di Vittorio Messori
No, non dovremo riscrivere le origini del cristianesimo; e la fede dei credenti non andrà in crisi per la pubblicazione di un frammento del cosiddetto “vangelo di Giuda“. Per dirla subito, la clamorosa presentazione a Washington, davanti alla stampa mondiale appositamente convocata, è soprattutto un’operazione economica e, probabilmente, anche ideologica. Storia e teologia c’entrano poco, gli specialisti veri sono al massimo incuriositi, non certo frementi di eccitazione per una “novità” che non è tale e che, essi, già conoscevano. Magari da più di 1800 anni, visto che fu verso il 180 che Ireneo, vescovo di Lione ma greco e gran conoscitore del Medio Oriente, compose il suo Contro le eresie. In esso scrive, tra l’altro: <>. Coloro che così insegnavano erano gnostici di una setta detta dei “Cainiti“: proprio da Caino, venerato assieme al Serpente che tentò Eva, a Cam, ai Sodomiti, a Esaù e, appunto, a Giuda. Insomma, tutte le figure negative delle Scritture giudeo-cristiane. Ponendosi simili maestri, i Cainiti giustificavano ogni genere di oscenità e di delitti.
Operazione economica, dunque, quella dell’altro ieri, visto che il National Geographic Magazine è tra i periodici più redditizi del mondo, con edizioni in molte lingue, italiano compreso. La sua sponsorizzazione per la traduzione e la pubblicazione del papiro trovato tra le sabbie egiziane non è certo disinteressata. Milioni di dollari verranno dall’aumento delle vendite in edicola, dall’acquisto del volume che sarà proposto in combinata col giornale, dal documentario comprato già da molte televisioni. Senza contare l’enorme pubblicità determinata dal fatto che, ieri, i media di ogni continente hanno citato la testata. Non a caso si sono scelti, per il lancio, i giorni che precedono la Settimana Santa, quando in tutta la cristianità risuonerà il nome di Giuda Iscariota e sarà più agevole che si parli di questo suo presunto “Vangelo“. Se è lecito un accenno personale: ieri, per tutta la giornata ho dovuto declinare inviti a partecipare a talk-show televisivi proprio su questa presunta scoperta. E alla mia sorpresa (<>) si replicava che, sì, la politica la farà da padrona, ma l’imminenza della Pasqua impone di inserire in palinsesto qualcosa che la riguardi. Perché, dunque, non questa novità sull’apostolo che tradì?
Ma il forte odore di soldi ha aleggiato da subito attorno al papiro emerso negli anni Settanta dalla valle del Nilo, uno dei pochi luoghi (assieme al deserto di Giuda, da cui ci viene la biblioteca essenica di Qumràn) dove l’ aridità del clima permetta la conservazione di materiali così fragili. Non è più il tempo in cui pastori beduini cedevano ai mercanti di Gerusalemme e del Cairo giare piene di manoscritti in cambio di poche monete d’argento. Le biblioteche delle università europee, americane, australiane, persino giapponesi, si affrontano in aste memorabili per assicurasi brandelli di manoscritti dei primi secoli cristiani. Come ormai di norma in simili casi, non sono chiare le vicissitudini commerciali di questo “vangelo di Giuda“, ma sembra certo che il lungo rotolo sia stato tagliato in due. Una parte è quella presentata a Washington con il massimo clamore mediatico, un’altra parte sarebbe rimasta in cassaforte: il suo prezzo è destinato a moltiplicarsi, visto l’interesse con cui è stata accolta la primizia.
Operazione economica, dicevamo, ma probabilmente anche ideologica. Il Codice Da Vinci di Dan Brown è solo l’esempio più fortunato di un filone che, da qualche anno, sembra un fiume in piena. Una pseudo-storia, una fanta-esegesi strizzano l’occhio al lettore, ammonendolo che uno come lui non può essere tanto sprovveduto da accettare il racconto delle Chiese “ufficiali“ –a cominciare da quella cattolica– sulle origini cristiane. Mica è come ce la contano da troppi secoli i preti, che sanno la verità, ma ce la nascondono. Ad esempio, sono disposti a ricorrere all’omicidio piuttosto che a far trapelare i “veri“ rapporti tra Gesù e Maria di Magdala, con le conseguenze che essi hanno avuto sulla storia dell’Occidente. Il che, come si sa, è la tesi centrale di Dan Brown che (come confermano i processi per plagio) non ha fatto altro che mescolare i contenuti di un cocktail stantio che già nel 1988 Umberto Eco metteva in burla -ferocemente quanto inutilmente- nel suo Pendolo di Foucault.
Se questo, comunque, è ciò che vuole il mercato, come non approfittare di un autentico <>, di un pezzo di quei <> in cui starebbe la verità celata, per ingolosire le masse, spingendole a comprare giornali, libri, vedere film, magari acquistare magliette, berretti, portachiavi ? I Dan Brown hanno ricostruito per voi la figura “autentica “ della Maddalena, altri quella di Pietro, di Simone di Cirene, di Nicodemo, di Gesù stesso: ecco a voi un Giuda come non avreste mai pensato, un amicone, un benefattore, un privilegiato da Dio, altro che lo sciagurato traditore di cui vi hanno sempre parlato quelle Chiese che vi menano per il naso. Carta, anzi papiro, canta...
