13 luglio 2012

I matrimoni durano quindici anni. Più separazioni tra i sessantenni

Ci si sposa tardi e nell'85 per cento dei casi la scelta di dividersi è consensuale
di Valentina Santarpia
Il rapporto dell'Istat: ci si lascia quando lui ha 45 e lei 42 anni
Le coppie italiane continuano a «scoppia-re»: il 30% delle nozze naufraga al giro di boa dei 15 anni ed è sempre più frequente l'addio tra sessantenni.
A confermarlo è il rapporto dell'Istat «Separazioni e divorzi in Italia» secondo cui nel 2010 ci sono state 307 separazioni (+2,6% rispetto all'anno precedente) e 182 divorzi (-0,5%) ogni mille matrimoni, un trend in continua crescita. Nel '95, a non stare a galla erano 158 coppie su mille. Non c'è un'età «giusta» per rompere il pattc d'amore, ma il flop avviene più frequentemente quando i mariti veleggiano intorno ai 45 e le mogli intorno ai 42, mentre fino a dieci anni fa ci si separava tra i 35 e i 39 anni.
Coppie più resistenti? Niente affatto: «L'innalzamento dell'età della separazione - spiega l'Istat - è il risultato sia della maggiore propensione allo scioglimento di unioni di lunga durata, sia di un processo di invecchiamento complessivo della popolazione dei coniugati». Insomma, ci si sposa più tardi (meno di un matrimonio su quattro vede attualmente entrambi gli sposi sotto i 30 anni) e comunque si hanno meno scrupoli, rispetto a un tempo, a chiudere un matrimonio anche se si sta insieme da tempo. Tanto è vero che negli ultimi dieci anni sono passati dal 5,9% al 9,9% gli uomini con più di sessant'anni che optano per la separazione. Le donne sono un po' meno, ma anche loro in crescita, con un valore raddoppiato (dal 3,6% al 6,4%) nel periodo 2000-2010. E rispetto al 1995 le separazioni che arrivano dopo aver festeggiato le nozze d'argento (25 anni di matrimonio) sono più che raddoppiate.
C'è una categoria a rischio? Forse sì, visto che laureati e specializzati si lasciano con più disinvoltura di chi ha trascorso meno anni sui banchi di scuola, contrariamente a quanto accade nel resto d'Europa: sono più propense a separarsi - sottolinea l'lstat - le coppie con un titolo di studio più elevato e «prevalentemente se marito e moglie hanno lo stesso livello di istruzione». Numeri alla mano, nel 2010 ci sono state 4,4 separazioni ogni mille uomini laureati e solo 1,3 per chi aveva solo la licenza elementare.
Il 20,7% delle separazioni giudiziali avviene tra coniugi con basso livello di istruzione e il 14,5% nel Mezzogiorno. Mentre per fortuna generalmente ci si toglie la fede senza farsi guerra: nell'85,5% dei casi - rileva il report dell'Istituto di statistica - la separazione è consensuale.
Scoppiano anche le coppie miste, «e in più di sette casi su dieci, la tipologia che arriva a separarsi è quella con marito italiano e moglie straniera». Nel 2010 sono state oltre 7.000 le separazioni delle coppie miste, pari all'8,1% di tutte le separazioni contro il 9,2% del 2000. E non ci sono figli che tengano: il 68,7% delle separazioni e il 68,5% dei divorzi hanno riguardato coppie con prole. Che viene «gestita» in maniera condivisa nel 90% dei casi: nel 9% dei casi i figli sono affidati solo alla madre, mentre «la quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi». Nel 20,6% delle separazioni uno dei due coniugi (nel g8% dei casi è il marito) deve versare un assegno di mantenimento all'altro: l'importo medio è più alto al Sud (520 euro) che nel resto del Paese (447,4).
Eppure c'è chi ci riprova. «Nell'ultimo anno - sottolinea l'Associazione avvocati matrimonialisti italiani - i secondi matrimoni sono stati il 14% del totale».
«Corriere della sera» del 13 luglio 2012

Nessun commento: