24 aprile 2007

Il segreto di Giotto

Una ricerca di Giuliano Pisani getta nuova luce sugli affreschi della Cappella degli Scrovegni di Padova
di Arturo Carlo Quintavalle
Ai piedi di Cristo non ci sono gli Evangelisti, ma i simboli del martirio
Lo insegna la Psicologia della Forma, vediamo quello che crediamo, vediamo quello che pensiamo di dover vedere. Insomma vediamo il desiderio. Riprove? Una, davvero stupefacente, in un ciclo a fresco fra i più studiati della pittura, la Cappella degli Scrovegni a Padova. Chi ha «visto» per la prima volta è un professore, Giuliano Pisani, cui si devono già preziosi contribuiti sulla iconografia della Cappella, dipinta entro il 25 marzo 1305 per Enrico Scrovegni. Prendiamo in esame la scena affrescata nella controfacciata. Il tema è il Giudizio Finale. Nella zona alta, gli Angeli che alla fine del tempo ripiegano i cieli come un rotolo di pergamena; ai lati della finestra mediana, i cori angelici e subito sotto il Cristo, seduto su un trono azzurro come di variegate piume; ai suoi lati, gli Apostoli in trono; sotto, alla destra del Cristo, gli eletti e alla sinistra, i dannati; in mezzo, la croce e, in basso, il donatore, Enrico Scrovegni, con il modello della cappella stessa; nel basamento, infine, grandi riquadri dipinti a finto marmo. Giotto ha progettato anche un raggio di luce che, entrando dalla finestra alta verso est, quella chiusa dallo sportello con l’Eterno, attraversa la cappella ed è riflesso da tre specchi metallici tondi, di cui resta traccia nella aureola del Cristo, e che sono simboli della Trinità. Dunque il Giudice, alla fine dei tempi, doveva avere una importanza nodale nel racconto. Nella descrizione tradizionale della iconografia della parete ho lasciato per ultima la identificazione più consueta, quella delle figure subito sotto il trono del Cristo come i quattro evangelisti rappresentati, seguendo l’Apocalisse, come esseri simbolici, Marco come Leone alato, Giovanni come Aquila, Matteo come Uomo alato, Luca come Toro alato. Ma, si è chiesto Pisani, quello che vediamo corrisponde a quello che crediamo di vedere? Certo, prima Hueck nel 1905 e poi Foratti nel 1921 si sono accorti che la seconda figura da sinistra è un centauro il quale davvero, coi simboli evangelici, non c’entra nulla, ma la osservazione della pur vistosa anomalia non ha impedito di mantenere l’ipotesi che lì, sotto il trono, fossero rappresentati proprio i simboli degli evangelisti. Cerchiamo adesso di vederli veramente, questi simboli. E diciamolo subito: sotto il trono di Cristo di evangelisti non ce ne è nessuno, del resto gli evangelisti sono già rappresentati nella navata della cappella. La seconda figura da sinistra è un centauro, essere dalla doppia natura, corpo equino, torace e volto umano, simbolo dunque della doppia natura del Cristo. La prima figura a sinistra è quella più singolare: per Pisani un orso con, nella zampa, un pesce probabilmente un luccio, da lucius, che fa luce secondo la interpretazione medioevale; l’orso sarebbe il Cristo pescatore di anime, segno anche della Chiesa, e il luccio sarebbero invece i prescelti, gli eletti. Passando alla destra del trono, la prima figura è quella del leone alato che è simbolo del Cristo inteso come giustizia, lo suggerisce un trattato alessandrino del II secolo, il Fisiologo, tradotto in latino nel V e molto diffuso nel Medioevo. La seconda figura da destra, quella più vicina al manto del Cristo, è l’aquila con volto di giovane uomo, aquila che può essere interpretata in modi diversi, come Aquila-Cristo che caccia i reprobi, come simbolo della Ascensione, ma anche come Resurrezione della carne, come scrive il Fisiologo, interpretazione confermata dalla immagine giovanile del volto sul corpo alato. Fin qui l’acuta ricerca di Pisani, che credo possa anche essere integrata da alcune riflessioni. Prima di tutto, una relativa alla simbologia dell’orso, la prima figura a sinistra, col pesce in bocca. Secondo Rabano Mauro, l’orso è un simbolo negativo: «ursus immunditia» e segno anche di lussuria. Dunque, la scena potrebbe rappresentare gli uomini, l’orso, che sacrificano il «Cristo-luccio-luce» sulla croce. E una lettura appena distinta potrebbe vedere, nell’ordine, che pure va considerato, da sinistra (ma che è la destra per il Cristo) l’orso come segno del negativo e quindi dell’umanità che martirizza il Cristo-pesce; nella seconda figura, il centauro che rappresenta la natura divina e quella umana del Cristo; proseguendo verso la nostra destra, ecco l’Angelo dal giovane volto e con corpo alato che suggerisce la nostra resurrezione alla fine dei tempi; infine, alla estrema destra, vediamo il segno dell’Aquila che è l’immagine stessa del Cristo Giudice. Se questa lettura è corretta nella parte sinistra abbiamo la memoria del martirio del Cristo e della sua duplice natura, nella destra la salvezza per gli eletti e il senso stesso del Giudizio Finale. Dunque, nel grandioso spazio della controfacciata degli Scrovegni, il Giudizio alla fine dei tempi viene reso esplicito attraverso le sue matrici: il martirio del Cristo, la salvezza che viene dal Cristo uomo e insieme Dio, la resurrezione dei corpi dopo la salvezza fissata dal Giudice per gli eletti. Un’iconografia così singolare deve fare riflettere sugli intellettuali che, accanto a Giotto, suggeriscono nuovi simboli per un grandioso racconto. Proprio questa novità ha tratto in inganno tutti noi fino ad oggi.


Un capolavoro e i suoi misteri IL MAESTRO Giotto (1267 circa - 1337) si formò alla scuola di Cimabue. Tra le sue opere: il ciclo della «Leggenda di san Francesco» della Basilica superiore di Assisi e il «Trittico Stefaneschi» (Vaticano,Pinacoteca)
GLI AFFRESCHI La Cappella degli Scrovegni (nella foto, una visione dell’interno) venne conclusa da Giotto nel marzo 1305
L’APPUNTAMENTO Venerdì 20 aprile, al Museo Civico degli Eremitani a Padova, Giuliano Pisani presenterà le sue scoperte sulla nuova iconografia del «Giudizio Universale» della Cappella degli Scrovegni
«Corriere della sera» del 17 aprile 2007

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