La strumentalizzazione ideologica del reperto si è fatta esplicita, alla presentazione di Washington, quando qualcuno ha detto che –con il nuovo, benemerito Iscariota– si taglieranno le unghie all’antigiudaismo cristiano. Questa, ha commentato il quotidiano cattolico, Avvenire, se è vera non è altro che <>. Demenziale non solo perchè il cristianesimo ha sempre saputo che, se un apostolo israelita tradì, gli altri undici erano israeliti quanto lui, come lo erano i 72 discepoli e le migliaia di primi seguaci. E molti di quegli ebrei, figli di ebrei, preferirono il martirio al rinnegamento. Ma demenziale anche perchè la setta dei Cainiti, da cui viene il frammento, considerava il Dio degli ebrei come il Dio malvagio, in lotta mortale con quello buono, lo gnostico Dio Supremo. Distruggere lo Jahvé delle Scritture era lo scopo finale della storia. E Giuda era da esaltare proprio come campione coraggioso di questa battaglia contro il ripugnante Demiurgo semitico. Insomma, malgrado i furbeschi ammiccamenti al “dialogo“, questo non potrà proprio mettere tra i suoi testi fondanti il papiro offerto in vendita dagli editori americani.
Operazione economica, dunque, quella dell’altro ieri, visto che il National Geographic Magazine è tra i periodici più redditizi del mondo, con edizioni in molte lingue, italiano compreso. La sua sponsorizzazione per la traduzione e la pubblicazione del papiro trovato tra le sabbie egiziane non è certo disinteressata. Milioni di dollari verranno dall’aumento delle vendite in edicola, dall’acquisto del volume che sarà proposto in combinata col giornale, dal documentario comprato già da molte televisioni. Senza contare l’enorme pubblicità determinata dal fatto che, ieri, i media di ogni continente hanno citato la testata. Non a caso si sono scelti, per il lancio, i giorni che precedono la Settimana Santa, quando in tutta la cristianità risuonerà il nome di Giuda Iscariota e sarà più agevole che si parli di questo suo presunto “Vangelo“. Se è lecito un accenno personale: ieri, per tutta la giornata ho dovuto declinare inviti a partecipare a talk-show televisivi proprio su questa presunta scoperta. E alla mia sorpresa (<
Ma il forte odore di soldi ha aleggiato da subito attorno al papiro emerso negli anni Settanta dalla valle del Nilo, uno dei pochi luoghi (assieme al deserto di Giuda, da cui ci viene la biblioteca essenica di Qumràn) dove l’ aridità del clima permetta la conservazione di materiali così fragili. Non è più il tempo in cui pastori beduini cedevano ai mercanti di Gerusalemme e del Cairo giare piene di manoscritti in cambio di poche monete d’argento. Le biblioteche delle università europee, americane, australiane, persino giapponesi, si affrontano in aste memorabili per assicurasi brandelli di manoscritti dei primi secoli cristiani. Come ormai di norma in simili casi, non sono chiare le vicissitudini commerciali di questo “vangelo di Giuda“, ma sembra certo che il lungo rotolo sia stato tagliato in due. Una parte è quella presentata a Washington con il massimo clamore mediatico, un’altra parte sarebbe rimasta in cassaforte: il suo prezzo è destinato a moltiplicarsi, visto l’interesse con cui è stata accolta la primizia.
Operazione economica, dicevamo, ma probabilmente anche ideologica. Il Codice Da Vinci di Dan Brown è solo l’esempio più fortunato di un filone che, da qualche anno, sembra un fiume in piena. Una pseudo-storia, una fanta-esegesi strizzano l’occhio al lettore, ammonendolo che uno come lui non può essere tanto sprovveduto da accettare il racconto delle Chiese “ufficiali“ –a cominciare da quella cattolica– sulle origini cristiane. Mica è come ce la contano da troppi secoli i preti, che sanno la verità, ma ce la nascondono. Ad esempio, sono disposti a ricorrere all’omicidio piuttosto che a far trapelare i “veri“ rapporti tra Gesù e Maria di Magdala, con le conseguenze che essi hanno avuto sulla storia dell’Occidente. Il che, come si sa, è la tesi centrale di Dan Brown che
Se questo, comunque, è ciò che vuole il mercato, come non approfittare di un autentico <
La strumentalizzazione ideologica del reperto si è fatta esplicita, alla presentazione di Washington, quando qualcuno ha detto che –con il nuovo, benemerito Iscariota– si taglieranno le unghie all’antigiudaismo cristiano. Questa, ha commentato il quotidiano cattolico, Avvenire, se è vera non è altro che <
« Corriere della Sera » dell'8 aprile 2006
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