25 marzo 2014

Candy Crush, incantesimo milionario: psicologia e neurologia alla base del successo

Parla la creatrice del videogame da 100 milioni di utenti, ora studiato anche nella Silicon Valley: "Superare la frustrazione porta sollievo"
di Einrico Franceschini
Un profondo senso di frustrazione e poi il fiotto di orgoglio e sollievo che si ricava dall’averla trasformata in un passo avanti. E’ questo il segreto commerciale dietro il successo planetario di Candy Crush, il giochino delle caramelle da spostare, allineare, eliminare, che impazza su telefonini, tablet e computer di mezzo mondo. Un segreto con una base psico-scientifica, che ora viene illustrato in apposite classi su e giù per la Silicon Valley californiana, dove altri protagonisti della rivoluzione digitale lo studiano attentamente con l’obiettivo di imitarlo.
Lo rivela stamane una pagina di inchiesta del Financial Times, che cerca di capire come mai un passatempo apparentemente infantile come il "gioco delle caramelle" ha permesso all’azienda basata a Londra e fondata da un italiano, il 46enne Riccardo Zacconi, di guadagnare quasi l’80 per cento dei suoi 2 miliardi di sterline di fatturato annuo e di prepararsi a una quotazione alla Borsa di Wall Street che dovrebbe collocare a quota 7,6 miliardi di dollari il suo valore complessivo.
Come è noto ai circa 100 milioni di persone che ci giocano praticamente tutti i giorni, più volte al giorno, e come sa anche chi non ci gioca sbirciando inevitabilmente lo schermo del telefonino o del tablet di chi ci sta vicino al caffè, a scuola, in ufficio, in metrò, Candy Crush è un gioco gratuito – perlomeno fino a un certo punto. Poi, per superare un livello, si può acquistare un "aiutino" per pochi centesimi e questo solitamente permette di fare progressi da un livello all’altro del gioco e così superare gli amici con cui si compete in una sorta di campionato. Pagando o meno, mano a mano che si superano livelli la difficoltà del gioco aumenta; e aumenta anche il tempo che richiede superarne uno, insomma andare avanti. Restare bloccati provoca un senso di frustrazione. Riuscire finalmente a essere promossi al livello successivo suscita una scarica di adrenalina paragonabile a segnare un gol in una partita di calcio.
"Quando si raggiunge l’apice della frustrazione, Candy Crush offre un modo per sconfiggerla e provare sollievo e soddisfazione", spiega Nicole Lazzaro, inventrice e ricercatrice del gioco, al quotidiano della City. E il segreto del successo del giochino è proprio questo cocktail di frustrazione seguita da profonda gratificazione. Non sono sensazioni scatenate a caso. La frustrazione, osserva l’ideatrice di Candy Crush, è una delle quattro emozioni che ogni gioco di questo genere deve mettere in moto. Le altre tre sono curiosità, desiderio e divertimento. Nel presentare le potenzialità del gioco agli investitori, la King Digital Entertainment, la società londinese che produce il gioco delle caramelle e altri videogame per telefonino o computer, sottolinea di avere trovato "un processo di sviluppo senza uguali" nell’industria dei videogiochi per ripetere con lo stesso trucco, se così lo si può definire, il successo di Candy Crush anche con altri giochi.
E’ un metodo che parte da un’analisi psicologica e in sostanza neurologica di come funzionano il cervello e l’animo umano. Ed è in realtà un sistema, nota il quotidiano finanziario britannico, che suona familiare ad altri settori dell’intrattenimento di massa: la riuscita di film, libri, canzonette, è spesso legata agli stessi elementi. Naturalmente qualcuno può dubitare che produrre un best-seller dell’entertainment sia davvero una scienza: in fondo anche il caso ha un ruolo nel successo di un film, di un romanzo, di un gioco, senza contare che in Candy Crush, come in altri videogame, l’abilità del giocatore deve in qualche modo sposarsi alla fortuna per compiere progressi. E tuttavia la formula segreta del gioco delle caramelle viene presa sul serio sia dalle aziende dell’industria dei videogame, sia dal mondo accademico. "Candy Crush è un gioco dal funzionamento perfetto", dice al Financial Times Mathias Crawford, che insegna "game design" (come disegnare un gioco – sì, esistono anche materie del genere nelle università americane) alla Stanford University. "Quando impari ad azionare i tuoi responsi pavloviani nel modo giusto, sei inevitabilmente portato a rispondervi". Cioè a continuare a giocare. E a fare guadagnare sempre più soldi ai creatori del giochino che sta conquistando la terra.
«la Repubblica» del 24 marzo 2014

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