Un programma dell’Università di Pisa per scoprire le radici del Continente
di Marco Gasperetti
Dall’Estonia all’Irlanda, si riscrivono le storie dei popoli dimenticati
C’è una storia oscura dell’Europa, nascosta ai libri di testo. Nasce e muore come un fiume carsico attraversando gli Appennini, sfiorando le Alpi, accarezzando i fiordi. È la storia delle varie entità europee, di stati sovrani oggi uniti sotto una stessa bandiera e una stessa moneta, eppure culturalmente distanti nonostante i ciclopici passi compiuti. Può accadere, così, che cittadini di Eurolandia ignorino capitoli essenziali della storia comune oppure interpretino in modo opposto e contraddittorio personaggi e fatti. Qualche esempio. La grande carestia, la «potato famine», una delle vicende centrali nella storia irlandese: morirono milioni di persone, altre furono costrette ad emigrare creando quel flusso che avrebbe contribuito a plasmare carattere e lingua degli Stati Uniti, un evento epocale ignorato o quasi dai manuali di storia degli altri paesi europei. Così come fantasmi (testi italiani esclusi), sono le vicende dei comuni e delle repubbliche del Rinascimento. Nelle scuole di quasi tutta Europa non si studiano centinaia di eventi, come la nascita dell’Estonia dopo la Prima guerra mondiale, il ruolo militare e politico nel Seicento della Svezia e del suo re Gustavo Adolfo, le vicende della Lituania. Buchi neri, amnesie culturali, che i cittadini dell’Europa rischiano di portarsi dietro per sempre e che adesso ottanta università europee stanno cercando di cancellare riscrivendo la storia perduta e affrontando eventi e personaggi con ottiche multiple e diverse interpretazioni. Perché se è vero che la «vera gloria» di Napoleone continua ad essere un interrogativo e altresì vero che i giudizi sul personaggio sono dissimili nella vulgata storica francese, austriaca, inglese e italiana. Dunque, per l’Europa e i suoi cittadini, diventa essenziale conoscere tutti i punti di vista storiografici per tentare una sintesi, difficile ma possibile. Alla guida del grande progetto di riscrittura (i vettori sono ClioHnet 2 e ClioHres.net, due reti di ricerca finanziate con circa cinque milioni di euro) c’è Ann Katherine Isaacs, docente di Storia Moderna all’Università di Pisa. «Nello studio della storia non è essenziale conservare soltanto la memoria - spiega la professoressa Isaacs -, ma anche e soprattutto consolidare e diffondere una visione critica. Un punto di partenza sono i libri di scuola, parte importante della nostra "identità", del modo di rappresentarci e di rappresentare "l’altro". La rappresentazione del passato è un processo molto selettivo. In ciascun paese si forma un modo nazionale di raccontare la storia. Ma oggi, come si impara la storia sui banchi di scuola degli stati europei? Nei testi troviamo alcuni, pochi, fatti e figure in comune. E vediamo che eventi e processi ritenuti importanti da alcuni paesi sono ignorati o quasi negli altri». ClioHnet ha già scritto una decina di manuali storici, altri venti sono stati realizzati da ClioHres.net. Sono pubblicati in diverse lingue da Plus, la casa editrice dell’Università di Pisa, ma sono scaricabili anche su Internet all’indirizzo www.clioh.net. www.cliohres.net «Li abbiamo scritti attingendo da fonti originali e abbiamo pubblicato documenti anche nella lingua originaria - spiega Isaacs - usando idiomi antichi come il fenicio, il greco, l’egizio. Con i colleghi europei stiamo affrontando argomenti tematici. Abbiamo già pubblicato volumi dedicati al ruolo della religione nei cambiamenti politici, alla lingua e all’identità, alla storia del mare. Inserendo, naturalmente, quegli eventi storici dimenticati e cercando di affrontare eventi e personaggi da più punti di vista. Adesso stiamo lavorando a un nuovo libro su immigrazione ed emigrazione in Europa». Non manca l’impiego delle nuove tecnologie: grazie a Internet i vari docenti possono personalizzare il libro di testo, scegliere capitoli e paragrafi e unificarli secondo le proprie esigenze didattiche. Insieme alla storia sono state coinvolte altre scienze umane quali filologia, geografia, storia dell’arte, antropologia. «Perché anche qui i popoli dell’Unione hanno visioni discordanti oppure hanno dimenticato grandi segmenti di cultura - ricorda Ann Katherine Isaacs -. Noi cercheremo di richiamare alla memoria questi eventi. L’unità del vecchio continente si fa con le leggi, certamente, ma ancora di più con la cultura. E la conoscenza della storia comune».
L’Università di Pisa ha avviato un progetto di «riscrittura della storia» destinato a colmare i «buchi neri e le amnesie culturali» che i cittadini dell’Europa «rischiano di portarsi dietro per sempre».
«Corriere della sera» del 16 marzo 2007
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