19 gennaio 2011

Il Risorgimento non è un mito

Anticipiamo una parte dell'introduzione di Alberto Mario Banti al libro Nel nome dell'Italia in uscita da Laterza
di Alberto Mario Banti
Ma ce li avete presenti i protagonisti del "dibattito" sul 150° anniversario dell' Unità d'Italia? Politici, giornalisti, scrittori e intellettuali di varie discipline che parlano del Risorgimento come se fosse un evento accaduto ieri, carico di valori da rispettare e osservare proprio come se fossero in perfetta sintonia con la nostra vita? Che parlano di Garibaldi, di Mazzini, di Vittorio Emanuele II o, se è per questo, anche di Francesco II, come di leader politici per cui schierarsi pro o contro, grosso modo come ci si può schierare proo contro Bossio Vendola, Berlusconi o Bersani, D'Alema o Fini? Bene. Adesso provate a leggere qualcuno dei documenti raccolti in questa antologia, e ditemi se ci trovate qualcosa che vi fa battere per davvero il cuore. O qualche leader i cui valori vorreste seguire davvero, consapevoli delle conseguenze e degli atti concreti che comporterebbero. Ascoltate, intanto, qualche frammento: «Il genio proprio degli Italiani nelle cose civili risulta da due componenti, l'uno dei quali è naturale, antico, pelasgico, dorico, etrusco, latino, romano, e s' attiene alla stirpe e alle abitudini primitive di essa» (Gioberti); «L'han giurato: altri forti a quel giuro / Rispondean da fraterne contrade, / Affilando nell' ombra le spade/ Che or levate scintillano al sol. / Già le destre hanno strette le destre; / Già le sacre parole son porte: / O compagni sul letto di morte, / O fratelli su libero suol» (Manzoni); «Amanti della pace, del diritto, della giustizia - è forza nonostante concludere coll'assioma d'un generale americano: "La guerra es la verdadera vida del hombre!"» (Garibaldi).
Trovato qualcosa? No? Allora provate con testi più ufficiali: che so, lo Statuto albertino: «Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica.- Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e quella dei Deputati Deputati - per la quale vota meno del 2% della popolazione del Regno. - La persona del Re è sacra e inviolabile».
Vivreste volentieri in uno Stato con una Costituzione di questo genere? Oppure, vivreste volentieri in una monarchia assoluta senza libertà e con una notevole quantità di arbitrii, com'era il Regno delle Due Sicilie? Se la risposta è sì, buona fortuna, e speriamo che il viaggio nel tempo vi sia benigno. Se la risposta è no, è arrivato il momento di fare il punto sulla situazione.
E il "succo del nocciolo" quale sarebbe? Lo enuncio per punti, il più schematicamente possibile: 1) il Risorgimento è un paese lontano: fanno le cose diversamente, laggiù; 2) la distanza storica che ci separa dal Risorgimento ci dovrebbe invitare a considerare ciò cheè successo allora con maggior freddezza e con minori passioni politiche (positive o negative); 3) ma cos' è successo allora? è successo che si è costruito uno Stato di tipo nuovo, uno Stato-nazione; 4) ovvero uno Stato fondato sul principio secondo il quale la sovranità appartiene non a un singolo (il re),o a gruppi ristretti (i nobili), ma all'intera popolazione di un territorio, una collettività che dalla fine del Settecento viene identificata prevalentemente col termine di «nazione»; 5) questo concetto è costruito attraverso materiali ideologici che - sin dal primo Ottocento - descrivono la nazione come una comunità di destino, cementata dal sangue, dotata di una terra, di una cultura, di una tradizione religiosa e storica, e pronta a combattere per riscattarsi da secoli di oppressione; 6) questa appena descritta non è una dinamica che riguardi solo l'Italia: il nazionalismo, così come si forma nel primo Ottocento, è un fenomeno europeo, ed è strutturato dovunque intorno a un'ideologia che è materiata, essenzialmente, dei medesimi elementi; 7) si tratta anche di un'ideologia che invoca la libertà nazionale, anche se dev'essere ben chiaro che la libertà di cui si parla riguarda solo una parte ben specifica della comunità nazionale: - per i nazionalisti liberali, infatti, gli individui che possono godere del diritto di voto devono essere maschi, adulti, ricchi, coltie membri della comunità nazionale per legami di sangue: niente donne, niente poveri, niente ceti medi, niente stranieri; - per i nazionalisti democratici, invece, questi individui devono essere maschi, adulti e membri della comunità nazionale per legami di sangue: niente donne, niente stranieri; 8) il movimento risorgimentale vede crescere - nell'arco di tempo che va dal 1796 al 1861 - il numero di militanti o di simpatizzanti che lo sostengono; se è un movimento unito per quel che riguarda l'idea di nazione, è invece un movimento profondamente diviso per ciò che concerne gli assetti politico-costituzionali del nuovo Stato: i repubblicani si contrappongono ai monarchici; i centralisti ai federalisti; i liberali ai democratici; e queste diverse opzioni si combinano variamente, dando vita a gruppi politici vari, sebbene di vario peso politico e militare; 9) la conclusione del processo risorgimentale, la costruzione di uno Stato unitario, avviene sotto il segno di Cavour e della monarchia sabauda. Ciò non significa che questi siano gli unici agenti del processo: senza il determinante contributo del volontariato democratico e di opinioni pubbliche variamente nazionalpatriottiche, nel 1859-1860 non ci sarebbe stato che un piccolo ampliamento territoriale del Regno di Sardegna, che avrebbe inglobato la Lombardia: e basta; 10) lo Stato che si forma tra 1859 e 1860 vede l'opposizione fermissima del papa, Pio IX, e di una parte dell'opinione pubblica cattolica (i cattolici "intransigenti"), che lo segue anche come leader politico: il motivo della contrapposizione è sia lo sforzo di costruire uno Stato laico, perseguito dal Regno di Sardegna sin dal 1850 (politica proseguita anche dopo la costituzione del Regno d'Italia), sia lo smembramento dello Stato pontificio, necessario per la costruzione di uno Stato italiano unitario; 11) lo Stato che si forma in Italia attraversa anche una fase di furibonda guerra civile, concentrata nel Mezzogiorno continentale, quella del "brigantaggio"; si tratta certamente di una tragica esperienza; ma avete mai riflettuto che non c'è un singolo Stato moderno che non si formi attraverso scontri politici molto duri, e molto spesso attraverso guerre civili sanguinosissime? Pensate alla Gran Bretagna: lì ci vuole un secolo di massacri - il XVII - per costituirla; e i massacri continuano ancora per almeno tre secoli (con cicli e cronologie diversi) in aree territoriali marginali come la Scozia o l'Irlanda. Pensate alla Francia: dalla Rivoluzione alla Comune è una guerra civile incessante tra partiti di diverso orientamento ideologico, a Parigi, in Vandea, e altrove in provincia, fino alla repressione della Comune (1871), che in pochi giorni miete decine di migliaia di vittime. Pensate agli Stati Uniti, che nascono con una prima secessione violenta e che, proprio negli anni del brigantaggio italico, sprofondano nelle violenze di una seconda secessione, la guerra civile, che costa agli Stati Uniti tanti caduti quanti ne sono stati causati da tutte le guerre combattute dagli americani nel XX secolo.

