02 febbraio 2011

Atlas a caccia del bosone

La chiamano «particella di Dio»: dimostrando la sua esistenza le nostre conoscenze fisiche ne verrebbero rivoluzionate e si potrebbe capire cosa avvenne pochi istanti dopo il Big Bang
di Antonino Frusone
Parla Fabiola Gianotti, la scienziata italiana che guida la ricerca al Cern di Ginevra
È un viaggio che condurrà l’uo­mo e la ricerca scientifica a ca­pire l’origine del cosmo e cosa avvenne negli istanti successivi al Big Bang - dopo il quale si produsse l’u­niverso così come noi lo conoscia­mo - quello intrapreso nell’accelera­tore di particelle elementari più po­tente che sia mai stato costruito, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. A guidare circa tremila scienziati di tutto il mondo nell’e­sperimento più importante, deno­minato Atlas, è Fabiola Gianotti, fisi­ca e ricercatrice milanese.
Il progetto dovrebbe permettere di spiegare misteri tuttora non risolti, quali la composizione della materia oscura dell’universo, l’esistenza o meno del famoso bosone di Higgs (anche detta 'particella di Dio', per­ché portatrice di forza del campo di Higgs, che si ritiene permei l’univer­so e dia massa a tutte le altre parti­celle oggi conosciute), la struttura dell’universo primordiale un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, la possibile esistenza di nuove forze e nuove (microscopiche) dimensioni spaziali.
Il rivelatore Atlas è installato in un’e­norme caverna sotterranea presso il laboratorio del Cern di Ginevra. È lungo 45 metri, alto quanto un edi­ficio di cinque piani e pesa un po’ meno della torre Eiffel. È costituito di componenti di altissima tecnologia, realizzati da circa tremila scienziati di tutto il mondo. Circa duecento fi­sici italiani vi sono attualmente im­pegnati.
L’esperimento del Cern può essere l’inizio di nuove e sorprendenti sco­perte scientifiche. Quali sono le sfi­de più importanti oggetto del Large Hadron Collider?
«L’Lhc ci permetterà di esplorare un nuovo regime di energia, e quindi di affrontare questioni ancora aperte e misteri non risolti sulle particelle e­lementari e le loro interazioni. Studi e scoperte in questo campo ci da­ranno indicazioni molto importanti anche sulla struttura ed evoluzione dell’universo. Da sempre lo studio dell’'infinitamente piccolo' (le par­ticelle elementari) ci ha permesso di migliorare la nostra conoscenza dell’'infinitamente grande' (l’uni­verso) ».

La scoperta del bosone di Higgs sa­rebbe la conferma inequivocabile della teoria del Modello Standard della fisica delle particelle elementari. Cosa significherebbe per il cam­mino di comprensione del mondo fisico?
«La scoperta del bosone di Higgs o, se il bosone di Higgs non esiste, di un altro mec­canismo che svolge la sua funzione, avrebbe un’im­portanza fondamentale in quanto ci permetterebbe di capire l’origine delle masse delle particelle elemen­tari. Questa domanda, che può ap­parire astratta e di scarso interesse per la vita di tutti i giorni, è in effetti alla base della fisica fondamentale. Se l’elettrone non avesse la massa che ha, gli atomi non avrebbero le dimensioni che hanno, e quindi le dimensioni delle cose sarebbero di­verse. Se i costituenti elementari dei protoni e neutroni (i cosiddetti 'quark') non avessero le masse che hanno, il protone potrebbe decade­re e gli elementi che conosciamo non esisterebbero. Quindi noi siamo quello che siamo perché le particel­le elementari hanno esatta­mente le masse che hanno. Il problema è che nel Modello Standard, senza bosone di Higgs i conti non torna­no, perché le particelle ele­mentari hanno massa nulla. È solo grazie all’intera­zione con il cosiddetto 'campo di Higgs' che possono acquistare mas­sa. Quindi il bosone di Higgs è la chiave del mistero».

Il Modello Standard non è dunque in grado di spiegare perché l’uni­verso è fatto di materia e non di an­timateria e che cos’è la materia o­scura. A che punto siamo con la ri­cerca in questo campo?
«Nonostante si siano fatti grandi pro­gressi in questo campo recentemen­te, i misteri dell’asimmetria fra ma­teria e antimateria e della materia o­scura rimangono a oggi non risolti. L’Lhc dovrebbe dare contributi si­gnificativi alla comprensione di tali questioni, e forse addirittura rispon­dere in modo completo e soddisfa­cente a queste domande. Ad esem­pio, se le cosiddette 'teorie super­simmetriche' sono vere, dovremmo essere in grado di produrre e osser­vare all’Lhc la particella che costi­tuisce la materia oscura dell’univer­so ».

