato un manifesto pro-aborto»

La poetessa era stata «reclutata» a sua insaputa come firmataria di una lettera femminista
di Lucia Bellaspiga
Bestemmie che lasciano senza parole. Così la poetessa Alda Merini, 'reclutata' insieme ad altre dieci 'donne autorevoli' come firmataria di una lettera pro aborto (titolo 'Il Papa oscurantista contro le donne e contro la scienza', in uscita nel prossimo numero di Micromega e già abbondantemente reclamizzata), prende radicalmente le distanze dal testo e, anzi, nega di averlo mai sottoscritto. «Mi ha telefonato una voce femminile e mi ha chiesto se sarei stata d’accordo con un appello a favore delle donne e dei loro diritti fondamentali. Ho risposto che ovviamente i diritti vanno salvaguardati, ma non ho firmato alcunché e d’altra parte mai mi sognerei di annoverare l’aborto tra i diritti. Semmai posso arrivare ad accettare che sia una dolorosa necessità in casi davvero estremi, ma figuriamoci se Alda Merini, la cui biografia è tutto un inno alla maternità, chiede la pillola abortiva libera alla portata delle ragazzine... ».
Dunque nessun appello ai partiti del centro-sinistra?
Figuriamoci, se c’è una cosa che proprio non conosco è la politica! Io non parlo di cose che non conosco... L’errore della politica è proprio questo, vuol parlare di cose che non sa e che non le competono, come la vita e la morte di un figlio.
La lettera parla di 'offensiva clericale contro le donne', di una 'vera e propria crociata bigotta'...
Non è un mistero che la Chiesa in passato è stata anche più che bigotta nei confronti delle donne, per secoli cacciate, esorcizzate, viste come demoni. Ma questi sono gli errori degli uomini, Cristo invece è andato loro incontro, le ha amate, una delle colpe che lo ha portato alla crocifissione è di aver parlato con le donne quando ancora era loro vietato toccare i testi sacri, di aver accolto le peccatrici dando scandalo ai farisei. Della Maddalena ha fatto la sua discepola diletta, la prima che lo vide risorgere. E, per tornare ai nostri giorni, Papa Wojtyla ha abbracciato le donne, ha chiesto loro perdono per gli errori del passato.
Quanto al diritto all’aborto?
Io non giudico una madre disperata che, di fronte all’ipotesi di mettere al mondo un figlio gravemente deforme, non si sente in grado di accettarlo. Non giudico perché posso capire la debolezza umana. Ma il vero diritto di una donna è quello alla maternità: il figlio è il più grande atto d’amore e il suo mistero resta intatto. L’occasione che la madre dà al suo bambino è ogni volta un miracolo, ed è una bestemmia negare tutto questo in nome di un femminismo che è l’opposto dell’essere femmina, nel senso più alto del termine.
Lei ha avuto quattro figli...
Mi avevano detto che ero sterile, così ho fatto ogni genere di cura, a quei tempi non c’erano che trattamenti termali e poco altro... Fatto sta che grazie a Dio sono diventata madre. Eppure quando aspettavo mia figlia Barbara stavo malissimo, ero stata in manicomio, avevo subìto l’elettrochoc, tanto che un medico mi 'consigliò' di rinunciare alla gravidanza: rifiutai naturalmente l’aborto (clandestino) e lottai con i denti per la mia creatura. Una vera madre di fronte alle difficoltà non rinuncia al figlio, combatte come una leonessa per lui. Donne come la Dama Bianca e Mina per la maternità hanno sfidato il mondo, il giudizio della società, perfino il carcere, e i pregiudizi anche da parte della Chiesa, questo è vero, ma io penso che se non facciamo capo alla misericordia di Dio non abbiamo capito nulla.
La lettera chiede anche che ai bambini fin dalle elementari sia insegnata l’educazione sessuale.
Per carità, lasciamo ai bambini i loro sogni, lasciamo che crescano nello stupore. Sarà la vita a svegliarli anche troppo in fretta.
Qual è il suo contro-appello alle firmatarie della lettera, donne famose come Margherita Hack, Dacia Maraini, Fiorella Mannoia, Lidia Ravera?
La creazione del mondo si ripete ad ogni nascita, il bambino non si può annientare, nasce da un atto di poesia... Davide Maria Turoldo, quando prese in braccio la mia prima figlia Manuela, mi disse «è la tua poesia più bella». Queste donne se la prendono con la Chiesa, ma io dico che certi rigori invernali sono caduti o stanno cadendo, ora è primavera, tempo di mandorli in fiore. Della Chiesa si può rifiutare l’autoritarismo, non l’autorevolezza.
Morale?
Queste controversie su vita o morte di un figlio mi lasciano senza parole. Noi un tempo ci donavamo al nostro compagno con tutta la dedizione corpo-spirito e il bambino era una benedizione. Non so niente di pillola abortiva o del giorno dopo: non erano di moda... Le donne giovani che mettono in bocca all’anziano certe parole sbagliano, perché noi eravamo ben lontani da questo 'utilizzo' del bambino. Posso soltanto dire che dopo i dolori del parto subito dimenticavo quella crocifissione per gioire della vita nuova. Non sono in grado di dare altri giudizi e sono ben lontana dal fare politica o dall’essere femminista, solo vorrei che tra uomo e donna si stabilisse quell’intesa meravigliosa che si chiama amore, in cui il figlio rappresenta la chiave della verità.
«Avvenire» del 17 febbraio 2008

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