26 gennaio 2011

Sant’Elena, la ricerca della Croce e l’editto di Costantino

La narrazione di Edgarda Ferri intreccia la vita della sovrana con il suo ritratto tracciato da Piero della Francesca
di Mario Iannaccone
Passando per la città di Drepa­num, in Bitinia, nota per i suoi cavalli e il suo bel porto, Co­stanzo posò gli occhi su una locan­diera dall’aria fiera, Elena, e la fece sua concubina. La donna era destinata a dare alla luce uno degli ultimi, gran­di, imperatori di Roma, Costantino. Ci racconta la sua vita Edgarda Ferri nel libro Imperatrix (Mondadori, pagine 168, € 18,00), intrecciandola con il racconto del lavoro che impegnò Pie­ro della Francesca nella chiesa di San Francesco ad Arezzo, tra il 1452 e il 1466. Mentre il pittore stende il colo­re e discute con i frati i soggetti del ci­clo delle Storie della Vera Croce , rina­sce come davanti ai nostri occhi la sto­ria di Elena e di suo figlio, l’edifica­zione di Costantinopoli e il ritrova­mento – quanto leggendario lo igno­riamo – della Vera Croce. Nacque at­torno al 280, Costantino, ed Elena lo affidò al cristiano Lattanzio perché ne curasse l’educazione. Nel 306 Co­stantino salì alla dignità imperiale suc­cedendo a Diocleziano ma c’erano al­tri pretendenti due dei quali, Licinio e Massenzio, intendevano estirpare alla radice il cristianesimo.
Massenzio muove un potente eserci­to contro di lui presso Roma, a Ponte Milvio. La notte precedente la batta­glia una voce misteriosa chiede al­l’imperatore di apporre sugli scudi il segno di Cristo. È un momento fatidi­co, un perno che farà ruotare i secoli a venire. Piero della Francesca ne è consapevole. Rappresenta Costanti­no addormentato, che sogna sotto la tenda conica, mentre un angelo lu­minoso scende da un cielo marmo­reo.
Anche in battaglia succede qual­cosa, Costantino ne è convinto: una strana luce appare in cielo. Da quel giorno, lui cambia: usa termini cri­stiani, cessa di sacrificare agli dei, aiu­ta poveri e oppressi, santifica il dies solis alla preghiera. Contraddicendo tutto questo, però, ordina l’assassinio del primogenito e della moglie. Nel 325, per por fine alla spaccatura fra i seguaci di Ario e gli ortodossi, indice un concilio nella sua nuova capitale, Costantinopoli, adagiata su sette col­li come Roma. Avvolto nella fiamma della porpora, in una sala sfolgorante di mosaici, ascoltò gli uni e gli altri de­cretando infine l’eresia di Ario. Si di­chiarò anche «vescovo di quelli che stanno fuori della Chiesa», formula ambigua che rivela la sua condizione di non battezzato. Eppure, i visitatori della sua reggia sul Bosforo venivano accolti da un suo gigantesco ritratto sulla porta d’oro sopra il quale era so­spesa una croce. Dopo tante battaglie e vicende della grande storia, il racconto di Edgarda Ferri si concentra sull’ultima fase, la più intima, della vita di Elena. Biso­gna dire che l’espediente d’alternare la vita di Elena e il lavoro di Piero è molto felice perché inserisce un com­mento anche in controcanto della vi­cenda narrata e allo stesso tempo ri­manda la memoria alla splendida o­pera pittorica ad Arezzo. Accadde dunque che Costantino ordinasse di riportare alla luce il Santo Sepolcro, sopra il quale erano stati edificati – per nasconderlo – un tempio ad Afrodite e uno a Giove. Nel 326, Elena 'fiam­meggiante pellegrina' partì verso Ge­rusalemme per ritrovare la croce di Gesù. «Io cerco la Croce», andò ripe­tendo ai diaconi e ai vescovi che in­contrava. Era un’impresa difficile per­ché erano trascorsi tre secoli ma vi si dedicò testardamente, con tutta se stessa. Tutti impararono a conoscere la vecchia, velata, signora, che si tra­scinava tra i vicoli, tra il vento e il so­le, nella sua ostinata ricerca. Infine un ebreo di nome Giuda l’aiutò estraen­do dal ventre della roccia tre croci, u­na delle quali, miracolosamente, sa­na un’inferma: la Vera Croce. Piero ri­trae Elena di profilo, estasiata, le ma­ni giunte, mentre contempla la sacra reliquia. C’è silenzio intorno, il miste­ro l’avvolge; appropriatamente, per­ché non conosceremo mai il suo vero ruolo nella decisione di Costantino che dichiarò la neutralità dell’impero nei confronti delle fedi e pose fine, con l’Editto di Milano, alle persecuzioni contro i cristiani.
«Avvenire» del 25 gennaio 2011

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