04 luglio 2013

Il bestseller su Dante è del prof del liceo

Il personaggio: «I miei studenti mi chiedono di tutto su di lui, manco fossi suo amico»
di Francesco Alberti
Francesco Fioretti, 53 anni, docente abruzzese
Con un enigma numerologico, vende 300 mila copie
Prima dell'enigma numerologico dantesco, scintilla quasi casuale scoperta tra le righe della Divina Commedia e da cui prese poi vita il suo best seller (Il libro segreto di Dante per la Newton Compton Editori), un altro enigma, e del tutto personale, ha agitato a lungo l'animo di Francesco Fioretti, 53 anni, abruzzese con origini siciliane, una laurea in Lettere a Firenze, un curriculum didattico tra i licei di Bergamo e Fano e un dottorato in studi danteschi all'Università tedesca di Eichstatt. L'enigma era il seguente: «Sarò uno scrittore? Sarò mai capace di superare l'invisibile, ma enorme confine tra la scrittura di un saggio e quella di un romanzo?». Oggi Fioretti, dalla sua casa di Fano, la moglie tedesca al fianco e l'amato Adriatico a fare da sfondo, potrebbe tranquillamente dire che la risposta all'enigma personale sta nelle 300 mila copie vendute dal 2011, anno d'uscita del libro: per 6 settimane nella top ten dei più acquistati, per 22 ai primi posti della narrativa italiana, 31 edizioni in 10 mesi, cessione dei diritti in Spagna, Serbia, Corea, Russia, Brasile, Polonia, Olanda.
Potrebbe. Eppure non lo dice. Non ci riesce proprio. Dopo quel successo, di libri ne ha scritti altri due: Il quadro segreto di Caravaggio (5 edizioni e 70 mila copie vendute) e La profezia perduta di Dante (in uscita in questi giorni, ma già alla prima ristampa, sempre con Newton Compton Editori). A chi gli chiede qual è la cosa che più è cambiata nella sua vita dopo l'improvviso successo letterario, risponde: «Ora sono condannato a scrivere». E non è snobismo fine se stesso, ma la consapevolezza che rispetto al primo libro («Scritto quasi di nascosto, senza dirlo a nessuno, continuando a chiedermi: "Ma riuscirò mai a finirlo?"... »), qualcosa è cambiato, non è più un gioco. Fioretti, se il suo ultimo libro fosse un flop, qual è la prima cosa che le viene in mente? «La parola libertà. Ecco, sì, forse sarei più libero. Inutile negare che la spensieratezza, per modo di dire, dei primi romanzi è difficile da ritrovare: è così per tanti, lo è anche per me...».
Da taluni avvicinato al Codice da Vinci di Dan Brown, a metà strada tra il thriller storico e la saga familiare, mix di finzione e realtà, fantasia e una robusta architettura storica, il tutto calato nella crisi economica del Trecento (inevitabile il parallelismo con quella attuale): l'esordio letterario di Fioretti (alla fresca età di 50 anni) è la sintesi di un percorso che mai avrebbe pensato lo portasse in libreria: «La passione per Dante è nata al liceo, trasmessa da un insegnante che aveva scritto alcune voci per l'Enciclopedia dantesca. Poi sono andato in Germania e prima ho curato saggi e antologia per le scuole». La scintilla è scoccata nel 2007 quando Fioretti ha scoperto un enigma numerologico che consente di interpretare alcuni passi profetici della «Commedia».
Intenzionato sulle prime a scrivere un saggio, il dantista, trasformato l'enigma in una sorta di «codice Alighieri» per leggere nella «Commedia» messaggi occulti, ha poi deciso di costruire attorno a ciò un romanzo che, prendendo le mosse dalla morte di Dante, a cavallo tra la fine del boom economico del Duecento e la crisi del Trecento, si snoda attorno alle figure della figlia del poeta, suor Beatrice, di un ex templare e di un medico alla ricerca della vera causa della morte di Dante (ucciso dalla malaria o assassinato da qualche oscuro nemico?). Il successo è arrivato subito: «Sulle prime, ero frastornato. Poi ho capito che il messaggio di Dante, politico ai suoi tempi sconfitto, poteva avere ancora un valore in questa Italia ripiegata su se stessa». Fioretti ha appena terminato l'anno scolastico in un liceo scientifico di Fano: «I miei studenti sanno dei libri e mi tempestano di domande su Dante, di ogni tipo, neanche fossi un suo amico...». Le vie della didattica sono infinite.
«Corriere della sera» del 4 luglio 2013

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