10 luglio 2012

Il galateo (eccessivo) ai tempi dei social network

Tecnologia e buone maniere
di Maria Luisa Agnese
Dai consigli per l'uso di telefonini e computer durante le feste alle «app» su come è giusto comportarsi
È qui la festa? Un tempo si entrava e se non si conosceva nessuno ci si rassegnava a fare tappezzeria; ora c'è il cellulare, salvifico compagno di viaggio, quasi un'escort sociale che, se la conversazione langue, ci sottrae alla solitudine e alla tappezzeria e ci mette in contatto con il mondo. Ma trasforma anche e parecchio la dinamica del party contemporaneo, dove ognuno si aggira con un cellulare in mano, dando notizie in diretta a chi non c'è (alla festa) di quel che sta succedendo (alla festa), scattando foto di chi c'è (alla festa) da pubblicare subito su Facebook e su Twitter, in modo che chi non è (alla festa) possa avere la sensazione di esserci.
Ma obbligando la padrona di casa a slalom sociali e fisici impensabili fino a qualche tempo fa. Per non parlare dei problemi che possono sorgere quando avanzano i camerieri con le portate e non rimane un posto libero né sui tavoli né sui tavolini d'appoggio e neppure negli angoli delle librerie, tutti ormai occupati dai cellulari in libera uscita.
Nascono così, di fronte a questa irruzione della tecnologia nelle regole della buona società, tentativi di riequilibrare, si sente l'urgenza di fabbricare nuovi galatei a caccia di codici di comportamento che rimettano un po' in ordine le cose. E che arginino le maleducazioni insorgenti di chi ti fotografa a bruciapelo senza chiedere neppure il permesso. Così il Wall Street Journal ha tentato addirittura un decalogo per i party al tempo del cellulare, ben raccontato dal disegno di questa pagina: primo, vigilare perché le zone di servizio non siano intasate dai cellulari, poi appoggiare da qualche parte un cestino dove poterli raccogliere, cercare di far impilare i telefoni a centro tavola per non disturbare la conversazione, evitare Skype e così via.
Una necessità di reagire e di ricomporsi che però a volte diventa a sua volta eccessiva e, per paradosso, tocca punte di integralismo antimodernista. Due promessi sposi australiani, Jacqui Stewart, 28 anni e Andrew Turner, 27, entrambi impiegati in aziende tecnologiche, nel giorno del loro matrimonio hanno invitato gli amici a chiudere tassativamente i cellulari per tutta cerimonia e la festa che seguiva: «Siate carini, vogliamo goderci questo giorno». Anche il delirio di regolamentazione dunque può essere turbativo quanto l'uso eccessivo e deregolato della tecnologia, lo dimostra la continua offerta di «app» di buone maniere aggiornate ai tempi, per iPhone e iPad, ce ne è persino una che insegna il bon ton per Foursquare, il social network che si basa sulla condivisione della propria posizione geografica.
Per questo Bevy Smith, grande organizzatrice di party per aziende e celebrities, ha perfezionato un metodo infallibile, ma non scritto: l'occhiataccia con cui fulmina chi sta messaggiando e twittando oltremisura. E anche altri, piuttosto che inseguire una manualistica ingessata e un po' ridicola, preferiscono inventarsi le regole lì per lì, come ha fatto Brené Brown, docente a Houston, in occasione del pigiama party di sua figlia undicenne: avendo notato che le fanciulle si messaggiavano con chi alla festa non c'era, Brené è arrivata con bel cestino con su scritto «Solo telefonate con i genitori. Godetevi chi è alla festa: sono persone fantastiche!». E ha invitato tutte a mettere i cellulari là dentro e a dimenticarli. Come dire che, ormai, più che bon ton ci vuole buon senso.
«Corriere della sera» del 10 luglio 2012

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