05 luglio 2007

Legalizzare la droga? Cadono molte remore morali

In margine ad alcuni fatti di cronaca nera
di Giacomo Samek Lodovici
I drammatici fatti di cronaca nera di questi ultimi giorni legati all'uso di droghe dovrebbero far riflettere su alcune delle argomentazioni tipiche degli antiproibizionisti. Secondo costoro, la legalizzazione della cannabis avrebbe il merito di colpire le organizzazioni criminali, eliminando i profitti che esse ricavano dal narcotraffico.
Bisogna replicare che se spacciare sostanze stupefacente è moralmente lecito, allora non si capisce perché vietarlo a queste organizzazioni; se invece spacciare non è moralmente lecito, allora non lo deve fare nessuno, neanche con la licenza dello Stato. Legalizzando la cannabis, lo Stato permette che qualcuno possa esercitare attività criminali, purché con la licenza: un po' come dare ad alcuni la licenza di assassinare, per togliere i proventi ai killer. Inoltre, gli spacciatori che rimarrebbero senza la licenza dello Stato, non potendo più guadagnare smerciando la cannabis, si concentrerebbero sul commercio di droghe peggiori (per esempio l'eroina o la cocaina), che sono molto più redditizie, quindi la legalizzazione non ne diminuirebbe i profitti. Del resto, anche nell'ipotesi di legalizzare la cannabis, lo smercio non potrebbe essere accessibile anche ad un bambino. Perciò, gli spacciatori, non potendo più guadagnare profitti dalla vendita agli adulti, cercherebbero di avvicinare alla droga appunto i bambini, per poter guadagnare qualcosa almeno con loro. Alcuni antiproibizionisti dicono anche che la legalizzazione fa diminuire il consumo, perché viene meno il fascino del proibito. Si può ribattere che le leggi non soltanto disciplinano delle situazioni, ma inoltre le influenzano, perché incidono sulla cultura di un popolo. In Spagna, per fare solo un esempio, la legge di Zapatero, che ha accorciato a soli tre mesi i tempi per ottenere il divorzio, ha incrementato la concezione per cui il matrimonio è un impegno molto labile, determinando l'aumento dei divorzi: erano 52.591 nell'anno prima della legge, sono diventati 82.340 già nei soli primi sei mesi del 2006. La legalizzazione fa, cioè, cadere molte remore morali al consumo di droghe. Inoltre diminuisce la difficoltà di procurarsele. E il caso olandese smentisce la tesi antiproibizionista. Infatti, un documento (che cita vari studi) della Drug Enforcement Administration, la polizia antidroga degli Stati Uniti, rileva che in Olanda, dopo la legalizzazione della marijuana, dal 1984 al 1996 il consumo tra i giovani è passato dal 15 al 44%. E, se è vero che una politica di lotta alla droga non ne potrà mai del tutto cancellare la vendita e il consumo, tuttavia le severe leggi americane, unitamente ai programmi educativi, negli ultimi due decenni hanno ridotto il consumo di droghe di più del 33% e quello di cocaina del 70%. Infine, qualora fosse vero che il consumo di cannabis cala se non c'è il gusto della trasgressione, questo gusto si sposterebbe dalla cannabis alle droghe peggiori, contribuendo a farne aumentare il consumo. Da ultimo, non è vero che se si vieta il commercio delle droghe bisognerebbe vietare anche quello degli alcolici: mentre il consumo di droghe comporta pericoli, come minimo, per l'incolumità pubblica (si pensi agli incidenti stradali provocati da chi usa sostanze stupefacenti), l'uso moderato degli alcolici non è, di per sé, pericoloso per nessuno.
«Avvenire» del 20 maggio 2007

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