20 luglio 2013

Guerrieri omerici prima di Omero

Il ritrovamento dieci anni fa, ora un saggio scientifico riscrive una pagina della manifattura e della cultura greca
di Anna Lucia D’Agata
Una danza armata dipinta su un vaso cretese del X secolo a.C. La scoperta eccezionale aiuta a ridefinire i processi civili e sociali di iniziazione dei giovani
Nessuno nel mondo antico poteva dirsi più abile dei cretesi nell’arte della danza. Gli abitanti dell’«isola dalle cento città» erano considerati danzatori per antonomasia e tale fama appare già ben radicata nei poemi omerici. Vi si narra che a Cnosso, Dedalo, il leggendario artefice del Labirinto, aveva costruito per Arianna «dalla bella chioma» una pista da ballo, dove giovani e fanciulle danzavano tenendosi per mano, piroettando su se stessi, o lanciandosi in assolo acrobatici.
L’eroe cretese Merione, discendente dal mitico re di Creta Minosse (e atleta protagonista dei giochi funebri per Patroclo), è detto capace di schivare la lancia nemica proprio in virtù della sua abilità nella danza. A Creta, infine, e ai Cureti, leggendari daimones cretesi, era assegnata l’invenzione della più celebre delle danze, la danza armata o pyrriché, che svolgeva un ruolo primario nell’educazione dei giovani. Riservata a occasioni molto speciali come cerimonie funebri o iniziazioni giovanili, e finalizzata all’esibizione dell’abilità individuale, la danza armata era il mezzo attraverso cui i giovani greci imparavano a usare le armi al suono della musica, a maneggiare in maniera appropriata lancia e scudo, ad acquisire la necessaria agilità fisica per combattere fianco a fianco con i loro compagni.
I danzatori di pyrriché erano rappresentati nudi, con indosso solo lo scudo e l’elmo, e con in mano un’arma d’offesa, la lancia, la spada o il giavellotto. Era in occasione del loro ingresso nel mondo degli adulti, quando venivano acclamati cittadini, e venivano loro assegnati armi e fanciulle come spose, che i giovani cretesi erano chiamati a danzare: allora, al pari dei Cureti — come testimonia un antico inno riportato su un’iscrizione di epoca romana, trovata nel santuario della città di Itanos a Palaikastro, sul versante orientale dell’isola — danzavano in armi attorno all’altare di Zeus.
Nel 2002 a Creta, nello scavo dell’insediamento sulla collina della Kephala, alle propaggini occidentali del massiccio dello Psiloriti e all’interno del territorio della futura città greca e romana di Sybrita, è stato scoperto un cratere fittile decorato con la più antica scena di danza armata, in Grecia, che si data al X secolo a.C. e la cui pubblicazione scientifica è appena apparsa su una rivista specializzata del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il vaso è un manufatto rivoluzionario che consente di trascinare indietro di alcuni secoli, ben prima di Omero e della nascita della polis nel corso dell’VIII secolo a.C., l’origine della danza armata, pratica sociale tra le più importanti della Grecia antica.
La regione dello Psiloriti è la provincia aspra e impervia di Creta che include anche ilmonte Ida, la vetta più alta dell’isola. Proprio qui la mitologia greca ha collocato la nascita e l’infanzia di Zeus, custodito dai Cureti in una grotta inaccessibile nella quale il fragore creato dai loro scudi avrebbe nascosto i vagiti del bimbo al padre Cronos che lo voleva divorare. Qui l’archeologia moderna ha individuato il santuario in grotta dell’antro Ideo, identificato dagli antichi come culla di Zeus e unico santuario pancretese che l’isola abbia mai avuto.
Anche oggi la regione dello Psiloriti mantiene una sua forte identità, caratterizzata da un’economia spiccatamente pastorale e dalla persistenza di un sistema sociale arcaico, fondato sull’incontrastata preminenza di valori tradizionalmente maschili. In quest’area di Creta la ricerca etnografica ha mostrato come le differenze culturali siano costruite attraverso pratiche sociali che celebrano appunto la mascolinità. Un maschio deve saper bere a dismisura, saper usare le armi, saper danzare, saper razziare gli animali, a un livello tale di eccellenza che tutti lo possano immediatamente riconoscere. Attraverso queste azioni, modi di comportamento speciali, e oggetti come la lira, strumento musicale cretese per eccellenza, diventano il simbolo di gruppi locali e riflettono (ma allo stesso tempo creano), valori condivisi che danno forma alle istituzioni sulle quali la comunità tradizionale è fondata. Volendo indagare le strutture sociali della stessa area alla fine del II millennio a.C. — una fase nella quale l’unico gruppo sociale discernibile è quello dei guerrieri, e la maggior parte delle rappresentazioni figurate rimandano alla caccia — è stato per me quasi inevitabile fare ricorso all’approccio etnografico che si applica al panorama culturale cretese moderno.
