22 gennaio 2011

La conoscenza senza fatica e i rischi della superficialità

I dieci anni di Wikipedia: pregi e limiti
di Giuseppe O. Longo
Un tempo le ricorrenze si celebra­vano ogni mille anni, al massimo ogni cento. Oggi, con l’accelerazio­ne dei tempi, già dieci anni sono un traguardo di longevità ragguardevole: e dieci anni ha compiuto, il 15 gennaio scorso, Wikipedia, parola ibrida semmai ce ne furono (dal­l’hawaiiano wiki = veloce e dal greco paideia = istruzione), che designa uno dei simboli del Web 2.0, cioè della rete interattiva, le cui tessere sono formate dagli apporti degli utenti, in una sorta di operazione collettiva che com­prende l’allestimento delle voci e la loro correzione progressiva.
Wikipedia è per molti l’emblema dell’accesso libero alle cono­scenze, in senso passivo (tutti la possono consultare gratuitamen­te) e in senso attivo (tutti posso­no intervenire per redigere, criti­care ed emendare i suoi lemmi).
Ed è proprio il controllo degli u­tenti che limita il rischio di errori e di inesattezze: chiunque con­tribuisca a una voce sa che molti occhi critici leggeranno le sue parole per riscontrarne l’accura­tezza, e questa sorveglianza inci­ta alla cautela. Wikipedia fa una strenua concorrenza alle enciclo­pedie e ai dizionari tradizionali, non solo o non tanto per la com­pletezza e la precisione delle informazioni, quanto, forse, per l’innata pigrizia degli umani, che preferiscono pigiare alcuni tasti piuttosto che alzarsi e andare a recuperare il pesante volume ri­legato che sta su uno scaffale lontano alcuni metri, sfogliarlo e aprirlo alla pagina giusta. Ma non è solo la comodità che favo­risce questo repertorio digitale, sono anche la sua vastità e la sua espansione. Oggi le voci sono ol­tre 17 milioni, di cui 3,5 milioni in inglese. I lemmi italiani non arrivano a 800 mila, ma sono an­ch’essi in crescita. Pare che le vi­site siano oltre 400 milioni al giorno, il che rende Wikipedia u­no dei dieci (secondo alcuni, cin­que) siti più visitati del Web.
Naturalmente il funzionamento di tutto questo apparato costa e di recente il fondatore Jimmy Wales ha lanciato una sottoscri­zione tra gli utenti per raccoglie­re i fondi necessari a mantenersi indipendente dalla pubblicità. La campagna ha avuto pieno suc­cesso: la raccolta ha fruttato 16 milioni di dollari in soli 50 giorni, anche se soltanto un utente su mille ha allentato sia pur di poco i cordoni della borsa. Vogliamo tutto, e gratis... Come accade per ogni prodotto della tecnologia, specie per quelli che concernono l’informazione e le conoscenze, vi sono gli entusiasti e i detratto­ri. I primi sostengono, esageran­do, che il tasso di completezza e precisione di Wikipedia è pari a quello dell’Encyclopaedia Bri­tannica, considerata il modello, specie per la scienza; i secondi provano una soddisfazione mali­gna a rilevarne inesattezze, errori e cantonate. Lo specialista tro­verà sempre da ridire sui lemmi della sua materia, ma del resto troverà da ridire anche sulle voci delle enciclopedie tradizionali.
Wikipedia non è l’unico stru­mento di consultazione in rete: il Web pullula di dizionari, regesti, glossari e testi di ogni tipo, e si avvia a diventare una vera e pro­pria biblioteca borgesiana. Quin­di, usando i numerosi rimandi di Wikipedia e incrociando le sue voci con gli altri siti, ci si può do­cumentare, in media, in modo soddisfacente.
Ho detto che in Wikipedia il tasso di errori è limitato, ma non è nul­lo. Per di più, a causa della velo­cità che caratterizza la consulta­zione e la diffusione dei dati in rete, gli eventuali errori tendono a diffondersi e a perpetuarsi più che nelle opere cartacee, dove tutto è più lento e misurato.
«Avvenire» del 20 gennaio 2011

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