16 maggio 2011

Il decalogo salva-nozze della nonna

Nel 1906 Emilia Bernardini Macor teneva una rubrica con consigli su come gestire la coppia, trattando l’uomo con condiscendenza per fargli credere di essere lui a comandare. Un secolo dopo un libro li riscopre e la pronipote li commenta

di Annamaria Bernardini De Pace

La mia bisnonna paterna si chiamava Emilia Bernardini Macor e, dalla fine dell'ottocento, prima sul Corriere Meridionale poi sulla Provincia di Lecce, testate dirette e fondate dal marito Nicola, curava rubriche di costume, moda e cultura.
Il titolo delle sue pagine incuriosisce ancora oggi: «Di piatto, di taglio, di punta», «Punti, appunti e puntini», «Farfalle erranti». Ho avuto finalmente l'occasione di leggere i suoi pezzi quando ho ricevuto in regalo il libro della studiosa Annalisa Pellegrino, alla grande giornalista dedicato, edito da Mario Congedo.
Un articolo in particolare voglio condividere con i lettori del Giornale, soprattutto per sottolineare quanto fosse significativa la scrittura femminile 106 anni fa (questo pezzo è del 22 gennaio 1905) e, soprattutto, quanto sorprendente. Scritto da una madre di cinque figli, sempre in pantaloni e che fumava il toscano mentre si occupava della redazione del giornale.
La mia bisnonna viveva nel meridione d’Italia, ancora oggi considerato dai più territorio di arretratezza culturale e sociale. E, invece, un giornale quotidiano, non certo allora indirizzato a un pubblico anche femminile, grazie agli uomini che lo dirigevano si rivolgeva alle donne per proporre alle nuove generazioni modelli culturali e comportamentali che uscissero dallo stereotipo della femmina meridionale schiava del marito, spettatrice più che attrice oltre i confini della casa familiare. Erano i tempi di Matilde Serao e Carolina Invernizio; non si poteva pretendere di agganciare il pubblico della buona borghesia con idee progressiste quali il divorzio o la parità dei sessi: tuttavia i consigli che Emilia Bernardini offre in questo decalogo - e che oggi, se seguiti, in parte, darebbero linfa a molti matrimoni disseccati in attesa di divorzio - trovano un’interessante mediazione tra l’apparire moglie docile e l’essere moglie forte. Basta meditare sul significato profondo e strategico, nonché sull'invito alla protezione della propria dignità. In particolare nel suggerimento numero 9.

Ecco il Decalogo della buona moglie.

A Guardati dalla prima contesa con tuo marito, ma se ciò avviene, troncala subito, è meglio che se ne uscissi vittoriosa.

B Non dimenticare che sei maritata ad un uomo e non ad un santo, acciocché non ti sorprendano le sue imperfezioni.

C Non tormentarlo ogni momento per denaro, ma cerca di sopperire a tutto con la somma che egli ti assegna.

D Se tuo marito non possedesse un cuore, egli è fuor dubbio, fornito di uno stomaco, perciò tu farai bene a preparargli cibi buoni e sani, per acquistarti il di lui favore.

E Di quando in quando, non sempre, lascia a lui l'ultima parola, ciò lo metterà di buon umore e a te non nocerà punto.

F Leggi, oltre agli annunci di nascita, di matrimonio, di morte, anche gli articoli dei giornali. Sii informata di ciò che succede nel mondo, così fornirai a tuo marito occasioni di poter parlare in casa degli avvenimenti senza che egli vada ad informarsene.

G Anche in contesa, sìì sempre gentile con lui. Ricordati che tu lo vedevi di buon occhio quando era tuo fidanzato: ora non lo guardare con occhio torvo.

H Lascia talvolta che egli sostenga di saperne di più di te; egli avrà coscienza della propria dignità e sarà bene che tu ceda qualche volta per dimostrare che non sei infallibile.

I Sii verso tuo marito un’amica, perché egli sia un uomo prudente; se non lo è, cerca allora di elevarlo a tuo amico, innalzati, ma non abbassarti a lui.

J Stima i parenti di tuo marito, se non riesci ad amarli, e soprattutto sua madre; egli l'amò molto tempo prima di te.

Credo che se le mogli, nel tempo, avessero seguito questi insegnamenti, oggi probabilmente io sarei senza lavoro. Negli anni 70 non ci sarebbero state le battaglie per il divorzio. Le donne sarebbero certo più onorate.
Sempre che i mariti, nel frattempo, avessero perso l'inestinguibile vizio di tradire. Perché «farfalle erranti» sono più gli uomini, che le donne (per ora).

«Il Giornale» del 16 maggio 2011

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