09 febbraio 2007

Ogm, un boom nel Terzo mondo

Nel 2006 superata la soglia dei 100 milioni di ettari coltivati. Con un’accelerazione decisiva soprattutto in Asia e in Africa. Decisamente più prudente l’Europa
di Stefano Gulmanelli
Rappresenta meno del 7% della superficie agricola mondiale ma la soglia è certamente simbolica e significativa: per la prima volta nel 2006 le terre destinate alla coltivazione di piante nate da sementi geneticamente modificate hanno superato i 100 milioni di ettari. Lo ha reso noto, con evidente soddisfazione, l'ultimo rapporto redatto dall'International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications (Isaaa), organizzazione fondata nel 1990 dall'agronomo Clive James allo scopo di facilitare il trasferimento delle biotecnologie in campo agricolo e, per il loro tramite, alleviare il bisogno di cibo nel Terzo Mondo.
Ma più che il dato in sé - che appunto costituisce ancora una frazione minima della terra messa a raccolto nel mondo - quello che colpisce è la progressione dello stesso: 102 milioni di ettari nel 2006 vuol dire 60 volte di più della superficie agricola a Ogm che si aveva soltanto 10 anni fa: «Il più alto tasso di adozione mai sperimentato da una tecnologia del settore agricolo», si fa notare nel rapporto. Un tasso che porta i suoi estensori - James in testa - a prevedere per il 2015 il raddoppio dei terreni destinati all'agricoltura biotech. D'altronde, che quello scorso sia stato per i fan del "geneticamente modificato" un anno da cerchiare in rosso lo si evince anche da un'altra serie di numeri in qualche modo "figli" di quello delle superfici coltivate: sono infatti diventati oltre 10 milioni gli agricoltori che fanno uso di sementi Ogm; la popolazione dei 22 Paesi in cui l'agri-biotech ha trovato spazio è pari al 55% del totale della popolazione mondiale; e l'insieme delle aree coltivabili di quei 22 Paesi nel loro complesso è più della metà del miliardo e mezzo di terra coltivabile sparsa per il mondo.
Alcuni elementi fanno pensare che si è davvero in presenza di un'accelerazione decisiva della diffusione della coltivazione agricola Ogm. Il fatto ad esempio che il 90% degli utilizzatori delle sementi geneticamente modificate son o piccoli agricoltori, per i quali l'agrobioetch è quindi divenuto pratica ordinaria. O la circostanza che in ciascuno degli otto Paesi in testa alla classifica delle terre a Ogm (nell'ordine Usa, Argentina, Brasile, Canada, India, Cina, Paraguay e Sudafrica) le aree in questione superano il milione di ettari - il che indica che la scelta fatta è stabile e radicata e può essere - soprattutto alla luce delle enormi estensioni di superficie agricola di questi Paesi - il trampolino di lancio per ulteriori forti crescite delle colture geneticamente modificate. O, infine, l'osservazione che, per quanto siano ancora gli Stati Uniti quelli con la maggiore estensione di campi a Ogm (53% del totale dell'area biotech), il testimone della maggiore crescita sta passando alle due aree del mondo più popolate e con le maggiori necessità agro-alimentari: l'Asia - con India e Cina, i Paesi più popolosi al mondo, in crescita vertiginosa nell'Ogm agricolo (l'India addirittura ne triplica l'estensione in un anno) - e l'Africa, in cui il Sudafrica sembra aver fatto una scelta decisa e probabilmente irreversibile verso la coltivazione transgenica di mais bianco, non a caso l'ingrediente base del mealie pap, il piatto con cui, per tradizione e per necessità, si sfama gran parte della popolazione dell'Africa del Sud.
Decisamente più prudente l'Europa, in cui solo sei fra i Paesi membri dell'Unione Europea consentono coltivazioni commerciali Ogm. Ma non si può fare a meno di notare che l'unica "new entry" del 2006 rispetto ai 21 Paesi "Ogm" dell'anno prima è proprio una nazione europea: la Slovacchia, che va così ad aggiungersi a Spagna, Francia, Repubblica Ceca, Portogallo e alla "verde" Germania.
«Avvenire» del 9 febbraio 2007

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