Il cratere fittile della danza armata è stato ritrovato all’estremità occidentale dell’insediamento sulla Kephala nel vano principale dell’Edificio 3. Contesto e natura degli oggetti associati al cratere fanno intendere che il vaso fosse stato usato in un ambito elitario e, data la sua complessa rappresentazione figurata, al momento senza confronti, deve essere stato prodotto su commissione per un evento specifico che includeva certo un banchetto: un evento che, possiamo immaginare, a livello locale sia rimastomemorabile. Sul vaso di Sybrita sono dipinti tre guerrieri in armi che a differenza delle raffigurazioni note tra XII e VIII secolo a.C. non sono rappresentati in processione o nell’atto di combattere ma con le braccia sollevate e le palme aperte in atto di danzare. Accanto a loro, una lira e un cimbalo o timpano, strumento musicale simile a uno scudo, alludono all’accompagnamento musicale che doveva scandire la danza dei guerrieri.
Quando il vaso venne dipinto, l’alfabeto non aveva ancora fatto in Grecia la sua comparsa, ma certo storie fantastiche e di eroi — alcune formatesi nelle corti dei palazzi minoici emicenei, altre acquisite dall’ambiente mediterraneo e vicino-orientale — erano da molti secoli recitate e tramandate in forma orale. Molte di queste avrebbero più tardi contribuito alla stesura dell’Iliade e dell’Odissea. La raffigurazione sul vaso di Sybrita non ha precedenti nel repertorio cretese dell’età del Bronzo, né può essere collegata alle scene di derivazione orientale presenti su qualche vaso da Cnosso, allora uno dei principali centri dell’isola. Piuttosto essa deve essere considerata l’invenzione originale di un artigiano che ha tratto ispirazione dal contesto sociale nel quale viveva. In una società fondata sulla comunicazione orale la scena rappresentata, perché avesse successo, doveva essere ben comprensibile al pubblico e contribuire allo sviluppo di un linguaggio visivo comune. Di fatto in Grecia antica le rappresentazioni figurate erano fondate su un discorso narrativo che si stabiliva tra artigiano e fruitori del vaso: attraverso di esso contribuivano entrambi alla costruzione delle storie rappresentate e alla loro trasmissione. In altri termini, le scene figurate non avevano solo intento decorativo, ma svolgevano anche un ruolo socialmente attivo all’interno del loro contesto di riferimento.
La scena rappresentata sul vaso della danza armata è un indizio importante del fatto che nell’insediamento sulla Kephala, a due secoli di distanza dal collasso delle strutture statali dell’età del Bronzo, una comunità socialmente e politicamente articolata aveva nuovamente preso forma sotto la guida di corpi privilegiati che si connotavano come guerrieri, che gestivano l’attività di culto ufficiale ed erano interessati alla propria autorappresentazione. Se dunque il cratere è la forma simbolo del banchetto, la scena di danza armata codifica i modi in cui un gruppo della comunità di Sybrita assegnò a se stesso il privilegio dell’iniziazione maschile, celebrandolo, forse per la prima volta, con una cerimonia che deve aver incluso anche un banchetto. Il vaso può essere considerato l’espressione iconografica e rituale di quell’istituzione che consentiva alla società locale di assicurare la propria continuità, e che avrebbe dominato la forma peculiare di polis che si sarebbe sviluppata a Creta: un sistema basato su gruppi di età in cui l’appartenenza familiare e il legame con il clan ricopriva il ruolo più importante.
In tal senso il cratere di Sybrita sembra esprimere un ideale di mascolinità che va oltre la celebrazione dell’abilità fisica e sostiene la formazione di una «leadership» in grado di assicurare la permanenza al vertice di uno specifico gruppo familiare. Rimandando a un modello di stabilità sociale forse connesso agli stadi iniziali della città-stato, la scena sul cratere di Sybrita raffigura la pratica dell’iniziazione maschile, e i guerrieri rappresentati si possono identificare con giovani cretesi appena ammessi al corpo degli adulti. Ed è verosimile pensare, come aveva intuito Jane Harrison nella Cambridge degli inizi del ’900, che siano stati simili rituali a dare vita amiti come quello dei Cureti ai quali viene attribuita l’origine della danza armata nell’isola. A più di cento anni da quella intuizione, il cratere di Sybrita esorta amantenere attivo il dialogo tra antropologia, sociologia e Grecia delle origini.
«Corriere della Sera - suppl. La lettura» del luglio 2013

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