09 gennaio 2013

Plauto: il linguaggio metaforico

Brano tratto da Plauto, Miles gloriosus, a cura di P. Santini, Carlo Signorelli Editore 1994
Una delle caratteristiche più rilevanti della lingua e dello stile di Plauto è la dovizia degli impieghi metaforici, la particolare ricchezza di immagini, attinte a vari ambiti concettuali, che le parole utilizzate dal Sarsinate riescono ad evocare con pittoresca icasticità. Il ricorso continuo alle metafore, di corposa e immediata evidenza, dà un preciso connotato figurativo e un taglio popolareggiante ad uno stile che pure è ricco di espedienti retorici anche raffinati. Le metafore forse più usate nelle commedie plautine sono quelle di tipo militaresco: gli intrecci plautini comportano infatti spesso una lotta, giocata sul filo dell’astuzia e dello stratagemma, fra i servi, che progettano inganni a beneficio dei loro padroni, e i loro antagonisti; questa lotta è in genere assimilata ad una vera e propria guerra, da condursi con armi e tattiche affini a quelle militari. Linguaggio metaforico di questo tipo si può leggere in Mostellaria 775 segg. (il servo Tranione paragona le sue imprese a quelle dei grandi generali) e 1041 segg. (monologo di Tranione), Bacchides 709 segg. (discorso del servo Crisalo), Asinaria 267 segg. (il servo Leonida immagina di essere un comandante trionfatore). In Captivi 901 segg. il parassita Ergasilo assimila le sue fatiche di mangiatore alle imprese militari. Immagini di ambito forense e giuridico si trovano in Epidicus 685, Truculentus 241 e 822 e Cistellaria 72; di tipo mitologico in Bacchides 810, Menaechmi 935; di ambito agricolo in Menaechmi. Non mancano le metafore di tipo animalesco, tra cui spicca la metafora-indovinello di Asinaria 695: fac proserpentem bestiam me, cioè «rendimi un serpente», baciandomi; così potrò avere in bocca due lingue (come i serpenti, che hanno la lingua biforcuta), la mia e la tua.
Nel Miles gloriosus le metafore più numerose sono quelle di tipo militare, che assimilano l’opera di Palestrione, ideatore del piano, e dei suoi collaboratori ad azioni belliche vere e proprie: si pensi al massiccio impiego di tali immagini ai vv. 219 segg. (discorso di Periplecomeno a Palestrione) e in vari altri punti del testo (vv. 464, 590, 1157). Altre metafore efficaci sono quelle attinte al mondo delle costruzioni e imperniate sull’idea chiave del servo-architectus, «costruttore» di inganni (in particolare vv. 915 segg.) e della fabrica, cioè della «macchinazione» operata dal servo ingegnoso (vv. 147 e 772). Al v. 1091, con abile variatio concettuale, la macchinazione ai danni del soldato smargiasso è assimilata ad una navigazione in un mare procelloso, da tenere con saggia prudenza (cfr. il verbo gubernare).
Postato il 9 gennaio 2013

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