05 ottobre 2012

Il piano nazista per l’Europa sterile

di Enrico Paventi
La sconfinata mole delle ricerche che, nel corso degli ultimi de­cenni, hanno cercato di rico­struire e analizzare la storia del lager di Auschwitz si è arricchita recente­mente di un contributo che focaliz­za la sua attenzione sugli esperimenti medici condotti sulle prigioniere. Nel suo saggio Die Frauen von Block 10 (pubblicato in Germania da Hoff­mann und Campe) lo storico Hans-Joachim Lang esamina le vicende le­gate al cosiddetto Block 10 , la barac­ca nella quale, nel campo principale di Auschwitz, dall’aprile del 1943 al gennaio del 1945 vennero effettuati esperimenti su circa 800 ebree. Due clinici, Horst Schumann e Carl Clau­berg, utilizzarono le recluse come ca­vie per mettere a punto un metodo di sterilizzazione, altri medici si de­dicarono invece a effettuare speri­mentazioni sul sangue delle detenu­te, altri ancora tentarono di indivi­duare alcune caratteristiche antro­pologiche di queste ultime. La don­ne internate nella baracca 10 furono inizialmente 264, provenienti in par­ticolare da Grecia, Belgio, Germania, Francia e Olanda: se avessero rifiu­tato di sottoporsi agli esperimenti, sarebbero state assegnate alle squa­dre di lavoro o inviate nelle camere a gas. Lo storico sostiene in ogni caso co­me l’impulso decisivo all’allesti­mento della baracca 10 di Auschwitz e ai successivi esperimenti sia venu­to da Heinrich Himmler, il Reich­sführer delle SS, che era interessato a sviluppare tecniche finalizzate a rendere sterili in maniera rapida e af­fidabile donne «razzialmente infe­riori».
Himmler intendeva cioè sele­zionare la popolazione della Polonia e delle altre regioni dell’Europa o­rientale che erano state occupate di recente per abbassare, in tutti i mo­di possibili, l’elevato tasso di nata­lità degli ebrei e dei polacchi. Si trat­tava della cosiddetta «politica de­mografica negativa» che, secondo i propositi del capo delle SS, avrebbe dovuto caratterizzare il futuro dei po­poli presenti nell’Europa dell’est, la cui «forza biologica» sarebbe stata pertanto da annientare. L’idea era in­somma di sfruttarne per un verso tutta la capacità lavorativa e di de­stinarli per l’altro – attraverso la ste­rilizzazione di massa – a un progres­sivo declino demografico. Se è vero che Clauberg e Schumann erano sta­ti chiamati dai vertici delle SS a oc­cuparsi soprattutto del programma di sterilizzazione occorre però ricor­dare, come si è accennato, che nella baracca 10 furono condotte anche ri­cerche sul sangue: l’Istituto di igiene di Berlino intendeva scoprire ad e­sempio se, attraverso determinate metodologie, si riuscisse a innalzare il numero dei titoli anticorpali dei gruppi sanguigni. Bruno Beger, un medico che arriva ad Auschwitz nel giugno del 1943, riceve dal canto suo l’incarico di studiare gli ebrei e le e­bree sotto il profilo antropologico. Queste ricerche riguardarono le mi­sure della testa e del viso, il colore della pelle, dei capelli e degli occhi nonché la forma della testa, dell’oc­cipite, del naso e della bocca.
Gli esperimenti provocano sulle “ca­vie” dolori lancinanti e causano nel migliore dei casi febbre alta, nel peg­giore infezioni, infiammazioni delle ovaie o addirittura la morte. Le numerosis­sime testimonianze raccolte da Lang e ci­tate nel saggio non la­sciano alcun dubbio al riguardo. Una volta portata a termine la prima serie dei suoi e­sperimenti, Clauberg scrive a Himmler il 7 luglio del 1943: «Il me­todo da me ideato per effettuare la sterilizza­zione dell’organismo femminile senza ope­razione è stato messo pressoché a punto. Consiste in una sola i­niezione eseguita nel­l’apertura dell’utero e può essere praticato – nel corso dei consue­ti, noti esami gineco­logici – da ogni medi­co».
Alcuni mesi dopo, nell’inverno dell’anno seguente, torna a scri­vere a Himmler sostenendo di aver portato a termine gli esperimenti, i cui risultati avrebbero potuto essere sottoposti al vaglio di una commis­sione. Afferma inoltre, a riprova del successo della sua attività di ricerca, di aver sterilizzato di propria mano, fino all’autunno del 1943, 23 donne; il suo collaboratore Goebel, fino al tardo autunno del 1944, ne avrebbe sterilizzate altre 127. Il 18 gennaio del 1945 il lager viene evacuato e le re­cluse vengono costrette a intrapren­dere una marcia nella neve e senza cibo in varie direzioni. Alcune di loro raggiungeran­no Ravensbrück, altre Cracovia, altre Bergen­ Belsen. Successiva­mente alla fuga delle SS, saranno liberate rispettivamente dalle truppe russe e da quel­le inglesi. Carl Clauberg morì il 9 agosto del 1957. Si tro­vava in regime di cu­stodia cautelare. Il processo nei suoi confronti non era an­cora iniziato. Le po­che sopravvissute ai trattamenti subiti nel­la baracca 10 e alle successive marce del­la morte non potero­no dunque deporre contro di lui. Come non poterono depor­re contro Horst Schu­mann, poiché il giudizio di primo grado per gli esperimenti di steriliz­zazione non venne avviato a causa del cagionevole stato di salute del­l’imputato.

«Avvenire» del 3 ottobre 2012

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