14 settembre 2016

Medicina migliorativa, l’altra faccia del doping

di Jean-Noël Missa
Il dibattito sul miglioramento delle prestazioni sportive è ovviamente molto vecchio, ma negli ultimi anni si è notevolmente evoluto. Le ragioni di questo rinnovamento crediamo siano due : la creazione dell’Agenzia mondiale anti-doping (AMA) e l’emergere della medicina migliorativa. La recrudescenza della lotta anti-doping dopo l’affare Festina nel Tour de France 1998 ha portato alla creazione dell’Agenzia mondiale antidoping (AMA) e all’applicazione di una filosofia proibizionista ufficialmente difesa dalle autorità sportive. La missione della Agenzia mondiale antidoping è di promuovere, coordinare e monitorare la lotta contro il doping nello sport in tutte le sue forme. È stata fondata nel 1999 come organizzazione internazionale indipendente. Composta e finanziata in parti uguali dal movimento sportivo e dai governi, l’AMA supervisiona la conformità delle pratiche sportive al Codice mondiale anti doping, un documento che armonizza le normative in materia di anti-doping in tutti gli sport e in tutti i paesi.
L’AMA ha lo scopo di promuovere una cultura dello sport privo di doping. La creazione dell’AMA ha avuto come effetto di porre fine al relativo lassismo nella lotta contro il doping che avevamo sperimentato negli ultimi decenni del XX secolo. La volontà politica di sradicare il doping ha portato a condannare molti atleti a pene più o meno lunghe di sospensione dalle gare e, indirettamente, alla pena detentiva per atleti illustri come Marion Jones.
Alcuni medici e filosofi ritengono oggi che l’obiettivo di sradicare il doping dallo sport sia un ideale irraggiungibile. Reputando controproducente la politica dell’AMA, essi sostengono diversi approcci pragmatici che consentono alcune pratiche di doping sotto controllo medico. La seconda ragione che conferisce al tema del miglioramento delle prestazioni sportive una dimensione filosofica ed etica che prima non possedeva è l’inclusione della questione del doping in un campo più ampio, la medicina migliorativa. La cancellazione dei confini tra medicina terapeutica classica e medicina migliorativa è una caratteristica fondamentale della biomedicina del ventunesimo secolo. Nella biomedicina contemporanea, i nuovi farmaci e le tecnologie terapeutiche possono essere utilizzati non solo per curare il paziente, ma anche per migliorare alcune capacità umane.
Un recente sondaggio ha mostrato che l’assunzione di dopanti cognitivi per migliorare le prestazioni accademiche era diventata una pratica corrente nelle università americane. Le sostanze usate dagli atleti per migliorare le loro prestazioni, prodotti come anfetamine, eritropoietina, corticosteroidi o ormone della crescita erano stati utilizzati in un primo tempo a scopo terapeutico.
Allo stesso modo, le tecnologie mediche, come la terapia genica o l’iniezione di cellule staminali possono essere applicate agli atleti per fini migliorativi. Questa evoluzione rappresenta un cambiamento di paradigma nella pratica medica. All’interno della medicina classica, terapeutica, si è sviluppata in modo impercettibile un’altra medicina il cui obiettivo non è di curare, ma di migliorare, una “medicina dopante”. Nel suo libro Better than Well, il filosofo e bioeticista Carl Elliott si è impegnato in una analisi dei vari aspetti delle tecnologie migliorative (enhancement technologies) nella società americana contemporanea.
Da una decina d’anni a questa parte, negli Stati Uniti e poi in Europa, molti autori - medici, filosofi, bioeticisti, giuristi - hanno affrontato il tema della tecnologie migliorative. La medicina non è più solo terapeutica. Alcuni si aspettano che intervenga per migliorare le prestazioni e “perfezionare” l’essere umano, ivi compreso l’ambito dello sport. In questo contesto, lo sport di competizione potrebbe diventare uno dei principali laboratori dell’enhancement. Gli atleti sono spesso disposti a correre rischi, compreso quello di usare sostanze dopanti o tecnologie sperimentali, per migliorare le proprie prestazioni. Per vincere una gara, battere dei record o guadagnare delle medaglie, alcuni atleti sono pronti a diventare oggetti di una vasta sperimentazione, condotta finora in clandestinità.
L’incontro tra lo sport e le biotecnologie migliorative solleva questioni di etica, filosofia e politica dello sport che non offrono risposte semplici. La politica di proibizione e repressione del doping non è certamente l’unica strategia possibile. Ci sono posizioni etiche (e politiche) diverse da quelle che stanno oggi dietro l’azione dell’AMA. Occorrerà attendere la conferma dell’inefficacia e il probabile fallimento dell’attuale politica anti-doping perchè altre soluzioni siano testate sul campo. Alcuni,partigiani di un’etica liberale, già sostengono la legalizzazione sotto controllo delle tecnologie migliorative nello sport. I loro argomenti meritano di essere presi sul serio, anche se questa legalizzazione presenta, anch’essa, effetti indesiderabili.

Traduzione dal francese di Michelina Borsari
«Il Sole 24 Ore» dell'11 settembre 2016

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