04 luglio 2007

Aldo Nove, rosario & neoavanguardia

«Maria» è un’opera che rimanda nella intonazione a Rebora e a Fiore
di Alessandro Zaccuri
Lo scrittore, ex «cannibale», dedica un poemetto alla «Madre di Dio», ricco di immagini cosmiche. Dagli apocrifi a Rilke. Ma sempre negando a Dio la maiuscola
Perché Maria?, verrebbe da domandarsi. Anzi: perché di nuovo Maria? Così presto, con così tanta insistenza. Pochi mesi fa era toccato a Erri De Luca, con il suo In nome della madre (Feltrinelli), ripercorrere i pensieri della giovanissima Miriàm, dall'Annunciazione alla Natività, in un'alternanza tra prosa e poesia dalla quale già traspariva che, riguardo alla Madonna, la parola stessa è chiamata a farsi «più che creatura». Adesso, con il poemetto Maria, l'ormai ex cannibale Aldo Nove ci consegna una sequenza di litanie tradizionali eppure modernissime, sospese tra il rosario e la neoavanguardia. Un atteggiamento ben testimoniato da «Madre di Dio», il sonetto - composto in realtà negli anni Novanta - che suggella il volume: «Madre di Clivio e di Gerusalemme, / Madre di Betsabea e di Baranzate, / Madre delle Bustecche e di Betlemme, / Madre del Monte Nero e di Malnate…». Il vicino e il lontano, e l'infinito nel mezzo. Forse è per questo che, in letteratura - e non soltanto in letteratura - la Vergine suscita tanto rispetto e tanta tenerezza. Non per niente perfino negli ospedali, se pure si ha ritegno nell'esporre il Crocifisso, per l'icona della Madre c'è ancora posto, c'è più posto di prima.
Nei testi di Aldo Nove, del resto, Maria c'è sempre stata. Anche quando l'autore si firmava con il nome di Antonello Satta Centanin e scriveva quasi esclusivamente versi, compresi quelli di «Madre di Dio», che svolgevano un ruolo sotto ogni aspetto centrale nell'autoantologia poetica Fuoco su Babilonia!, edita da Crocetti nel 2003 e organizzata lungo un arco temporale che andava dal 1984 al 1996. Fin da allora, del resto, Nove aveva pensato di celebrare Maria in forma poematica, toccando uno dei vertici della sua produzione. Oggi, nel momento in cui quel disegno prende forma in via definitiva, l'autore continua ad attribuire un carattere decisivo alla remota cadenza biblica e lombarda di «Madre di Dio», l'unico componimento di Maria in cui la divinità torna a meritarsi la let tera maiuscola. Per il resto, nei trenta canti che si susseguono nel libro (composto ciascuno di sette quartine di endecasillabi, in continua variazione di rima), «dio» è sempre, e contraddittoriamente, minuscolo. A dispetto del dispiegarsi di grandiose immagini cosmiche e liturgiche («E allora il cielo scese nel tuo seno, / e il tuo abbraccio era l'arcobaleno»), dunque, e più ancora a dispetto di un'intonazione che pare rimandare in modo esplicito all'ultimo Rebora e, più implicitamente, a quel gioiello di poesia mariana che rimane Myriam di Nazaret di Elio Fiore (Ares, 1992). Più indietro nel tempo, esplicitamente richiamate da Nove, premono altre forme storiche e letterarie, dagli Apocrifi del Nuovo Testamento a Rilke.
Tutto accade, forse, perché questa Maria è anzitutto la bambina che, nel primo componimento della serie, «qualunque collina / avrebbe voluto come sole» e in cui, nel sottofinale, «i suoi raggi ha sciolto il sole / scegliendo dolce in te la sua collina». In mezzo, tra questi due squarci d'assoluto, c'è la storia della salvezza, ci sono la visione dell'angelo e il miracolo di Cana, lo struggimento di un verso come «A dio insegnavi a camminare» e la vertigine della contemplazione per cui «Confine all'universo è la tua pelle, / tutte le stelle in cielo a te sorelle / in te sono racchiuse». Una circolarità pressoché perfetta, in conseguenza della quale il ricorso alla forma chiusa cessa di essere mero espediente virtuosistico (come accadeva, tra l'altro, in un alcune delle composizioni del già ricordato Fuoco su Babilonia!) e assume i connotati di una compiuta assimilazione tra sguardo e visione. Nel nome di Maria, come avrebbe detto un altro grande - e in questo misconosciuto - poeta lombardo, il Manzoni degli Inni sacri.
«Avvenire» del 19 maggio 2007

Nessun commento:

Posta un commento