E cioè? Che cosa si intende per 'ma­teria oscura' o invisibile dell’uni­verso?
«Oggi sappiamo con certezza che so­lo il 5% dell’universo è costituito del­la materia che conosciamo, cioè gli atomi degli elementi di cui noi stes­si siamo fatti (idrogeno, carbonio, ferro, ecc.). Il resto è fatto di forme non note di energia e di materia, chiamate 'energia oscura' e 'mate­ria oscura'. La materia oscura costituisce circa il 25% dell’universo. È co­sì chiamata perché non è visibile con i nostri strumenti, e quindi deve es­sere composta di una nuova forma di materia. Sappiamo che esiste da va­rie osservazioni, e da misure effet­tuate da missioni spaziali (ad esem­pio della Nasa), che negli ultimi an­ni hanno raggiunto grandi precisio­ni. Ad esempio, il moto delle galas­sie (in particolare le galassie a spirale), che è governato dalle leggi gravi­tazionali, non può essere spiegato solo con quel 5% di materia che ve­diamo a conosciamo. Sulla base di queste e altre misure, e di teorie co­smologiche, oggi sappiamo che nes­suna delle particelle del Modello Standard ha le caratteristiche giuste per essere la particella che costituisce la materia oscura. Quindi deve esistere una particella nuova, non osservata finora, e devono esistere teo­rie più complesse e complete del Mo­dello Standard. Una di queste teorie è la Supersimmetria, che prevede l’e­sistenza di una particella, chiamata 'neutralino', che ha tutte le caratte­ristiche richieste per essere il costi­tuente della materia oscura. Un a­spetto affascinante è che il neutrali­no dovrebbe essere abbastanza leg­gero per essere prodotto nelle colli­sioni fra i fasci di protoni dell’Lhc. Di qui le grandi attese ed emozioni per quello che l’Lhc potrebbe scoprire nei prossimi anni, o forse anche me­si ».

Ma se l’esperimento dell’Lhc con­fermasse, attraverso la scoperta di nuove particelle o nuovi fenomeni fisici, l’ipotesi della Supersimmetria, quali scenari si aprirebbero?
«La scoperta che il mondo è 'super­simmetrico' sarebbe un trionfo per la ricerca fondamentale. La Super­simmetria è una teoria che prevede l’esistenza di un mondo speculare, dove ciascuna particella elementare ha un cosiddetto 'partner supersimmetrico'. Le particelle super­simmetriche non sono ancora state osservate sperimentalmente, il che significa o che non esistono, oppure che sono troppo pesanti per essere prodotte agli acceleratori che hanno operato finora. Tuttavia l’Lhc do­vrebbe avere energia sufficiente per produrle. Si tratta di una teoria più completa del Modello Standard, che permetterebbe di realizzare l’unifi­cazione delle forze e spiegare la com­posizione della materia oscura. E sa­rebbe davvero una grande emozio­ne produrre in un tunnel sotterraneo nella campagna fra la Svizzera e la Francia la particella che spiega il 25% della composizione dell’universo».

La gravità rimane inafferrabile e non riconducibile all’interno di un modello unificante delle forze dell’uni­verso. Quali sorprese può riservarci questo mistero?
«C’è molto da fare ancora per capire il mistero della gravità e come sia possibile riconciliarla con le altre for­ze fondamentali. La Teoria delle stringhe ci ha provato. Ma è una teo­ria difficile da verificare sperimen­talmente, perché le sue previsioni si manifestano a energie non raggiun­gibili dagli acceleratori attuali. Tut­tavia la Supersimmetria, e l’esisten­za di dimensioni spaziali (microsco­piche) addizionali (oltre alle tre che conosciamo), sono ingredienti fon­damentali della Teoria delle stringhe. Quindi la scoperta di questi fenomeni (Supersimmetria e dimensioni supple­mentari) all’Lhc da­rebbero indicazioni importanti sulla va­lidità della Teoria delle stringhe».

Nuove scoperte e importanti conferme sperimentali mettono continuamente in discus­sione l’attuale comprensione scien­tifica del mondo e dei fenomeni fi­sici che lo determinano. Sarà vera­mente possibile una teoria del tut­to, capace di spiegare in un model­lo unico e definitivo le forze fonda­mentali dell’universo?
«L’idea di una teoria del tutto è mol­to affascinante, e se dovessi scom­mettere sulla sua esistenza non e­siterei a farlo a favore. Essa nasce dal desiderio dell’uomo di spiega­re l’apparente diversità delle cose in modo coerente e con (poche) leg­gi di base unificanti. Nasce dalla semplicità, eleganza e razionalità della natura. Nasce dal fatto che l’o­rigine delle forze fondamentali (ec­cetto forse la gravità) può essere de­dotta da alcuni principi comuni re­lativamente semplici verificati sperimentalmente. Nasce da alcune osservazioni sperimentali, ad e­sempio le forti indicazioni che le forze fondamentali si 'unificano' (cioè tendono ad avere simile in­tensità) ad alte energie, e la scoperta che i neutrini hanno massa. Tutta­via riuscire a sviluppare questa teo­ria, e raccogliere evidenze speri­mentali, è una sfida difficilissima, e la più elevata delle nostre ambizio­ni».
«Siamo come siamo perché le particelle elementari hanno certe masse. Senza l’ipotesi di Higgs i conti non tornano. Qui è la chiave di tutto. Il grande acceleratore potrebbe darci la soluzione» «Solo il 5% dell’universo è fatto di materia che conosciamo, il resto è energia o materia oscura. Hanno questo nome perché sono invisibili ai nostri strumenti. Ma il moto delle galassie non si spiega senza di esse»
«Avvenire» del 2 febbraio 2011

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