18 luglio 2007

I rischi della «verità» sull’embrione

Fecondazione assistita: uno studio solleva dubbi sulla diagnosi pre-impianto
di Chiara Fornasiero
La diagnosi pre-impianto in Italia è vietata dalla legge 40, ma è usata nei centri di tutto il mondo per i portatori di malattie genetiche e per le donne in là con gli anni che ricorrono all’esame non solo per avere figli sani, ma anche per aumentare le percentuali di successo della riproduzione assistita. Ora una ricerca condotta da studiosi olandesi, apparsa sul New England Journal of Medicine, mette in discussione proprio quest’ultimo aspetto del test. Secondo i dati emersi dalla studio la diagnosi pre-impianto ridurrebbe sia il numero degli embrioni che attecchiscono nell’utero materno, sia le probabilità che la gravidanza abbia buon esito; quindi, il numero dei bambini nati. Questo perché l’esame eseguito prelevando una o più cellule dall’embrione nelle sue prime fasi di sviluppo in provetta (sulle quali si eseguono le analisi genetiche), ne intaccherebbe l’integrità riducendo la successiva capacità di crescita. I risultati della ricerca olandese fanno discutere gli esperti di fecondazione assistita del nostro Paese. «L’esecuzione del test richiede una grande esperienza e nei centri più qualificati ha sempre migliorato i risultati della fecondazione assistita, tanto che adesso qualcuno propone di utilizzarlo sempre nelle donne che hanno superato i 35 anni», spiega Giovanni Monni, direttore dell’unità di ginecologia e ostetricia dell’ospedale per le Microcitemie di Cagliari. Diverso il discorso, per i portatori di malattie genetiche. «Queste persone non sono sterili e spesso sono giovani; quindi la percentuale di successo della fecondazione assistita è molto elevata», sottolinea Monni. In queste situazioni un’eventuale riduzione dovuta alla diagnosi pre-impianto non intacca i risultati delle terapie. Purtroppo molte di queste coppie, spesso con storie di figli malati o di aborti terapeutici ripetuti, si stanno rivolgendo all’estero per avere figli sani, nonostante che in Italia esistano strutture altamente qualificate non solo per la diagnosi prenatale, ma anche per quella pre-impianto. Non essendo sterili, inoltre, non hanno diritto a ricorrere alla fecondazione assistita, come recita la legge 40. Una legge che, secondo il ministro Livia Turco, deve far riflettere: ha provocato un calo di nascite «in provetta», una riduzione delle gravidanze andate a buon fine e un aumento dei parti plurimi.
«Corriere della sera» del 15 luglio 2007

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