Che vuol dire, tutto questo discorso? Che uno Stato unitario che nasce con così tanti contrasti, che è fondato su così gravi violenze fratricide, non può che essere una compagine eticamente marcia dalle fondamenta, di cui sarebbe meglio liberarsi una volta per tutte? Se dicessimo così, credo che dovremmo applicare le stesse considerazioni a qualunque altro Stato che incontriamo nell'Occidente contemporaneo. Meglio porre la questione italica da un altro punto di vista.
Il Risorgimento è stato un processo complesso, contraddittorio, e alimentato da sistemi di valori forse lontani dalle sensibilità di oggi. E se c'è da difendere l'unità dell'attuale Repubblica italiana contro ipotesi di secessione, piuttosto che tirare in ballo il Risorgimento dovremmo ponderare altre ragioni. Per esempio dovremmo considerare che storicamente sono pochissimi i casi di rilevanti mutamenti geopolitici che non siano stati preceduti o accompagnati da gravissime violenze: e questo, per me, sarebbe più che sufficiente per opporsi a ogni ipotesi secessionista, chiunque la avanzi. Oppure potremmo anche semplicemente osservare che il senso di uno Stato dovrebbe giudicarsi non dalla congruenza della sua territorialità con presunte identità etniche, quanto dai valori fondamentali che si pensa debbano regolare la sua vita collettiva: da questo punto di vista, i valori ideali della Repubblica italiana sono scritti nella Costituzione (se e per quanto ancora reggerà), e sono molto belli, se solo uno si prendesse la briga di leggere il testo e di rifletterci su. D'altro canto non saprei dire quali potrebbero essere i valori di un possibile Stato padano o neo-borbonico; e da quel che si vede c'è da dubitare che sarebbero altrettanto belli di quelli difesi dalla carta costituzionale della Repubblica italiana.
«La Repubblica» del 16 novembre 2010

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